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Corona Virus

Iss, casi Covid salgono ma continua calo ricoveri

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Nell’ultima settimana si e’ registrato un aumento del numero dei casi Covid segnalati, ma il numero delle ospedalizzazioni e dei ricoveri in terapia intensiva continua a diminuire. In discesa anche il numero settimanale di decessi. Questa la fotografia scattata dall’Istituto superiore di sanita’ (Iss) nel bilancio contenuto nel report esteso, che integra il monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute, che sulle fasce piu’ giovani registra da tre settimane il calo della percentuale dei casi segnalati in eta’ scolare (26%), ma mette in guardia sul tasso di incidenza nella fascia 10-19 anni, dove si registra il piu’ alto tasso a 14 giorni con 1.695 casi per 100mila abitanti, mentre tra 70-79 anni il valore piu’ basso, 556 casi per 100mila abitanti. E il bollettino quotidiano del ministero della Salute rispecchia questo andamento, tra nuovi casi e ospedalizzazioni, con 74.024 nuovi contagi da Covid nelle ultime 24 ore, poco meno dei 76.250 di ieri e con 85 vittime (ieri erano state 165), per un totale da inizio pandemia che sale a 157.692. Stabile sostanzialmente il tasso di positivita’. Nel particolare, infatti, sono 478.051 i tamponi molecolari e antigenici effettuati nelle ultime 24 ore, ieri erano stati 490.883, e il tasso di positivita’ e’ al 15,48%% rispetto al 15,5% di ieri. Giu’ i ricoveri in area medica non critica e in rianimazione. Sono 471 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, tre in meno rispetto a ieri nel saldo tra entrate e uscite. Gli ingressi giornalieri sono 56. I ricoverati nei reparti ordinari sono 8.319, ovvero 84 in meno rispetto a ieri. A fronte di cio’, sono 1.147.519 le persone attualmente positive al Covid, con un aumento di 27.298 nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. In totale sono 13.800.179 i contagiati dall’inizio della pandemia; i dimessi e i guariti sono 12.494.968, con un incremento di 48.385 rispetto a ieri. Ma gli ospedali restano sempre sorvegliati speciali se, come osserva il componente del Comitato tecnico scientifico, Sergio Abrignani, con tante infezioni “un numero elevato di ricoveri e morti si puo’ ancora verificare. Ma dovrebbe comunque essere piu’ contenuto dell’era pre-vaccini”. E nonostante il 31 marzo ci sara’ lo stop allo stato di emergenza, la pandemia non e’ terminata, ribadiscono gli esperti e, anzi, si registra una “alta circolazione del virus”, come hanno riferito ieri il direttore Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, commentando il monitoraggio, e il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro che ha parlato di una proiezione dell’indice di trasmissibilita’ Rt a 1,24, verso la soglia epidemica. La raccomandazione e’ di mantenere ancora comportamenti corretti anche se l’Italia si prepara a diventare tutta bianca per fine mese (ora in area gialla e’ rimasta solo la Sardegna) e si avvia ad allentare le misure, dalla mascherina al chiuso al super green pass. I vaccini si confermano efficaci per la protezione dalle forme gravi della malattia (92% nei vaccinati con booster rispetto ai non vaccinati); percentuale che scende al 72% per quanto riguarda la prevenzione dal contagio in chi ha fatto la dose booster. Il tasso di ricoveri in terapia intensiva per i non vaccinati over 12 risulta di circa 13 volte piu’ alto rispetto ai vaccinati con booster mentre per il tasso di mortalita’ e’ di 15 volte piu’ alto; 8 volte di piu’ per le ospedalizzazioni. Inoltre con la Omicron sale anche il rischio di reinfezioni che pero’ nell’ultima settimana si registra stabile con il 3,2% sul totale dei casi segnalati. Guardando infine fuori dal nostro Paese, dalla Cina arriva la notizia di due primi decessi per Covid-19 in oltre un anno.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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