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Cronache

Inchiesta Equalize, patteggiamento conferma: “Associazione a delinquere per saccheggiare banche dati pubbliche”

Giulio Cornelli patteggia 3 anni e 10 mesi: confermata l’esistenza di un’associazione per delinquere all’interno di Equalize. Tra gli indagati Enrico Pazzali, politici e imprenditori sotto esame.

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Nella maxi-inchiesta sulla società investigativa Equalize, di cui era socio di maggioranza l’ex presidente della Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali, arriva la prima conferma formale: esisteva un’associazione per delinquere finalizzata al saccheggio abusivo di banche dati pubbliche.

A confermarlo non è solo la Procura di Milano, ma anche Giulio Cornelli, uno degli arrestati del 26 ottobre 2024, che ha deciso di patteggiare una pena di 3 anni e 10 mesi per i reati di partecipazione all’associazione, accesso abusivo e corruzione.

Come operava Equalize: dati ottenuti tramite corruzione

La rete non si basava su sofisticate operazioni di hacking, bensì sulla corruzione di appartenenti alle forze dell’ordineautorizzati a consultare banche dati sensibili: precedenti di polizia, informazioni fiscali, dati giudiziari e personali.

Tra gli “operativi” di Equalize spiccavano Samuele Calamucci e Carmine Gallo (deceduto il 9 marzo scorso), mentre il ruolo di Pazzali è tuttora sotto esame.

Il pm Francesco De Tommasi, che ha coordinato le indagini insieme ad Antonello Ardituro e Barbara Sargenti, applicati dalla Procura nazionale antimafia, accusa Pazzali di essere l’ideatore del meccanismo, usato anche a fini estorsivi e ricattatori per condizionare ambienti della politica e dell’imprenditoria.

Avviso di conclusione delle indagini per 15 persone

Proprio ieri è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini a Pazzali e ad altri 14 indagati. Il documento prefigura l’apertura di un secondo filone: i clienti che hanno richiesto gli accessi abusivi alle banche dati.

Nel mirino:

  • l’imprenditore Leonardo Maria Del Vecchio

  • i fratelli Matteo e Fabio Arpe

  • manager di Heineken, Erg, Barilla, Number 1 spa

  • l’ex dirigente di Publitalia Fulvio Pravadelli

In totale, circa 650 persone e società sarebbero coinvolte come soggetti di interesse delle ricerche illecite.

Dati sensibili su nomi eccellenti e pendrive segreta

Tra coloro di cui sarebbero stati consultati i dati in modo illecito, anche nomi di primo piano come:

  • Paolo Scaroni, presidente del Milan

  • i banchieri Giovanni Gorno Tempini e Massimo Ponzellini

  • il giornalista Giovanni Pons

  • il cantante Alex Britti

  • Ginevra Caprotti, Massimo Vitta Zelman, Giuseppe Bivona, tra gli altri

Particolare inquietante, una pendrive consegnata a Calamucci da Vincenzo De Marzio, ex carabiniere del ROS milanese: oltre 160.000 file, tra cui documenti classificati dall’Aisi (servizi segreti interni), coperti da segreto di Stato.

La posizione di Pazzali ancora in bilico

Il Tribunale del Riesame non ha ancora deciso sul ricorso della Procura contro il mancato arresto di Enrico Pazzali, ritenuto inizialmente “tenuto all’oscuro” dei reati maggiori dal gip Fabrizio Filice.

Ma la ricostruzione dei pm lo indica come figura centrale, il motore e beneficiario di un sistema illecito che, sotto la parvenza di investigazione privata, celava una macchina di spionaggio e controllo parallelo, con finalità anche politiche.

L’indagine, destinata a fare rumore, è appena entrata nella sua fase più delicata

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Cronache

Napoli, tornano i taralli “abusivi” sul lungomare: chioschi ancora sotto sequestro ma si riapre

Nonostante i sequestri e le sentenze del Tar, alcuni chioschi del lungomare di Napoli sono tornati a vendere cibo e bevande. Il Comune prepara un piano regolatore, ma intanto si moltiplicano le semi-riaperture.

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I taralli sono tornati in vetrina, le bibite appoggiate sopra le saracinesche, gli ombrelloni azzurri riaperti sotto il sole di luglio. Sul lungomare di Napoli, i chioschi che l’estate scorsa erano stati chiusi e sequestrati dalle forze dell’ordine sono tornati ad animarsi, nonostante restino formalmente sotto sequestro.

Le saracinesche sono ancora abbassate e i cartelli con scritto “attrezzature sottoposte a sequestro” ben visibili, ma attorno ai chioschi ricompare la vendita di birre, snack, patatine e biscotti. Un’attività parallela e di fatto non autorizzata, che aggira le disposizioni della magistratura e del Comune.

Le proteste e le “riaperture” alternative

Non è un caso isolato. Anche a Mergellina, vicino agli yacht dei vip, un altro chiosco è tornato a vendere grazie a una postazione laterale con ombrelloni, banchetti Algida e tavolini di plastica, circondato da giocattoli per bambini, palloni e pupazzi di Spider-Man. È il ritorno dei “chioschi chiusi ma aperti”, in un clima di resistenza silenziosa e improvvisazione commerciale.

I chioscai, rimasti senza reddito, avevano protestato in piazza nei mesi scorsi, anche con gesti simbolici come la bara piena di taralli. Ma il Comune ha mantenuto la linea dura, supportata dalle sentenze del Tar che hanno confermato l’irregolarità delle attività sul lungomare. L’unica concessione è stata la possibilità di lavorare nelle aree mercatali ufficiali, non sul lungomare, che è sottoposto a vincoli urbanistici stabiliti dalla Sovrintendenza.

Il piano per regolamentare il futuro

Ora Palazzo San Giacomo sta lavorando a un piano regolatore delle nuove attività sul lungomare. L’incarico è stato affidato al professor Mario Lo Sasso dell’Università Federico II, e il documento dovrà passare anche al vaglio della Sovrintendenza e del Consiglio comunale.

L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione Manfredi è riorganizzare le attività di ristoro tra Mergellina e via Nazario Sauro, puntando su esercizi di qualità, attraverso gare pubbliche. Nessuna scorciatoia per chi è rimasto senza autorizzazione: i diciannove chioschi finiti nel mirino restano “fuori norma”.

I tempi e l’attesa dell’autunno

Il piano regolatore potrebbe vedere la luce entro la fine del 2025, ma le decisioni cruciali arriveranno solo in autunno, quando il Consiglio comunale dovrà esprimersi sul futuro commerciale del lungomare. Intanto, il commercio continua a fiorire tra ambulanti abusivi e venditori “itineranti fissi”, una definizione che il Tar ha giudicato una “incompatibilità logica”.

Le postazioni, che dovevano rimanere inattive, sono tornate a vivere. Una sfida aperta alla legalità, che mette in luce le contraddizioni tra la necessità di lavoro e il rispetto delle regole in una delle zone più suggestive – e complesse – della città.

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Cronache

Fiesta Latina, sei casi di intossicazione da botulino: grave un bimbo di 11 anni

Sei persone intossicate da botulino dopo aver mangiato alla Fiesta Latina di Monserrato. Grave un bambino trasferito d’urgenza a Roma. Indagini in corso.

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Doveva essere una serata di musica, danze e sapori etnici, ma si è trasformata in un incubo. Sei persone sono rimaste intossicate da botulino durante la Fiesta Latina organizzata a Monserrato, nella città metropolitana di Cagliari. Cinque sono in gravi condizioni. Particolarmente preoccupanti le condizioni di un bambino di 11 anni, inizialmente ricoverato al Brotzu di Cagliari e poi trasferito d’urgenza al Policlinico Gemelli di Roma.

Il cibo contaminato: nel mirino i tacos

Le indagini condotte dai carabinieri del Nas, supportate dal Comune di Monserrato, indicano che tutte le persone colpite avevano consumato cibo presso lo stesso chiosco di street food durante la manifestazione che si è tenuta dal 22 al 25 luglio. Sotto accusa, in particolare, ci sarebbero dei tacos di ispirazione messicana.

Le autorità sanitarie locali hanno evidenziato come la contaminazione sia stata molto circoscritta. “I casi di intossicazione – spiega il Comune – riguardano esclusivamente i soggetti che hanno consumato alcuni cibi evidentemente contaminati, mentre altri partecipanti non hanno riscontrato alcun sintomo”.

Ricoveri e indagini: il quadro clinico

Oltre al bambino, risultano ricoverati due uomini di mezza età, una giovane donna, una 62enne e una ragazzina di 14 anni. Quattro sono stati trasportati nelle strutture ospedaliere già nella mattinata con sintomi riconducibili al botulismo. Altri due sono arrivati nel pomeriggio, uno dei quali in condizioni gravi. Due pazienti sono ora nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Monserrato.

Le autorità hanno avviato una vera e propria caccia al focolaio. Il Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione ha attivato le procedure di allerta, contattando tutte le persone potenzialmente esposte.

Ordinanza a Tortolì: stop alla Fiesta

La manifestazione si era nel frattempo spostata a Tortolì, in Ogliastra. Non appena ricevuta la segnalazione della Asl, il sindaco di Tortolì ha firmato un’ordinanza urgente per bloccare immediatamente la somministrazione di alimenti e bevande nell’ambito della nuova tappa della Fiesta Latina.

“L’ordinanza – si legge nella comunicazione ufficiale – fa seguito a un’allerta alimentare comunicata dalla Regione Sardegna, riguardante un sospetto focolaio di botulismo legato alla manifestazione”.

Un’allerta grave ma circoscritta

Mentre i sanitari lavorano per salvare la vita dei pazienti, le autorità rassicurano sulla natura circoscritta dell’evento. Tuttavia, il caso solleva nuovamente interrogativi sulla sicurezza alimentare nelle manifestazioni di street food, sempre più diffuse in tutta Italia, ma spesso difficili da monitorare in modo capillare.

Il caso è ora sotto la lente della magistratura e della sanità pubblica, mentre si attende l’esito definitivo degli esami per accertare la presenza di botulino nei cibi consumati e per comprendere se vi siano state violazioni igienico-sanitarie da parte degli organizzatori o dei venditori coinvolti.

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Cronache

Morte Celeste Pin: lettera anonima alla procura rafforza l’ipotesi di omicidio

La procura di Firenze indaga sulla morte di Celeste Pin: una lettera anonima inviata al legale della famiglia suggerisce il coinvolgimento in affari immobiliari controversi.

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Svolta nelle indagini sulla morte di Celeste Pin, ex calciatore della Fiorentina scomparso lo scorso 22 luglio all’età di 64 anni. Il legale della ex moglie e del figlio, l’avvocato Mattia Alfano, ha consegnato alla procura di Firenze una lettera anonima ricevuta via e-mail, da un mittente sconosciuto e non rintracciabile. Il contenuto del messaggio ricostruisce vicende legate all’attività immobiliare di Pin, ipotizzando un omicidio legato a interessi economici rilevanti a Firenze.

Ipotesi alternative al suicidio

La pista tracciata nella lettera – consegnata alla pm Silvia Zannini, titolare dell’inchiesta formalmente aperta per omicidio colpososi discosta nettamente dalle ipotesi finora emerse di suicidio o di istigazione al suicidio. Gli allegati alla e-mail contengono documentazione relativa a operazioni immobiliari nelle quali l’ex difensore risultava coinvolto, insieme ad altri soggetti operanti nel settore fiorentino.

Le indagini della procura

Nel frattempo, proseguono gli accertamenti autoptici, coordinati dalla dottoressa Rossella Grifoni dell’Istituto di Medicina Legale. Dall’autopsia non sarebbero emerse, al momento, lesioni scheletriche o emorragie evidenti, ma sono stati effettuati prelievi gastrici per le analisi tossicologiche. La polizia scientifica ha partecipato alle operazioni per eseguire rilievi biologici sulla salma, tra cui impronte digitali e analisi subungueali.

Secondo quanto riferito dall’avvocato Massimo Nistri, che assiste i familiari insieme ad Alfano, l’intervento della Scientifica ha prolungato i tempi dell’autopsia, originariamente previsti più brevi.

L’elemento chiave: la telefonata sospetta

Tra gli elementi ritenuti più rilevanti per l’inchiesta, c’è una telefonata ricevuta da Celeste Pin pochi giorni prima del decesso. Secondo testimoni ascoltati dagli inquirenti, l’ex calciatore sarebbe apparso molto scosso dopo quella conversazione, mostrando un forte malessere emotivo che lo avrebbe accompagnato fino alla morte.

Per chiarire la natura di quella chiamata e degli ultimi contatti, la procura ha posto sotto sequestro il telefono cellulare di Pin e ha disposto un accertamento tecnico irripetibile, previsto per il 4 agosto, con l’estrazione forense dei dati contenuti nel dispositivo.

L’inchiesta è ancora in una fase delicata ma la pista di un possibile movente economico legato ad affari immobiliari si fa sempre più concreta.

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