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Esteri

Missili su Kiev, è strage. Trump, ‘sanzionerò Mosca’

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Undici morti, tra cui un bambino di 6 anni e sua madre, e 135 feriti: è questo, secondo fonti ucraine, il bilancio di un nuovo attacco con missili e droni su Kiev, ad opera di quelli che Volodymyr Zelensky ha definito “terroristi russi”, chiedendo all’Occidente di fare pressione per un “cambio di regime” a Mosca. Un ennesimo attacco sui civili su cui è tornato anche Donald Trump, che ha definito “disgustoso quello che sta facendo la Russia”, ed ha fatto capire che passerà all’azione dopo i numerosi ultimatum al Cremlino: “Imporrò sanzioni”.

Anche se, per sua stessa ammissione, “non so se servirà”. Perché “non credo che a Putin importi”. Oltre ai raid sulle città, le forze russe continuano intanto ad avanzare sul terreno e nelle ultime ore il ministero della Difesa ha rivendicato la conquista della cittadina di Chasiv Yar, nella regione orientale ucraina di Donetsk, dopo feroci battaglie durate oltre un anno. La sua caduta potrebbe mettere in pericolo le città di Kramatorsk e Slovyansk, nel nord di questa regione, la cui conquista totale appare come l’obiettivo numero uno del Cremlino in queta fase del conflitto. I vertici militari di Kiev non hanno commentato l’annuncio di Mosca, mentre un portavoce di un’unità impegnata nella zona ha detto all’agenzia Afp che si tratta di una menzogna dei russi.

Ma il destino di Chasiv Yar sembrava segnato da tempo, per la carenza di mezzi e uomini ucraini che rendono difficile reggere le linee di difesa. Nel frattempo volano gli stracci fra Trump e l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, a conferma di una luna di miele che sembra essere tramontata tra il presidente Usa e Mosca, ammesso che vi sia mai stata. L’inquilino della Casa Bianca ha replicato a Medvedev, che su X qualche giorno fa aveva avvertito che “ogni ultimatum degli Usa è un passo verso la guerra”. “L’ex presidente fallito della Russia, che si crede ancora presidente, deve stare attento a quello che dice, sta entrando in un territorio molto pericoloso!”, ha attaccato Trump su Truth. Prontissima la controreplica, sempre via social. “Se alcune parole dell’ex presidente della Russia provocano una reazione così nervosa in un presidente degli Usa così temibile, significa che la Russia ha ragione su tutto e continuerà a seguire la sua strada”, ha scritto su Telegram Medvedev, attuale vice segretario del Consiglio di Sicurezza nazionale. Trump, ha aggiunto, “si ricordi dei suoi film preferiti sugli zombie, e anche di quanto possa essere pericolosa la leggendaria ‘mano morta’”.

Un riferimento ad un sistema segreto semi-automatico dell’era sovietica capace di lanciare missili nucleari se la leadership di Mosca fosse stata eliminata in un attacco nemico. Parlando dei raid della notte tra mercoledì e giovedì sull’Ucraina, il presidente Zelensky ha denunciato in particolare “un attacco direttamente su un edificio civile”, nel quartiere di Svyatoshinsky, dove si contano sei morti, secondo il sindaco, Vitali Klitschko. Il capo dello Stato ucraino ha detto che i russi hanno lanciato “più di 300 droni e 8 missili”. Oltre a Kiev, sono state colpite le regioni di Sumy, Poltava, Mykolaiv e Dnipropetrovsk. Oltre a quella di Donetsk, dove si registrano un morto e 11 feriti, hanno annunciato le autorità locali. Mentre tutto il mondo aspetta di vedere quale sarà la portata delle sanzioni che Trump ha promesso contro la Russia, Zelensky si è augurato che “tutto ciò che viene attualmente dichiarato da America ed Europa sarà realizzato”.

Un messaggio che sembra indirizzato proprio al tycoon. Washington e gli alleati europei di Kiev, ha insistito, “hanno tutti gli strumenti” per “costringere Mosca alla pace, a sedersi a un vero tavolo dei negoziati”. Ma Zelensky si è spinto anche più in là, affermando che “se il mondo non punta a cambiare il regime in Russia, anche dopo la fine della guerra, Mosca continuerà a cercare di destabilizzare i Paesi vicini”. E come primo passo ha chiesto di “confiscare” i capitali russi congelati nei Paesi occidentali.

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Esteri

Trump elimina i dazi su carne, frutta e caffè: retromarcia per frenare il carovita negli USA

Trump rimuove i dazi su centinaia di prodotti alimentari per placare l’ira degli americani contro il carovita. Dubbi degli esperti: è una mossa politica dettata dal nervosismo della Casa Bianca.

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Donald Trump fa marcia indietro e rimuove i dazi su carne, banane, caffè, avocado, mango, pomodori e decine di altri prodotti agricoli. Una decisione che la Casa Bianca giustifica con i “progressi nelle trattative commerciali” e con il fatto che gli Stati Uniti non producono abbastanza di questi beni per soddisfare la domanda interna.

Una spiegazione che non convince molti esperti, secondo cui la mossa nasconde il timore dell’amministrazione di fronte a prezzi sempre più alti e al crescente malcontento dei consumatori.

Il nervosismo della Casa Bianca e il tema dell’“accessibilità”

Dietro questa retromarcia c’è un’evidente tensione politica. L’inflazione sul carrello della spesa pesa da mesi sui bilanci delle famiglie, mentre Trump — che in pubblico ha liquidato il tema dell’accessibilità come una “truffa dei democratici” — teme una rivolta contro la sua agenda economica.

Il presidente era arrivato alla Casa Bianca promettendo una drastica riduzione dei prezzi e una nuova “età dell’oro”. Finora, però, gli effetti della sua ricetta economica hanno premiato soprattutto i mercati e i più ricchi, senza alleggerire la pressione sui portafogli degli americani.

Il rischio gennaio: l’esplosione dei costi sanitari

La tensione è destinata a crescere. A gennaio potrebbero schizzare i prezzi delle assicurazioni sanitarie per milioni di americani, con la fine dei sussidi dell’Obamacare. Una riforma criticata per anni dai repubblicani, ma per la quale non è mai stata proposta un’alternativa credibile.

Se i sussidi non verranno prorogati, il prezzo politico da pagare alle prossime elezioni potrebbe essere altissimo.

La retromarcia sui dazi rilancia il soprannome “Taco”

La nuova ondata di cancellazioni tariffarie ha riportato in auge il soprannome “Taco” — Trump always chickens out — con cui i critici accusano il presidente di annunciare misure aggressive salvo poi ritirarle sotto pressione.

Dal 2 aprile l’amministrazione è stata costretta a correggere più volte il tiro sui dazi, elemento centrale della sua agenda economica. Trump ha sempre sostenuto che le tariffe servono a rimettere in equilibrio gli scambi e a finanziare parte del taglio delle tasse, il suo big beautiful bill.

La minaccia della Corte Suprema

Sulle politiche tariffarie del presidente incombe ora il giudizio della Corte Suprema, chiamata a pronunciarsi sulla loro legittimità. I giudici hanno mostrato scetticismo sulla tesi della Casa Bianca, che invoca un’emergenza nazionale per giustificare le tariffe.

Una bocciatura sarebbe devastante: metterebbe in discussione la credibilità dell’amministrazione e potrebbe obbligare Washington a restituire — secondo Trump — fino a 3.000 miliardi di dollari.

Una prospettiva che spiega il clima di crescente agitazione attorno a un presidente che, per la prima volta, vede indebolirsi uno dei pilastri della sua identità politica: essere il “Re delle Tariffe”.

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Esteri

Gaza tra nubifragi, tensioni diplomatiche e rischio divisione: la crisi umanitaria peggiora con l’arrivo dell’inverno

Nubifragi, sfollati senza ripari e tensioni diplomatiche: mentre si ipotizza una divisione della Striscia, l’Onu avverte che l’inverno rischia di aggravare una crisi umanitaria già drammatica.

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L’inverno avanza e una Gaza colpita da giorni di maltempo mostra in modo drammatico tutte le sue fragilità. La tregua sul terreno regge solo in parte, mentre piogge torrenziali hanno allagato migliaia di tende dove vivono famiglie sfollate, lasciando senza riparo chi ha perso tutto. Per l’Onu, il quadro è gravissimo: il 92% degli edifici della Striscia non è più abitabile e le condizioni meteo rischiano di mettere a rischio migliaia di persone.

La prospettiva di una Gaza divisa

Sul piano politico, cresce l’ipotesi di una divisione in due della Striscia: una zona controllata dall’esercito israeliano e l’altra gestita da Hamas, secondo condizioni ancora da definire. Una prospettiva che genera tensioni in Medio Oriente e che sarebbe al centro del dialogo tra Steve Witkoff, inviato di Donald Trump, e Khalil al-Hayya, figura di spicco dell’organizzazione islamica. I due avrebbero già avuto contatti in passato, con un rapporto personale nato dal lutto condiviso per la perdita di un figlio.

Washington prepara la sua risoluzione al Consiglio di Sicurezza

Gli Stati Uniti si preparano a presentare una nuova risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, previsto per lunedì. La diplomazia americana punta anche al via libera della Russia, in un confronto che si intreccia con gli interessi di Mosca nei territori ucraini occupati. Non è escluso che la telefonata tra Benjamin Netanyahu e Vladimir Putin abbia toccato proprio questo nodo, insieme al ruolo dell’Iran, tornato ostile con il sequestro di una petroliera battente bandiera delle Isole Marshall.

Netanyahu isolato nelle trattative diplomatiche

Il premier israeliano appare sempre più lontano dal centro delle trattative internazionali sul futuro di Gaza. Nel frattempo l’Idf mantiene alta la pressione militare: secondo fonti palestinesi, l’artiglieria ha colpito l’area orientale di Gaza City e un drone avrebbe sparato nel campo profughi di Jabalia.

Campi allagati e beni distrutti: l’allarme Onu sull’arrivo dell’inverno

La maggior preoccupazione resta la situazione umanitaria. Le piogge hanno aggravato condizioni già estreme: abiti bagnati, scorte alimentari distrutte, tende rese inutilizzabili. Migliaia di sfollati sono ora esposti al freddo e alla pioggia senza protezione.

Le Nazioni Unite avvertono: “Migliaia di famiglie sono completamente esposte alle condizioni avverse, con rischi crescenti per salute e sicurezza”.

L’accusa dell’Unrwa: “Israele limita gli aiuti”

Da Bruxelles, il vice commissario generale dell’Unrwa Natalie Boucly punta il dito contro Israele, denunciando che le restrizioni ai flussi di aiuti continuano a mettere in pericolo una popolazione allo stremo, che soffre una grave carenza di cibo e beni essenziali.

La comunità internazionale teme che l’inverno, arrivato con violenza, possa trasformare la crisi di Gaza in un’emergenza umanitaria ancora più devastante.

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Esteri

Trump annuncia causa miliardaria contro la BBC per il montaggio del discorso del 6 gennaio

Donald Trump annuncia una causa da 1 a 5 miliardi di dollari contro la BBC per il montaggio ritenuto fuorviante del discorso del 6 gennaio. Cresce la tensione tra USA e Regno Unito.

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Donald Trump torna all’attacco dei media e questa volta punta dritto alla BBC, accusata di aver montato in modo “fuorviante” il suo discorso del 6 gennaio 2021, il giorno dell’assalto a Capitol Hill che portò al suo secondo impeachment. Le scuse ufficiali dell’emittente britannica non sono bastate al presidente americano, che ha annunciato una causa civile da 1 a 5 miliardi di dollari da presentare la prossima settimana.

La decisione dopo le scuse: “Dobbiamo farlo”

Trump, inizialmente disponibile a considerare la questione chiusa con le scuse, ha cambiato linea dopo un confronto con i suoi legali.
«Dobbiamo farlo», ha tagliato corto, definendo la vicenda uno “scandalo” che intende discutere personalmente con il premier britannico Keir Starmer.

Secondo il presidente, la BBC avrebbe «cambiato le parole che uscivano dalla mia bocca» per attribuirgli un significato distorto:
«Le mie parole erano belle, e loro le hanno trasformate in non belle».

La difesa della BBC: “Errore involontario, nessuna diffamazione”

L’emittente ha ammesso l’errore nel montaggio del programma Panorama, dove due passaggi distinti del discorso furono combinati.
Nella risposta ai legali di Trump, la BBC ha sostenuto che:

  • non c’era intento diffamatorio

  • il programma è andato in onda solo nel Regno Unito

  • Trump non ha subito alcun danno, essendo stato rieletto poco dopo

Argomentazioni che il presidente ha respinto in blocco, parlando di una manipolazione “corrotta”.

Rischio di uno scontro diplomatico

Gli osservatori nel Regno Unito avvertono che la causa potrebbe trascinare la BBC – finanziata dal canone – in un terreno rischioso: o sostenere costi legali enormi o valutare un patteggiamento costoso e politicamente imbarazzante.

Sir Craig Oliver, ex direttore della BBC e consigliere di Downing Street, ha parlato di uno scenario “pesante comunque vada”.

Trump amplia la guerra ai media

La battaglia contro la BBC si aggiunge alle altre vertenze aperte da Trump negli USA contro:

  • New York Times

  • CBS

  • Wall Street Journal

Quotidiani e broadcaster definiti più volte dal presidente come “nemici del popolo”.

La Casa Bianca accusa la BBC di essere una «macchina della propaganda di sinistra» finanziata dai contribuenti britannici.

Rapporti USA-Regno Unito sotto tensione

L’iniziativa giudiziaria potrebbe avere ripercussioni sul rapporto tra Washington e Londra, finora solido.
La mossa di Trump, infatti, rappresenta un attacco diretto a una delle istituzioni più identitarie del Regno Unito e potrebbe aprire una nuova fase di tensione transatlantica.

Resta ora da vedere se la causa verrà formalmente depositata e quali effetti produrrà sul delicato equilibrio diplomatico tra i due Paesi.

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