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Incendio in discoteca, 50 morti in Macedonia del Nord

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Vertice Ue a Copenaghen tra Ucraina, difesa comune e minaccia dei droni

I leader europei si incontrano a Copenaghen per discutere di Ucraina e difesa comune. Sul tavolo l’uso degli asset russi congelati, il muro anti-drone e nuovi progetti militari europei.

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I 27 leader europei si riuniranno mercoledì a Copenaghen per un vertice informale organizzato dalla presidenza danese. Al centro dei lavori ci saranno due temi sempre più intrecciati: il sostegno all’Ucraina e il rafforzamento della difesa europea. Giovedì seguirà invece la riunione della Comunità Politica Europea, con un respiro più ampio oltre i confini Ue.

Allerta massima e minaccia droni

La capitale danese è in stato di massima allerta dopo i numerosi incidenti con droni non identificati. Le autorità hanno imposto un divieto totale di utilizzo fino al 3 ottobre. Svezia e Francia hanno inviato unità speciali anti-drone a supporto, mentre Copenaghen ha richiamato i riservisti. Secondo diverse fonti europee, i droni potrebbero essere parte di una strategia di pressione psicologica di Mosca.

Asset russi congelati per finanziare Kiev

Il tema più delicato sul tavolo è l’utilizzo degli asset russi congelati per garantire a Kiev fino a 140 miliardi di euro. Una misura che richiede un solido impianto giuridico, vista la complessità dei nodi finanziari e legali, e che divide le capitali. La svolta del cancelliere tedesco Friederich Merz è considerata decisiva per superare le resistenze, comprese quelle della Bce, preoccupata per i possibili effetti sull’euro.

Progetti comuni per la difesa europea

Oltre all’Ucraina, il vertice discuterà il rafforzamento della difesa comunitaria. Tra le ipotesi un muro anti-drone, considerato “prioritario”, e progetti di più ampio respiro come uno scudo missilistico europeo. Bruxelles punta a rendere obbligatoria la cooperazione tra Stati con appuntamenti annuali e investimenti congiunti.

Le cautele tedesche e il ruolo dei ministri della Difesa

Non mancano i freni: il ministro tedesco Boris Pistorius invita a “gestire le aspettative”, avvertendo che il muro anti-drone richiederebbe almeno quattro anni. Intanto il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa valuta di rafforzare il ruolo dei ministri della Difesa, finora rimasti ai margini delle decisioni politiche Ue, introducendo vertici dedicati.

Una nuova postura per l’Europa

Il documento pre-summit di Palazzo Berlaymont parla chiaro: “L’Europa deve agire come attore indipendente e assumersi la responsabilità per la sua difesa e sicurezza”. Una missione lontana dalle origini dell’Unione, ma che oggi appare inevitabile di fronte alla guerra e alle nuove minacce ibride.

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Germania, 35 anni dopo la riunificazione tra crisi economica, paura di guerra e avanzata dell’estrema destra

A 35 anni dalla riunificazione, la Germania vive un clima segnato da crisi economica, crescita dell’estrema destra e nuove paure legate alla guerra. Berlino rafforza la difesa e punta sulla deterrenza.

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Cinque anni fa il presidente Frank-Walter Steinmeier definiva la Germania del post-riunificazione “la migliore mai esistita”, celebrando i 30 anni dell’unità accanto ad Angela Merkel. Oggi, nel 2025, il quadro appare profondamente diverso: economia in affanno con crescita quasi stagnante, ascesa inarrestabile dell’estrema destra e una sensazione diffusa di insicurezza legata alla guerra in Europa.

L’eredità della riunificazione

La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la rapida integrazione degli ex Laender orientali nella Repubblica federale tedesca furono il capolavoro politico di Helmut Kohl. Trentacinque anni dopo, quelle fondamenta appaiono fragili: le regioni dell’Est sono ormai roccaforti dell’Alternative für Deutschland di Alice Weidel, partito osservato dai servizi segreti e oggi in testa ai sondaggi federali davanti alla Cdu.

Il voto di protesta diventa progetto politico

Secondo diversi analisti, il voto di protesta si è trasformato in una nuova visione del mondo, in linea con tendenze simili nel resto dell’Occidente. L’Afd raccoglie consensi non più episodici, ma strutturali, mentre il governo di Friedrich Merz cerca di recuperare terreno irrigidendo le politiche sui migranti e spingendo sul riarmo.

Difesa, Nato e timori di guerra

La Germania è nel mirino di attacchi ibridi e campagne di disinformazione attribuite a Mosca, e affronta con altri Paesi Nato l’emergenza droni sul Baltico. Nei giorni scorsi ad Amburgo si è svolta l’esercitazione “Red Storm Bravo”, uno scenario che ripropone simulazioni di attacco tipiche della Guerra fredda.

Il governo ha approvato la riforma della leva per rafforzare la Bundeswehr e aumentare il numero di riservisti. Berlino ha promesso a Donald Trump investimenti senza precedenti: il 3,5% del Pil per la difesa, più un ulteriore 1,5% per infrastrutture logistiche militari.

La strategia della deterrenza

“L a Germania è un Paese sicuro e la paura della guerra non va alimentata in modo artificiale”, ha dichiarato il portavoce del cancelliere Merz, Stefan Cornelius. La linea resta quella della deterrenza, sostenendo Kiev e consolidando il ruolo Nato, mentre la distanza dall’era Merkel non potrebbe apparire più netta.

Dal dialogo con Mosca alle tensioni odierne

Appena cinque anni fa, in occasione del trentennale della riunificazione, Vladimir Putin inviava un messaggio da Mosca definendo “positivo” che la Germania fosse unita e si diceva “aperto al dialogo”. Oggi, il clima è radicalmente cambiato: la Germania guarda al futuro tra sfide interne e la crescente pressione di un contesto internazionale che ricorda, sempre più, i tempi della Guerra fredda.

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Ucraina-Russia, guerra di logoramento: perché Kiev non sta vincendo ma Mosca non sta avanzando

Né vittoria per Kiev né per Mosca: il conflitto resta in stallo. L’Ucraina valuta i missili Tomahawk e intensifica la campagna DeepStrike, mentre la Russia non realizza i suoi obiettivi strategici.

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Il titolo ottimista del Financial Times — «Perché l’Ucraina sta vincendo la guerra» — stride con la realtà di una guerra che resta un conflitto di logoramento, segnato dai nuovi bombardamenti russi sulle grandi città ucraine. Anche le previsioni di Donald Trump a margine dell’Assemblea Onu, con uno scenario di riconquista dei territori occupati da Mosca, appaiono lontane dalle analisi militari.

Le difficoltà ucraine

Lo stesso generale Valery Zaluzhny, oggi ambasciatore a Londra, ha definito l’operazione nel Kursk un errore costato troppe vite umane. Per tutta l’estate le forze ucraine hanno sofferto sul fronte orientale, costrette a cedere terreno per limitare le perdite.

Mosca non conquista

Ma anche Mosca non può parlare di vittoria. L’ex generale australiano Mick Ryan paragona la situazione a un’ipotetica occupazione americana dell’Iraq nel 2006 al 20% del territorio, con un milione tra morti e feriti: nessuno lo chiamerebbe successo. Secondo il generale ucraino Oleksander Syrsky, gli obiettivi russi fissati in primavera — dalle zone cuscinetto a Kharkiv e Sumy fino all’avanzata su Zaporizhzhia e Kherson — non sono stati raggiunti.

La variabile Tomahawk

Fonti americane parlano della possibilità che Kiev ottenga dagli Stati Uniti i missili Tomahawk, più potenti e a lunga gittata rispetto agli Atacms. Si tratterebbe di un passo inedito, mai autorizzato nemmeno dall’amministrazione Biden, frenata dal rischio di escalation con Mosca. Gli analisti avvertono che non cambierebbero da soli il corso della guerra, ma aumenterebbero la pressione diplomatica e militare su Putin.

L’operazione DeepStrike

Nel frattempo, Kiev ha intensificato la campagna DeepStrike, con attacchi in profondità sul suolo russo. In meno di due mesi sarebbero stati colpiti 85 obiettivi strategici, tra basi militari, aeroporti e strutture industriali. Se potenziata con missili a lunga gittata, la strategia potrebbe rendere ancora più difficile la logistica russa.

Una guerra senza vincitori

Dunque, se Kiev non può vantare una vittoria, Mosca non sta riuscendo a realizzare i suoi obiettivi. La guerra si conferma un conflitto bloccato, in cui a prevalere sono i costi umani e militari, senza un reale vincitore in vista. In altre parole, oggi si può dire che l’Ucraina non sta vincendo, ma non sta nemmeno perdendo.

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