Il tormento vissuto dal fratello di Saman quando si decise ad accusare i suoi familiari per la morte della sorella 18enne è entrato nell’aula della Corte di assise di Reggio Emilia grazie alle parole, ma anche alla mimica di uno degli investigatori. Il gesto di accovacciarsi sulla sedia, le mani a tenersi la testa e a coprire gli occhi sono stati riprodotti, oltre che descritti, dal luogotenente Antonio Matassa, comandante del nucleo operativo radiomobile della Compagnia carabinieri di Guastalla, che, testimoniando nel processo per l’omicidio della 18enne, ha ricordato l’audizione del 15 maggio 2021. Quel giorno, quasi all’improvviso, il ragazzo pachistano, all’epoca 16enne, ebbe come “un cedimento emozionale”, ha spiegato il carabiniere.
“Ora vi dico tutta la verità”, disse il ragazzo, considerato testimone chiave. E mentre parlava della sorella, ad un certo punto, ha riferito il luogotenente, “si è come accasciato in basso, mettendosi le mani sugli occhi, lucidi e gonfi e ha risposto con la voce tremula”. Da quel momento, anche viste le dichiarazioni del minorenne, l’ipotesi investigativa diventò quella “dell’omicidio in ambito familiare”, ha detto ancora il militare. Saman sarebbe stata uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato. Ma l’udienza, mentre è slittato il collegamento in videoconferenza per il padre, Shabbar Abbas, perché ancora il Pakistan non ha dato riscontro sulle modalità tecniche per realizzarlo, è stata anche l’occasione per i difensori degli imputati presenti in aula, lo zio Danish Hasnain e i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, di sollevare alcune questioni.
Gli avvocati Luigi Scarcella per Nomanhulaq e Liborio Cataliotti per Hasnain hanno concentrato le loro domande al luogotenente di Guastalla Luca Angelucci su un’utenza telefonica ‘fantasma’ che venne attivata il 27 aprile 2021 dal padre di Saman, il cui utilizzo, nel corso delle indagini, sarebbe stato attribuito allo zio Danish. I difensori invece vogliono capire se non l’avesse in uso in realtà il fratello di Saman. Altro tema, quello di una “discrasia” sui video agli atti. “L’orario delle immagini del sistema di videosorveglianza dell’azienda Bartoli (datore di lavoro di Abbas a Novellara, ndr) a tanto voler concedere era mal tarato, la registrazione veniva sospesa ogni notte e l’altro sistema, di un’abitazione privata, aveva un orario completamente sbagliato”, ha spiegato Cataliotti ai giornalisti.
L’errore negli orari, secondo il legale, “non è particolare da poco” perché quelle filmate dalle telecamere “sono le ultime immagini che riproducono in vita la povera Saman e sono decisive per stabilire chi possa aver partecipato all’efferato crimine”. In aula sono state ripercorse anche le ricerche dopo la scomparsa della ragazza, a inizio maggio 2021. Il primo posto ad essere controllato, ha spiegato sempre il luogotenente Matassa, fu lo stesso casolare diroccato a Novellara dove il corpo di Saman è stato effettivamente trovato, sotterrato, lo scorso 18 novembre. “Era quello che meglio si prestava a nascondere un corpo”, ha detto l’investigatore, ma all’epoca “i cani non puntarono”. Proprio a Novellara farà un sopralluogo tutta la Corte di assise, con le parti, nella prossima udienza, venerdì 21 aprile, per vedere di persona i luoghi in cui si è consumata la tragedia.