Duecentomila aziende, quasi 1 milione di occupati, circa 47 miliardi di euro di valore aggiunto, un effetto moltiplicativo sull’economia di 1,9. L’81 per cento delle competenze professionali richieste dalle imprese blu riguardano il green e la sostenibilita’, l’esperienza pregressa conta per quasi il 70 per cento delle assunzioni. Sono i principali numeri dell’ultimo Rapporto dell’economia del mare promosso dalla Camera di commercio di Frosinone-Latina in raccordo con Unioncamere e realizzato dal Centro studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne. L’economia del mare e’ centrale per uno sviluppo sostenibile e green. Secondo l’ultimo “Blue economy report 2020”, l’economia blu dell’Ue, con 5 milioni di occupati, un fatturato di 750 miliardi di euro nel 2018, e un incremento dell’11,6 per cento rispetto all’anno precedente, rappresenta un potenziale enorme e in continua crescita. Per questo l’Ue raccomanda agli Stati membri di includere nei Piani di ripresa del Recovery fund, misure di protezione e ripristino della biodiversita’ e degli ecosistemi marini (quali lo sviluppo e la gestione della rete Natura 2000, la conservazione e il ripristino di specie e habitat, il controllo delle specie esotiche invasive o la costruzione di infrastrutture blu).
Le imprese italiane dell’economia del mare sono 199.177 nel 2018 (il 3,3 per cento del totale complessivo) e danno lavoro a 885,2 mila persone (il 3,5 per cento sul totale dell’occupazione del Paese). Piu’ di 4 imprese della Blue economy su 10 si occupano di servizi di alloggio e ristorazione, il 16,8 per cento opera nella filiera ittica, il 15,2 per cento nel settore delle attivita’ sportive e ricreative, il 13,6 per cento nella cantieristica, il 5,9 per cento nella movimentazione merci e passeggeri via mare, il 3,8 per cento nelle attivita’ di ricerca e tutela ambiente (3,8 percento), lo 0,2 per cento nell’industria delle estrazioni marine. “Il mare e’ sempre stato una delle piu’ grandi sfide dell’uomo, spazio da conquistare e nel contempo risorsa da tutelare e proteggere; dalla risorsa mare l’uomo ricava costantemente alimenti, materie prime e anche energia – sottolinea Giovanni Acampora, neo presidente dell’Assonautica nazionale e presidente della Camera di commercio Frosinone-Latina – cosi’, il mare, presentandosi come un’importante leva sulla quale fondare parte dello sviluppo economico, deve stimolare un attento studio su tutte quelle attivita’ che sono il frutto, o possono trovare giovamento, dalla presenza di questa risorsa”.
L’economia blu genera un valore aggiunto di 46,7 miliardi di euro, il 3,0 per cento del totale economia (nel 2014 era il 2,9 per cento), ma considerando gli effetti diretti e indiretti – per ogni euro prodotto direttamente si ha un effetto moltiplicatore di filiera pari a 1,9- si arriva ad un valore aggiunto prodotto complessivo di 134,5 miliardi di euro: l’8,5 per cento del totale dell’economia. La movimentazione di merci e passeggeri via mare e’ il comparto a maggiore capacita’ moltiplicativa, dove ogni euro prodotto ne attiva 2,8 sul resto dell’economia. Altri settori dalla elevata capacita’ moltiplicativa sono quelli della cantieristica (moltiplicatore 2,4) e delle attivita’ sportive e ricreative (moltiplicatore 2,1). Risparmio energetico e sostenibilita’ ambientale, sono skill centrali per trovare lavoro nella Blue economy: l’81,4 per cento delle ricerche di lavoro richiede competenze green. E’ quanto emerge nel volume “Economia del mare e green deal”, realizzato da Unioncamere sulla base dei risultati delle indagini Excelsior 2019. Il fabbisogno di professioni della Blue economy espresso dalle imprese e’ rivolto di gran lunga a giovani (fino a 29 anni 29,6 per cento) e giovani adulti (30-44 anni 24,8 per cento). E’ il riflesso evidente del peso che i servizi di alloggio e ristorazione hanno nell’economia del mare del nostro Paese (la domanda di giovani fino a 29 anni sale al 30,4 per cento), settore in cui intraprendenza e capacita’ relazionali, virtu’ proprie dei giovani, sono indispensabili.
Un pregresso bagaglio lavorativo e’ requisito importante: al 67,6 per cento delle entrate e’ richiesta una esperienza specifica, quota che sale al 73 per cento nel caso della cantieristica, dove i complessi metodi di produzione implicano technicalities e competenze specifiche acquisibili solo con l’esperienza. Le evidenze risultanti dall’analisi per titolo di studio sono ampiamente confermate dalle professioni richieste dalle varie branche economiche che compongono la filiera della Blue economy. Un’analisi che, per quanto riferita all’era pre-Covid, fornisce indicazioni anche sui trend futuri. Ben il 60 per cento delle entrate programmate per il 2019 hanno interessato figure con una qualifica professionale, un dato che riflette la forte “anima” turistica dell’economia del mare, mentre la domanda di risorse con livello universitario o superiore si ferma al 2,9 per cento. Rappresenta un’eccezione la filiera della cantieristica (il 16,4 per cento delle entrate programmate e’ rivolto a laureati), un settore dove tecnologia e competitivita’ rendono maggiormente necessari innesti nella forza lavoro di soggetti dal piu’ elevato grado di istruzione.
La guerra dei dazi, con l’impatto economico che minaccia la crescita mondiale e con i mercati attraversati da forte instabilità, fa salire i rischi per la stabilità finanziaria globale: il segnale più recente arriva dal crollo della fiducia dei consumatori americani ai minimi dal 2020. E c’è attenzione ai rischi legati all’intenzione dell’amministrazione Trump di utilizzare le ‘stablecoin’ per promuovere il dollaro. E’ lo scenario tratteggiato dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia: un termometro che misura ogni sei mesi i rischi sistemici e che, rispetto allo scorso novembre, inevitabilmente ruota attorno alle misure ad alto impatto di Trump e al “notevole aumento dell’incertezza e di tensioni sui mercati finanziari” che ne sono seguiti: previsioni di crescita ulteriormente ridimensionate” dopo i maxi-dazi annunciati il 2 aprile, con una probabilità di recessione negli Usa quest’anno “significativamente aumentata”.
Proprio oggi la fiducia dei consumatori Usa è crollata a 86 punti, mai così bassa dal 2020, mentre il sentiment economico nell’area euro è tornato a scendere. L’Italia, come i partner europei, non è al riparo. “L’alto debito pubblico e la scarsa crescita dell’economia italiana rimangono fattori di vulnerabilità”, si legge nel documento di 49 pagine. I dazi potrebbero far peggiorare la qualità dei prestiti bancari, con le banche italiane più esposte della media europea allo scenario di un calo degli utili delle imprese esportatrici superiore all’1% a causa dei dazi Usa. Nel complesso “i rischi per il sistema finanziario italiano restano comunque moderati”. Le banche sono ben capitalizzate, e vengono in aiuto una bassa disoccupazione; uno spread dei Btp sull’ottovolante con i treasuries Usa, ma più basso che nello scorso autunno; una posizione netta creditrice sull’estero che ha indotto S&P a migliorare il rating, a beneficio dell’interesse estero sui titoli italiani.
Il ‘faro’ di Bankitalia guarda anche a rischi specifici come l’alto numero (119) di incidenti operativi o cibernetici che hanno colpito gli intermediari nel 2024, e gli 85 miliardi di euro di ‘certificates’, strumenti finanziari complessi, nei portafogli italiani di cui quasi due terzi retail: il valore più alto fra i Paesi europei, da tempo all’attenzione di Via Nazionale e Consob. Bankitalia – come la Bce – monitora poi con attenzione i piani sul fronte della finanza digitale dell’amministrazione Trump, da cui arrivano segnali di forte sostegno alle attività crypto e avversione all’euro digitale. Per ora i dazi non hanno fatto altro che indebolire il dollaro, creando addirittura un’opportunità per l’euro sottolineata dal membro del board della Bce Piero Cipollone, a patto di realizzare l’Unione dei risparmi e investimenti e un titolo comune europeo.
Ma ci sono due osservati speciali, il ‘Genius Act’ e lo ‘Stable Act’, due proposte di legge americane tese a promuovere le stablecoin, attività che a fronte di un ‘token’ hanno riserve in valuta, specie dollari. Alcuni economisti ipotizzano che serviranno a irrobustire il ruolo internazionale del dollaro. I rischi, per Bankitalia, arriverebbero se nelle due proposte ci fosse una rottura con i principi globali concordati nel Financial Stability Board e con la normativa più stringente del regolamento europeo Micar. Se dal 10% del mercato crypto attuale le stablecoin arrivassero ad assumere una dimensione sistemica – avverte Bankitalia – potrebbe esserci una “eccezionale domanda di titoli pubblici degli Stati Uniti”, ma in caso di dissesto dell’emittente il rischio è una corsa a liquidare che “provocherebbe tensioni sui mercati dei titoli pubblici americani e ripercussioni su altri comparti del sistema finanziario globale”. Non solo: se nell’area dell’euro si affermassero come sistema di pagamento stablecoin in euro offerti da intermediari Usa, secondo il Rapporto si rischiano “implicazioni anche per il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento e per la stessa sovranità monetaria”.
Dopo 13 mesi di stallo, ancora una fumata nera sul contratto del comparto Sanità 2022-24, che riguarda oltre 580mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale tra infermieri – che rappresentano oltre la metà del totale – tecnici e personale non medico. Sul tavolo ci sono 172 euro di aumento mensile ma i sindacati di categoria sono divisi e varie sigle reputano insufficienti le risorse stanziate e carente la parte normativa. L’incontro di oggi all’Aran per la ripresa delle trattative, dopo che alcune sigle avevano già fatto saltare l’accordo nei mesi scorsi, si è dunque chiuso con un nulla di fatto. Un nuovo incontro è previsto il 22 maggio.
Intanto, anche per il contratto dei medici è stallo: attendono ancora l’atto di indirizzo e chiedono di avviare subito le trattative. Nell’incontro di oggi, i sindacati degli infermieri e di categoria confermano posizioni differenti. Da un lato il sindacato Nursind, favorevole ad una chiusura. “Anche oggi – rileva il segretario Andrea Bottega – abbiamo ribadito la nostra disponibilità a sottoscrivere il Ccnl, ma soprattutto sollevato un problema di tempi perché i fondi, seppure pochi e insufficienti a compensare l’inflazione degli ultimi anni, vanno spesi entro fine anno come previsto dal Documento di finanza pubblica. Oppure sarà meglio poi doversi piegare a quanto sarà deciso unilateralmente dal governo? Questa sì che sarebbe una sconfitta per le relazioni sindacali”. Riferendosi quindi alle sigle che insistono sul nodo dei fondi, Bottega sottolinea che “la questione delle scarse risorse non è da porre al tavolo Aran. Non è in quella sede che può essere affrontata e risolta. Per disporre di nuovi stanziamenti, infatti, serve una legge”.
Per il Nursing up, l’incontro “si è rapidamente trasformato nell’ennesimo muro contro muro, senza uno spiraglio di soluzione”. E pur chiedendo di chiudere il contratto al più presto, il sindacato chiede a governo e regioni “da che parte stanno: basta teatrini, i professionisti sanitari non sono marionette”. E’ netta invece l’opposizione di Fp Cgil e Uil Fpl: “Non è emersa alcuna novità sostanziale, né sul piano economico né su quello normativo. Ancora una volta – affermano – il confronto si è rivelato privo di contenuti in grado di rispondere concretamente alle attese dei lavoratori e lavoratrici del settore. Ribadiamo con fermezza l’indisponibilità a sottoscrivere una pre-intesa che non riconosca il valore del personale sanitario attraverso tutele reali, diritti esigibili e un adeguato incremento salariale”. Insomma, avvertono, “in assenza di un cambio di rotta non esistono le condizioni per la chiusura positiva della trattativa”. Da parte sua, l’Aran sottolinea che, anche se restano distanti le posizioni delle parti, “il confronto ha permesso di entrare nel merito di alcune questioni specifiche, offrendo l’occasione per un dialogo più concreto. Per continuare il confronto e verificare se ci sono le condizioni per arrivare a un’intesa”.
Ricorda quindi che si prevede un aumento medio mensile di 172,37 euro per tredici mensilità, pari al 6,8% in più rispetto agli stipendi attuali, e le risorse stanziate ammontano a 1,784 miliardi. Oltre agli aspetti economici, il contratto introduce inoltre “maggiore tutela contro le aggressioni al personale, riorganizzazione degli incarichi professionali, potenziamento della formazione e nuove misure per migliorare l’equilibrio tra vita e lavoro”. Intanto, medici e dirigenti sanitari ancora attendono l’atto di indirizzo necessario ad avviare le trattative per il loro contratto 2022-24, dunque già scaduto. “Non solo non siamo disponibili ad aspettare, perchè è inaccettabile dover attendere la conclusione del contratto del comparto Sanità per poter iniziare a discutere di quello dei medici – affermano i leader dei sindacati Anaao e Cimo, Pierino Di Silverio e Guido Quici – ma anzi chiediamo di fare un ulteriore passo avanti accorpando i trienni contrattuali 2022-24 e 2025-27, una decisione che sarebbe storica”. Questo, concludono, per “garantire ai colleghi adeguamenti retributivi accettabili e bloccare l’intollerabile tradizione di firmare solo contratti già scaduti”.
Dopo quasi 30 anni, Françoise Bettencourt Meyers(foto Imagoeconomica) lascia il consiglio di amministrazione di L’Oréal, pur mantenendo la presidenza della holding familiare Tethys, primo azionista del gruppo. Al suo posto nel board entrerà un altro rappresentante di Tethys, mentre il ruolo di vicepresidente sarà assunto dal figlio Jean-Victor Meyers, 38 anni. Françoise Bettencourt Meyers, 71 anni, è l’unica erede diretta del fondatore di L’Oréal, Eugène Schueller.