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Cultura

Il Vanvitelli del professor Giuseppe De Nitto, un dono alla nostra Storia comune

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Anche a causa della pandemia, la cerimonia della “spillatura” che ha sancito mesi or sono il mio ingresso nel Rotary “Luigi Vanvitelli di Caserta”, si è svolta all’aperto nell’omonima piazza, proprio ai piedi della statua che celebra il pittore e sicuramente l’architetto tra i più noti al mondo, di tutti i tempi, che oggi definiremo a buona regione un “archistar” figlio della nostra Terra, nato a Napoli il 12 maggio 1700 e morto a proprio a Caserta, città che ha letteralmente ridisegnato, il primo Marzo dell’anno 1773.

Tra gli appassionatissimi del Vanvitelli, ci siamo dunque imbattuti, proprio grazie ad un nostro evento rotariano ad hoc, nella figura di spicco del professore Giuseppe De Nitto, storico attento ed appassionato che con il suo ultimo lavoro “Luigi Vanvitelli: l’uomo, l’artista”, ci ha donato uno spaccato della nostra storia che ora brilla al sole dell’attualità. 

Il prof. De Nitto traccia non solo con dovizia di particolari e con grande cognizione storica e tecnica, le maggiori opere del Vanvitelli, e dunque non solo la celebre Reggia di Caserta o l’acquedotto Carolino (visibile ancora nella sua imponenza in Valle di Maddaloni), ma tutte le opere che gravitarono attorno al suo estro, come il Porto ed il Lazzaretto di Ancona, edificato su di un’isola artificiale pentagonale da egli stesso realizzata, il restauro della Basilica di Santa Maria degli Angeli o la partecipazione al concorso per la Fontana di Trevi e per la facciata di San Giovanni in Laterano, e tutte quelle opere artistiche ed architettoniche che gli fruttarono la meritata fama e notorietà, tali da portarlo all’attenzione di Carlo di Borbone, per il quale realizzò a partire dal 1752, proprio la Reggia di Caserta, un capolavoro dove ingegneria e geometria diventano arte allo stato puro, con uno sfondo rappresentato da un immenso parco verde, bello come fosse un paradiso terrestre, con tanto di rifugi, fontane, specchi d’acqua e cascate.

Non solo gli aspetti noti dei suoi successi dunque, ma anche quelli più intimi, come il dolcissimo e virtuoso rapporto con il padre Gaspar Van Wittell, oppure le invidie professionali e personali che hanno avvelenato, con quella “perenne attualità “, il percorso di vita di un genio, che prima di essere un tecnico ed artista è stato un uomo infaticabile, un figlio brillante, un marito devoto ed un padre di otto figli, attento ed affettuoso. 

Leggere il Vanvitelli di De Nitto è dunque avventurarsi nel Settecento italiano, anzi Napoletano e Casertano, come in un viaggio vivo, fatto di tanta luce sulla quale si distendono le ombre della vita. Una miscela di sensazioni che iniziano dalla narrazione del rapporto tanto speciale con il padre Gaspar, pittore paesaggista olandese di grande fama e talento, già traferitosi in Roma con tanti altri colleghi dai Paesi Bassi. Il cognome del figlio Luigi fu infatti italianizzato come “Vanvitelli” all’atto della sua nascita, un ennesimo omaggio del cuore del Van Wittel per il nostro Paese. 

Come ci narra il De Nitto, l’artista olandese dedicò dunque molta cura all’educazione dei figli ed avendo notato proprio la innata passione e propensione per il disegno ed il calcolo del piccolo Luigi, lo avviò agli studi tecnici ed attività artistiche, restando sempre al suo fianco durante l’intero percorso formativo, invogliandolo anche con lunghe passeggiate nella capitale, dove gli trasmetteva il senso più profondo per l’incredibile bellezza della capitale di tutti i tempi, così come l’incanto dei paesaggi che tutto il mondo giustamente ci invidia. E fu sempre il padre a mettere in contatto e favorire il suo incontro con il messinese Filippo Juvara, all’epoca tra i più bravi e noti architetti in circolazione, dal quale poi tanto apprese ed imparò.

Dopo le prime collaborazioni in qualità di pittore restauratore, che lo videro anche al fianco dell’architetto gaetano Sebastiano Conca, che da maestro divenne suo amico e collaboratore, nel 1728 arrivò il primo incarico da architetto, con il restauro in Urbino del palazzo d’epoca rinascimentale di proprietà del Cardinale Albani.

Tra il 1734 e 1740 lavorò alla straordinaria opera del lazzaretto di Ancona e della sistemazione del porto, dove si imbatté in non pochi arresti di percorso, tra sospensioni dei lavori, vari incidenti e soprattutto una “politica avversa” del tempo che temeva l’ascesa della rinnovata infrastruttura marittima marchigiana. Vicissitudini che misero a dura prova il carattere comunque forte ed infaticabile dall’architetto radicatosi a Napoli. Grazie alla dedizione per il suo lavoro, Luigi Vanvitelli non arretrava la sua ascesa di un millimetro, neanche quando nel ’54 il completamento dell’opera portuale fu ripresa, ma affidata al suo collaboratore Carlo Marchionni, dal pontefice Benedetto XIV. Seppur amareggiato, la struttura fu conclusa secondo i suoi disegni e dettami, quindi anche se formalmente la mano cambiò, il capolavoro restava di sua esclusiva paternità. Nuove conquiste e nuove lotte, con rinnovati attacchi personali veicolati anche dall’architetto milanese Francesco Croce, tanto esasperanti da portare l’artista ad abbandonare il completamento della commissionata facciata del Duomo di Milano.

Gli incarichi intanto aumentavano in tutta la penisola e Vanvitelli, sempre circondato da validi collaboratori che rispettava e valorizzava, riusciva a portare a compimento ogni lavoro affidatogli con una professionalità ed efficienza senza pari. Ma come avviene ai grandi, pur a fronte di un successo ormai obiettivamente insindacabile, calunnie ed infamie non accennavano a diminuire, ed in occasione della risistemazione dei porti di Anzio e Fiumicino, fu costretto a subire addirittura un’inchiesta dalla quale uscì completamente indenne, anche se molto provato e rattristato, così come accade a tutto coloro che pur consapevolmente nel giusto, sono costretti a giustificarsi innanzi ad un Tribunale. Una figura moderna dunque, di un professionista talentuoso che diventa bersaglio di quella invidia senza tempo, finanche quando riuscì a risolvere la statica della Cupola di San Pietro, prossima al cedimento. In tal circostanza, dopo vari attacchi dell’avverso Fuga, si dovette ricorrere persino ad un arbitrato, ove infine si optò per la soluzione tecnica proposta dal Vanvitelli, grazie alla quale ancora oggi possiamo ammirare il “Cupolone” più famoso del mondo.

Tanta strada, tortuosa ma sempre calcata con serietà ed abnegazione, portarono così Luigi Vanvitelli alla corte di re Carlo di Borbone, che incontrò assieme alla regina Maria Amalia di Sassonia presso la Reggia di Portici il 22 Maggio 1751, dopo mesi di incontri e confronti “preliminari” con il diplomatico e politico Giovanni Fogliani Sforza. Commovente la riportata missiva del Vanvitelli alla sua consorte, che teneva costantemente aggiornata sull’esito e lo sviluppo di quei giorni straordinari, capaci di cambiare la fisionomia di un Territorio ed i destini di tanti Casertani e non.

Anche il rapporto di stima e poi di rispettoso affetto creato con i reali, nacque dalla umile e garbata manifestazione delle straordinarie doti di coinvolgente professionalità e spirito di sacrificio del Vanvitelli, e tanto viene anche narrato con dovizia di particolari, attraverso tanti e puntuali richiami storici, dallo storico casertano dei nostri giorni. Un quadro temporale dove trova ancora una volta conferma di quanto amore Carlo di Borbone e la sua amata regina, nutrissero per il Meridione d’Italia. E fu proprio Maria Amalia a partecipare, con non sottaciuto fervore, alla costruzione di quella parte di Regno che fece intimamente suo. Così, dalle tracce dei nuovi viali alla sistemazione di interi quartieri e tenimenti, scrupolosamente osservati e verificati fino nei minimi dettagli dalla regina e dal re con il Vanvitelli, la nuova Reggia e la nuova Caserta prendevano forma coinvolgendo l’intera “Terra di Lavoro”, che ancora oggi ruota attorno al capolavoro Vanvitelliano, talmente imponente e portatore di immensa bellezza che sembra essere stato metabolizzato quasi a fatica dalla Città, salvo rinsaldare un rapporto più diretto e sinergico proprio negli ultimi decenni, a fronte di un grande impegno di partecipazione culturale dove la dimora reale è divenuta finalmente luogo di ritrovo per gli eventi più importanti ed esclusivi e, ormai, irrinunciabile punto di riferimento, assolutamente centrale, anche nella vita quotidiana dei cittadini dell’intera provincia, che con l’accesso al parco si riappropriano di un inestimabile tesoro storico e paesaggistico dove poter trascorre in totale serenità anche solo qualche ora della giornata, ritrovandosi con amici e conoscenti, o ancor di più con sé stessi, in un luogo tanto magico quanto a portata di mano.

Anche con il suo ultimo scritto quindi, il prof. Giuseppe De Nitto ci dona ancora una volta riscoperte e meravigliose storie del nostro passato comune, tanto glorioso ma troppo spesso dimenticato e da qualcuno volutamente sottaciuto, per il qual motivo non smetteremo mai di ringraziarlo.

 

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Nei papiri di Ercolano il luogo di sepoltura di Platone

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Dai papiri di Ercolano riemerge il luogo esatto della sepoltura di Platone nell’Accademia ad Atene: era situato nel giardino a lui riservato (un’area privata destinata alla scuola platonica) vicino al cosiddetto Museion o sacello sacro alle Muse. Lo rivela il papirologo Graziano Ranocchia dell’Università di Pisa, presentando alla Biblioteca Nazionale di Napoli i risultati di medio termine del progetto di ricerca ‘GreekSchools’ condotto con il Consiglio Nazionale delle Ricerche. La scoperta è racchiusa in mille parole nuove o diversamente lette del papiro contenente la Storia dell’Accademia di Filodemo di Gadara.

L’aumento del testo (pari al 30% in più rispetto alla precedente edizione del 1991) corrisponde all’incirca alla scoperta di 10 nuovi frammenti di papiro di media grandezza. Il testo rivela che Platone fu venduto come schiavo sull’isola di Egina già forse nel 404 a.C., quando gli Spartani conquistarono l’isola o, in alternativa nel 399 a.C., subito dopo la morte di Socrate.

Finora si era creduto che Platone fosse stato venduto come schiavo nel 387 a.C. durante il suo soggiorno in Sicilia alla corte di Dionisio I di Siracusa. I testi parlano anche della sua ultima notte, ma non solo. Diverse nuove letture forniscono un nuovo quadro delle circostanze della corruzione dell’oracolo di Delfi da parte del filosofo accademico Eraclide Pontico. Viene inoltre corretto il nome di Filone di Larissa in ‘Filione’ (allievo del grammatico Apollodoro di Atene per due anni e dello stoico Mnesarco per sette anni), che morì a 63 anni in Italia durante una pandemia influenzale.

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Cultura

La Giornata del Libro con Maraini, tra letture e rose

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Incontri con scrittori, reading, presentazioni di libri, letture condivise, spettacoli, convegni. Esplodono le iniziative per la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, istituita dall’Unesco, che si celebra il 23 aprile, giorno della scomparsa di Shakespeare, Cervantes e Garcilaso de la Vega, tra i sommi autori della letteratura universale. In Catalogna si festeggia San Giorgio (Sant Jordi) ed è tradizione che il 23 aprile gli uomini regalino una rosa alle donne e vengano contraccambiati con un libro. Dall’Italia parte ‘Una nave di libri per Barcellona’ che in questa edizione, la XII, ha a bordo oltre 500 passeggeri in viaggio da Civitavecchia per raggiungere la capitale della Catalogna che è un trionfo di rose e di libri.

A bordo della nave, con ospite d’onore lo scrittore spagnolo Juan Gomez Barcena, scrittori e artisti fra i quali Gabriella Genisi, Giampaolo Simi, Roberto Riccardi, Carola Carulli, Anna Maria Gehnyei, Peppe Millanta e Francesca Andronico. La cantautrice Patrizia Cirulli, che ha musicato e interpretato poesie di Garcia Lorca, Frida Kahlo, Quasimodo, D’Annunzio, Alda Merini, Eduardo De Filippo, duetterà con l’attore Gino Manfredi che leggerà alcuni brani di questi grandi poeti. Nella Giornata mondiale del libro si alza anche il sipario sulla quattordicesima edizione del Maggio dei Libri con la regina della letteratura italiana, Dacia Maraini, che il 23 aprile sarà in dialogo, al Centro per il Libro e la Lettura a Roma, con il professore e saggista Guido Vitiello, che alla lettura ha dedicato il suo ultimo lavoro, La lettura felice (Il Saggiatore). A fare gli onori di casa il presidente del Cepell Adriano Monti Buzzetti e il direttore Luciano Lanna.

Il 23 aprile è un importante nastro di partenza anche per l’inaugurazione a Strasburgo, città simbolo e casa dell’Unione Europea, del suo 2024 in veste di Capitale mondiale del Libro Unesco 2024: il 26 aprile ci sarà una serata speciale dedicata ai libri italiani condotta dalla scrittrice e insegnante Kareen De Martin Pinter. Organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Strasburgo, l’appuntamento si inserisce nella Grande Lettura che sarà il filo conduttore della settimana inaugurale (23-28 aprile) di Strasbourg, Capitale Mondiale del Libro Unesco. La lettura è protagonista, tra Giornata mondiale e Salone del Libro, dal 9 al 13 maggio a Torino, delle iniziative di TikTok che l’11 maggio al Lingotto annuncerà i vincitori della prima edizione dei TikTok Book Awards. Negli ultimi anni, #BookTok ha catturato l’attenzione con quasi 32 milioni di post creati utilizzando l’hashtag, ma quest’anno l’orizzonte si amplia al SalTo24 intrecciandosi con le 7 aree tematiche del Salone approfondite con alcuni live di conversazioni e interviste.

Tra gli eventi in tutta Italia spiccano quelli di Torino che legge, la manifestazione nata per celebrare la Giornata mondiale del Libro, organizzata dal Forum del Libro con la Città di Torino, le Biblioteche civiche e le circoscrizioni, dedicata quest’anno alla lettura ad alta voce condivisa. Per la Giornata arriva anche Bing Bunny, protagonista di una delle serie animate più amata dai bambini e dalle bambine in età prescolare, con 5 miliardi di visualizzazioni su YouTube, che sarà al centro di una campagna di sensibilizzazione e promozione della lettura condivisa.

Il gioiellino è il focus di Nati per Leggere sulla lettura in famiglia fin da piccoli, e prima ancora nella pancia della mamma che “è una delle più semplici pratiche quotidiane che un genitore può adottare per far crescere bene il proprio bambino o la propria bambina” con consigli di lettura a seconda delle fasce d’età. Per esempio dai 3-4 anni, i bambini amano molto le storie che parlano della vita quotidiana, in cui possono confrontarsi con la loro realtà di gioco, di scuola, di esperienza. Il progetto promosso dall’idolo Bing si chiama Le buone abitudini e ha già coinvolto oltre 8 milioni di famiglie italiane nella promozione del benessere dei bambini 0-6 anni.

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Cambio al vertice della Scala, arriva Ortombina

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Se ne va Dominique Meyer e arriva Fortunato Ortombina, resta Riccardo Chailly fino al 2026 per poi passare il testimone, anzi la bacchetta, a Daniele Gatti: sulla futura guida della Scala “finalmente è arrivata una decisione”. “Finalmente” è l’aggettivo usato dal sindaco di Milano Giuseppe Sala in apertura della conferenza stampa con cui ha annunciato la scelta come sovrintendente di Ortombina, a conclusione di una vicenda lunga oltre un anno, andata avanti a indiscrezioni, veti, decreti legge e colpi di scena. “Una soluzione eccellente, frutto di una collaborazione istituzionale” ha detto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, con cui inizia “una fase nuova” che segna il ritorno di un sovrintendente italiano dopo tre stranieri. “Abbiamo fatto tutto per il bene della Scala” ha assicurato Sala.

Mantovano, classe 1960, diplomato al Conservatorio di Parma, laureato in Lettere, studioso di musicologia, Ortombina è stato professore d’orchestra e corista del Regio di Parma, la lavorato all’Istituto di Studi Verdiani, e poi in vari teatri italiani prima di approdare proprio alla Scala dove è stato coordinatore artistico dal 2003 al 2007. Dal 2007 è alla Fenice di Venezia inizialmente come direttore artistico e poi dal 2017 anche come sovrintendente. Una duplice carica che probabilmente manterrà anche a Milano. Sulle sue competenze nessuno ha avuto da ridire. Forse l’unica perplessità è che “passerà dal guidare una gondola a un transatlantico”, come ha ironizzato qualcuno nei corridoi. Anche la Cgil ha riconosciuto le sue “capacità” in una nota in cui però esprime “preoccupazione” per la progettualità a lungo periodo del teatro. Ortombina al Piermarini inizierà dal primo settembre il lavoro come sovrintendente designato affiancando nella fase iniziale il sovrintendente in carica Dominique Meyer.

Il mandato del manager francese, ufficialmente partito nel giorno in cui il teatro ha chiuso per covid nel 2020, terminerà il prossimo 28 febbraio. Lui sarebbe voluto rimanere più a lungo perché, come ha detto nel marzo del 2023, dopo aver messo “a posto la Ferrari” avrebbe voluto “guidarla un po’”. Almeno un anno era la proposta uscita dall’ultimo cda. Ma dopo il confronto con il ministro Sangiuliano, alla fine gli è stato proposto di restare quattro mesi in più, fino al 1 agosto quando compirà 70 anni (una scelta, ci ha tenuto a precisare Sala, slegata dal decreto legge che prevede quella come età massima per i sovrintendenti e che per la Scala, in virtù della sua autonomia, non vale).

Meyer ha assicurato che resterà al suo posto fino alla fine del mandato, mentre rifletterà sulla proposta della proroga. Chi rimarrà fino a metà 2026 è il direttore musicale Riccardo Chailly, che inaugurerà le prossime due stagioni (il prossimo 7 dicembre con La Forza del destino e nel 2025 con Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Sostakovic) prima di lasciare il compito nel 2026 a Gatti. Sul suo arrivo c’è già l’accordo anche se formalmente sarà Ortombina a proporre al cda la sua nomina a direttore musicale. E dovrà essere Ortombina anche a proporre la nomina di un direttore generale, figura cancellata da Meyer ma che Sala ha consigliato al futuro sovrintendente di ripristinare. La proposta comunque non sarà fatta a questo cda, in scadenza a febbraio, ma al futuro. E anche sulla nomina dei nuovi consiglieri si giocherà una partita importante. Ma questa è un’altra storia.

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