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Cronache

Il soldato Noa da Roma verso Israele, con lei altri 300 ragazzi italiani che vanno a Tel Aviv per combattere

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Noa Rakel Perugia è bellissima. Ha 22 anni, lunghi capelli neri, denti bianchissimi. Da stamattina all’alba è nell’aeroporto di Fiumicino, con più di altri 300 ragazzi italo-israeliani riservisti, richiamati da Bibi Netanyahu perché Israele è in guerra. “E’ mio dovere partire”, dice con voce ferma, qualunque sia il prezzo da pagare. Con la madre aveva già un biglietto della compagnia israeliana El Al per rientrare con il volo delle 9 del mattino in Israele dopo giorni di vacanza per le feste di Sukkot. La madre l’accompagnava perché domenica avrebbe dovuto iniziare l’università: Relazioni internazionali alla Reichman University di Herzliya. E’ una soldatessa riservista dell’esercito israeliano, fino a pochi mesi fa alloggiava in una base militare in Israele, dove a giugno ha finito il servizio di leva nell’unità di portavoce dell’esercito.

“Tanti erano qui per Sukkot – racconta Noa – e chi come me aveva un biglietto sul volo di stamattina lo ha ceduto ai riservisti combattenti che devono tornare immediatamente nelle loro unità al fronte. Gli altri aspettano di partire, cercano un nuovo biglietto. E’ nostro dovere farlo”. Mentre Israele dichiara lo stato di guerra e i tank accerchiano Gaza, Noa racconta la sua vita, i suoi sogni interrotti. “Ho fatto il liceo scientifico a Roma, nella scuola ebraica Renzo Levi. Dormivo a casa dei miei genitori quando alle 5 del mattino di shabbat, un giorno di festa per noi, ci ha chiamati mia zia da Gerusalemme per dirci della guerra. Ha tre figli ed il maschio è un ufficiale della fanteria, subito richiamato al fronte. Sarei dovuta andare con la mia famiglia in sinagoga a festeggiare Sukkot. Invece è cominciata per ore una ricerca straziante con chi aveva parenti, amici, fratelli, figli uccisi o rapiti. Siamo rimasti incollati alla tv, i contatti sono stati molto difficili perchè era un giorno di festa. Israele è molto piccola, ognuno di noi sta cercando morti, rapiti o dispersi. Ogni ospedale ha allestito una emergency room per assistere famiglie che cercano parenti, genitori che non hanno notizie dei figli, molti dei quali erano al rave nel deserto”.

La questione degli ostaggi angoscia Noa. “Ma Netanyahu ha già scelto un generale per monitorare la situazione dei rapiti. Ora come ora per lui la priorità è stanare i terroristi, che hanno invaso tutta Israele. L’obiettivo militare principale è andarli a cercare, catturarli, perché non possano uccidere o rapire ancora. Per questo sono stati richiamati 300 mila riservisti, il numero più alto dal 1948, e si cerca di evacuare le persone ferite e gli ostaggi. Sderot è la comunità più grande, al confine con Gaza, ma ce ne sono moltissime altre ancora sotto assedio”. Noa, non hai paura ad andare? Non temi per la tua vita? “Tutto il mondo ebraico è paralizzato e terrorizzato, ma noi che siamo fuori siamo più protetti di loro che ora sono lì. Ci sono intere famiglie ammazzate al confine di Gaza, il mio pensiero è con loro, faccio tutto quello che posso per aiutare a partire subito i soldati combattenti al fronte. Il mio lavoro in esercito è stato giornalistico, ero un soldato in unità di portavoce, credo di tornare in quella unità. E’ mio dovere andare”, risponde disarmante. “Ho sentito i miei superiori, potete usare il mio nome. Ma niente foto mie e dei soldati riservisti”, si congeda Noa prima di imbarcarsi.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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