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Politica

Il rito della campanella tra polemiche e”abbracci”

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Stavolta non c’è animosità, delusione, rabbia: Mario Draghi consegna la campanella sorridendo, Giorgia Meloni la riceve con un volto che esprime soddisfazione. Il passaggio di consegne a palazzo Chigi è un rito ormai entrato nella memoria comune. In passato non sono mancati i momenti di tensione, (il passaggio tra Enrico Letta e Matteo Renzi nel 2014) ma in questo caso riesce al meglio. Introdotto da Lamberto Dini ventisei anni fa, nel 1996, quando consegnò la campanella a Romano Prodi, il passaggio di consegne si perpetua sempre nella stessa sala, quella dei Galeoni. Fino ad oggi il momento più controverso fu quello tra Enrico Letta e Matteo Renzi. Era il 22 febbraio del 2014 e tra i due ci fu una gelida stretta di mano e nulla più. Letta e Renzi non si guardarono mai negli occhi. Una cerimonia che forse fu superata per asprezza solo da Bettino Craxi che decise di non presentarsi a palazzo Chigi per il passaggio di consegne ( anche se non c’era ancora il rito della campanella) con Amintore Fanfani. Quel giorno, era il 18 aprile dell’87, a fare le veci di Craxi venne mandato il suo sottosegretario alla presidenza , Giuliano Amato. Di tutt’altro tenore la consegna della campanella tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni nel 2016. In quell’occasione il leader di Italia Viva consegnò all’attuale commissario Ue una felpa di Amatrice, simbolo della città devastata dal terremoto. Fu invece all’insegna delle battute di Berlusconi il passaggio della campanella con Mario Monti nel 2011. Il Cavaliere nel suo ultimo giorno a palazzo Chigi non si trattenne dal fare un battuta. Nel corso della cerimonia con il nuovo presidente del Consiglio, dopo aver fatto suonare la campanella, e prima di consegnarla nelle mani di Monti, Berlusconi scherzando disse: ‘La campanella la suonavo sempre quando facevo il chierichetto in Chiesa…’. A rubare la scena al passaggio di consegne tra Monti ed Enrico Letta, nel 2013, fu il ferimento a colpi di pistola di due Carabinieri e una passante da parte di uno squilibrato in piazza davanti palazzo Chigi. Particolare fu invece il passaggio dal governo Conte I al Conte II. Il quell’occasione il premier non volle rinunciare al rito è toccò al segretario generale di palazzo Chigi, Riccardo Chieppa, passare la campanella al presidente del Consiglio-bis. Il Covid caratterizzò il passaggio di consegne tra Conte e Mario Draghi. I due infatti prima di passarsi la campanella si disinfettarono le mani con l’amuchina.

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Napoli

Amministrative in Campania: 244mila elettori al voto tra fratture politiche e simboli scomparsi

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Sono 244.129 gli elettori chiamati alle urne in 15 comuni della Campania il 25 e 26 maggio per il rinnovo dei Consigli comunali. Un turno elettorale caratterizzato da scissioni politiche, simboli di partito assenti e alleanze trasversali, soprattutto nei centri più grandi del Napoletano.

Tra le sorprese, spicca la scomparsa del simbolo del Movimento 5 Stelle in tutti e cinque i comuni al voto in provincia di Napoli e l’assenza del Partito Democratico a Nola, feudo della famiglia Manfredi, dove il candidato scelto si è ritirato poche ore prima del deposito delle liste.

Il caso Capaccio Paestum: dopo l’arresto di Alfieri, partiti in fuga

Nel Salernitano, l’attenzione è puntata su Capaccio Paestum, dove si torna al voto dopo l’arresto del sindaco uscente del Pd Franco Alfieri. Il clima è teso e quasi tutti i partiti, ad eccezione di Fratelli d’Italia, hanno evitato di presentare i simboli ufficiali. Il centrodestra si presenta diviso: Carmine Caramante è sostenuto da FdI e tre civiche, Simona Corradino da quattro liste tra cui Forza Capaccio Paestum con esponenti di FI, e Gaetano Paolino corre con il supporto silenzioso del Pd.

Nola: il Pd resta fuori, campo libero alle civiche

A Nola il caos è totale. Il Pd, dopo il ritiro del suo candidato, resta fuori dalla competizione, così come il M5s. Quattro i candidati in campo, tra cui Maurizio Barbato (FdI), Agostino Ruggiero (Socialisti), Antonio Ciniglio e Andrea Ruggiero, quest’ultimo sostenuto da un’ampia coalizione civica.

Volla e Giugliano: sfide a più voci

A Volla sono ben sei i candidati a sindaco, con il Pd che sostiene Giuliano Di Costanzo insieme a tre civiche. Il centrodestra è compatto su Lino Donato, mentre altre quattro coalizioni civiche completano il quadro.

A Giugliano in Campania, il Pd punta su Diego D’Alterio, sostenuto anche da Italia Viva e Azione. Il centrodestra è unito su Giovanni Pianese (FdI, FI, Udc), mentre corre anche Salvatore Pezzella, già vicino alla civica Insieme per Giugliano.

Casavatore e Marigliano: simboli sbiaditi e divisioni interne

A Casavatore, la frammentazione è evidente: Vito Marino è appoggiato da civiche di centrodestra senza simboli ufficiali, Fabrizio Celaj dal Pd e da un M5s “anonimo”, mentre Mauro Muto corre con Fratelli d’Italia.

A Marigliano, il centrodestra candida Paolo Russo (Noi Moderati), sostenuto anche da Fare Democratico, dove sono confluiti esponenti del Pd. Il Pd ufficiale appoggia Gaetano Bocchino, insieme ad Azione e civiche, mentre Ciro Panariello è sostenuto dalla sola lista Cambiamo Marigliano.

Gli altri comuni al voto

In provincia di Avellino si vota a Chiusano di San Domenico, Rotondi e Senerchia. Nel Beneventano urne aperte a Sant’Angelo a Cupolo. In provincia di Caserta, si vota a Lusciano e Pignataro Maggiore. Infine, nel Salernitano, oltre a Capaccio Paestum, si vota a Castelnuovo di Conza, Ispani e Sant’Angelo a Fasanella.

 

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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