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Ambiente

Il premier Conte ricevuto da Papa Francesco, al centro della visita la questione migranti e la salubrità dell’ambiente

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Il premier Giuseppe Conte viene ricevuto stamane, a sorpresa, da Papa Francesco: una visita privata, “di cortesia”, cosi’ la definisce il protocollo Vaticano, che rappresenta tuttavia un inedito nella storia dei colloqui tra gli inquilini di Palazzo Chigi e i Pontefici. Evidente, infatti, la differenza rispetto alle normali udienze papali ai capi di Stato o di Governo di qualsiasi Paese, che – oltre ad essere annunciate in precedenza, e non la mattina stessa come in questo caso – avvengono sempre con il consueto corollario di delegazioni composte da altri membri dell’esecutivo e da ‘grand commis’ dello Stato. Con una presenza per quanto limitata di giornalisti accreditati tramite “pool”, e il classico comunicato finale che rende conto dei colloqui del politico di turno col Papa e col cardinale segretario di Stato. Niente di tutto questo nel caso di stamane, quando Conte e’ giunto in Vaticano praticamente da solo, accompagnato soltanto dall’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, senza ministri al seguito, men che meno i vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. L’udienza e’ stata volutamente presentata col visibile basso profilo di un evento “privato”. L’incontro, durato 45 minuti, s’e’ tenuto nella Sala della Biblioteca dell’Appartamento papale, nel Palazzo Apostolico Vaticano. Il Premier ha fatto dono al Pontefice dei tre volumi di un’antica edizione della Divina Commedia di Dante Alighieri, illustrata, con il commento di Niccolo’ Tommaseo. Il Papa ha ricambiato con l’enciclica Laudato Si’ e il medaglione della pace, raffigurante il ramo d’ulivo che unisce la pietra divisa. Al termine del faccia a faccia, è il premier, su Facebook, a descrivere i temi trattati con il Santo Padre, parlando di un incontro “molto toccante”. “Nel corso del lungo colloquio privato – scrive Conte – abbiamo richiamato il rispettivo impegno che stiamo portando avanti per realizzare, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, un ampio disegno riformatore della comunita’ in cui operiamo. Ci siamo confrontati – sottolinea Conte – sui temi delle diseguaglianze sociali, delle migrazioni, dell’ambiente, della pace. E’ stato un incontro molto toccante, che mi rinnova nell’impegno politico, etico, sociale a operare con grande determinazione per migliorare la nostra societa’ e per rendere tutti i cittadini pienamente partecipi del nostro progetto di benessere sociale ed economico”. Quindi, come conferma lo stesso Conte, la conversazione ha trattato argomenti assai cari a Francesco – che proprio in questi ultimi giorni, in vista del Natale, ha molto intensificato le sue esternazioni in favore dell’accoglienza di profughi e migranti. Proprio ieri ha detto che il piccolo Gesu’ “ci ricorda cosi’ che la meta’ dei profughi di oggi, nel mondo, sono bambini, incolpevoli vittime delle ingiustizie umane”. L’udienza, tra l’altro, ha coinciso con un periodo in cui si sono riaccese le polemiche tra Salvini e Famiglia Cristiana – tra le piu’ critiche insieme al quotidiano dei vescovi Avvenire verso l’attuale politica sui migranti -, mentre non e’ sfuggita in Vaticano l’insistenza, nella recente manifestazione della Lega a Roma, verso i ripetuti richiami a Giovanni Paolo II come il Papa di riferimento.

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Rischio innalzamento mari, un metro in più nel 2100

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Se le emissioni di gas serra continueranno al ritmo attuale, nel 2100 il livello del mare sulla Terra potrebbe aumentare anche fino a un metro, con danni sempre maggiori per mareggiate e fenomeni estremi. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Earth System Science Data a cui hanno partecipato i docenti Matteo Vacchi dell’Università di Pisa e Alessio Rovere dell’Università Ca’ Foscari di Venezia come primo autore. “La ricerca – spiega l’Ateneo pisano – ha messo insieme tutti i dati esistenti relativi al livello del mare durante l’ultimo periodo interglaciale, 125mila anni fa, in cui la Terra è stata lievemente più calda rispetto ad oggi, circa 1-1,5 gradi su scala globale e 3-5 ai poli. Secondo l’atlante on line creato dai ricercatori, il livello dei mari all’epoca era tra i 3 e i 9 metri più alto di adesso”.

Secondo Matteo Vacchi, “il riscaldamento climatico odierno deriva invece, in larga parte, dall’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera dovuto all’effetto antropico e a livello globale le zone più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare sono gli atolli nel Pacifico e le gradi piane costiere del sud-est asiatico, mentre nel Mediterraneo sono particolarmente vulnerabili la laguna di Venezia, l’alto Adriatico, e in generale le grandi piane costiere, per esempio il Volturno di Napoli, ma anche la piana pisana in Toscana, e per il nord Africa le zone costiere pianeggianti della Tunisia, del Marocco e il Delta del Nilo”. I dati messi assieme dallo studio, sottolinea l’Ateneo, “sono fondamentali per delineare dei modelli climatici futuri e se infatti si dovesse fondere tutta la calotta glaciale che copre attualmente la Groenlandia, il livello globale del mare salirebbe di circa 7 metri, mentre se si dovesse fondere tutta la calotta antartica l’aumento sarebbe di ulteriori 58 metri”. Ciò che preoccupa oggi, conclude Vacchi, “sono i tassi di risalita, ovvero l’accelerazione avvenuta negli ultimi 150 anni, in concomitanza con l’inizio della rivoluzione industriale che ha aumentato enormemente le emissioni di gas serra nell’atmosfera”.

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La Terra del futuro come Dune, un supercontinente arido

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Un nuovo unico supercontinente chiamato Pangea Ultima arido e desertico, con una CO2 doppia rispetto ad oggi e con temperature impossibili per la sopravvivenza di gran parte dei mammiferi, compresi noi umani. È come sarà la Terra tra 250 milioni di anni secondo la simulazione pubblicata sulla rivista Nature Geoscience e fatta dal geografo Alexander Farnsworth, dell’Università britannica di Bristol.

A trasformare la Terra in una sorta di Arrakis, il pianeta della fantascienza di Dune, non saranno le attività umane ma le dinamiche geologiche. Anche se in modo lento e quasi impercettibile, la superficie della Terra è in continua trasformazione: spostamenti generati dalle enormi forze attive all’interno del pianeta fanno sì che i continenti siano in movimento. È la cosiddetta deriva dei continenti, movimenti che portano i continenti a ‘vagare’ fino a incontrarsi a formare un unico supercontinente per poi separarsi di nuovo e poi riunirsi ancora in modo ciclico, come indica lo studio del 2021 guidato da Ross Mitchell, dell’Accademia delle Scienze Cinese e pubblicato sulla rivista Nature Review.

Oggi viviamo nel mezzo di uno di questi grandi cicli: l’ultimo supercontinente chiamato Pangea si frantumò circa 200 milioni di anni fa, e usando tutti i dati al momento disponibili, i ricercatori britannici hanno realizzato una simulazione di come potrebbe essere il suo clima fra 250 milioni di anni. È emerso uno scenario radicalmente diverso da quello di oggi: “sembrerebbe che per la vita ci sarà in futuro un periodo ancora più difficile”, ha commentato sul sito di Nature la geologa del Centro di ricerca tedesco per le geoscienze a Potsdam, Hannah Davies.

“È un po’ deprimente”, ha aggiunto. Secondo la simulazione, il prossimo supercontinente Pangea Ultima si posizionerà all’equatore e di fatto sarà una sorta di enorme deserto, caratterizzato da temperature altissime: “mediamente più calde di 25-30 gradi centigradi rispetto a quelle attuali”, ha dichiarato Farnsworth alla rivista Newsweek. A determinare temperature così alte sarà una combinazione di fattori, non solo la dimensione del supercontinente, che non permetterebbe l’arrivo della pioggia nelle zone centrali, ma anche la maggiore attività vulcanica, che porterebbe al possibile raddoppio della CO2 nell’atmosfera, e un’attività solare più intensa (dovuta all’invecchiamento della nostra stella) che renderà ancor più secca l’aria. E il tutto, sottolinea la ricerca, senza tenere in considerazione l’impatto umano sul clima perché giudicate ininfluenti su previsioni di così lungo periodo.

Un ambiente simile renderebbe impossibile la vita per molte specie di mammiferi, che vedrebbero ridursi le potenziale aree abitabili ad appena l’8% della superficie terrestre rispetto all’attuale 66%. Uno scenario che trasformerebbe radicalmente l’albero della vita, obbligando i mammiferi a nuove soluzioni evolutive e che probabilmente porterebbe alla comparsa di nuove specie dominanti. Se l’uomo dovesse ancora esistere, aggiungono i ricercatori, vivrebbe forse nelle caverne e diventerebbe notturno, in modo simile alla vita descritta sul pianeta Arrakis di Dune, ma “immagino che, se potessimo – ha detto Farnsworth – sarebbe meglio lasciare il pianeta per trovarne uno più vivibile”.

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Clima, in Italia rischio rincaro per 23% dei cibi preferiti

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Il 23% dei prodotti alimentari preferiti dagli italiani, dal caffè al tonno, dalle banane al cioccolato, potrebbe subire un significativo aumento di prezzo a causa del cambiamento climatico. Lo afferma un nuovo rapporto di Christian Aid, organizzazione religiosa di soccorso e sviluppo di 41 chiese cristiane di Regno Unito e Irlanda spiegando che i Paesi in via di sviluppo da cui provengono molti prodotti della lista della spesa delle famiglie italiane “stanno subendo gli effetti della siccità, del caldo e delle inondazioni”. Sette dei 25 principali partner commerciali dell’Italia per le importazioni, spiega l’associazione, “sono Paesi con un’elevata vulnerabilità climatica e un basso grado di capacità di adattamento e sono Brasile, Vietnam, Ecuador, India, Argentina, Uganda e Colombia”.

La situazione, avverte Christian Aid nel rapporto in cui esamina la minaccia climatica sulle filiere alimentari in Regno Unito, Germania e Italia, “non può che peggiorare se i Paesi ricchi non manterranno la loro promessa di investire 100 miliardi di dollari per il clima e di raddoppiare i finanziamenti per le strategie di adattamento entro il 2050, come promesso alla Cop di Glasgow. Il prezzo del caffè importato dal Brasile, spiega il rapporto, “è aumentato a causa di una combinazione di siccità e gelate, attribuite al cambiamento climatico, che hanno contribuito a far scendere le riserve globali di caffè al livello più basso degli ultimi vent’anni. La produzione di tonno in scatola proveniente dalla Costa d’Avorio sarà seriamente influenzata dai cambiamenti climatici e la pesca intensiva, con ribassi fino al 36% entro il 2050”.

Luca Bergamaschi, co-direttore di Ecco, il Think tank italiano per il clima rileva che “lo stile di vita degli italiani potrebbe essere radicalmente stravolto dagli impatti climatici. Per preservare la cultura tradizionale italiana è necessario intensificare gli sforzi a livello globale per raggiungere le emissioni zero e adattarsi a un nuovo clima”.

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