“In Italia con il mio permesso non mettono piede”, minacciava di buon mattino il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Alle sette di sera, però, la Mare Jonio, la nave di Mediterranea saving humans con 48 persone soccorse al largo della Libia, e’ entrata nel porto di Lampedusa. Per essere subito posta sotto sequestro dalla Guardia di finanza, con la procura di Agrigento che ha aperto un fascicolo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E Salvini puo’ esultare: “ora in Italia c’e’ un governo che difende i confini e fa rispettare le leggi, soprattutto ai trafficanti di uomini. Chi sbaglia paga”. E in questo caso, aggiunge, non si tratta di un salvataggio, ma di una “provocazione politica organizzata da giorni”. Che la nave battente bandiera italiana approdasse in un porto italiano era gia’ scritto.
Ma questa volta, a differenza di casi precedenti, la soluzione è stata rapida, come avevano promesso il premier Giuseppe Conte ed il vice Luigi Di Maio. Alla vigilia del voto del Senato sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini per la vicenda Diciotti, il Governo non voleva infilarsi in lunghe giornate di polemiche per l’ennesimo contestato sbarco di una nave umanitaria. Tanto piu’ in una fase che vede gia’ diversi fronti aperti tra gli alleati M5S e Lega. Salvini ha scatenato un’offensiva a tutto campo, facendo approvare in tutta fretta una direttiva contro i soccorritori che ledono la “sicurezza dello Stato italiano” favorendo “l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale”. In mattinata ha poi riunito un “tavolo permanente” per valutare l’operato della nave di Mediterranea, che ha pronunciato un verdetto di ‘colpevolezza’ ed un elenco di tutte le irregolarita’ che sarebbero state commesse dai responsabili della nave: non c’era, ha spiegato Salvini, “pericolo di affondamento ne’ rischio di vita per persone a bordo, nessun mare in tempesta”; e ha aggiunto: “ignorate le indicazioni della Guardia Costiera libica che stava per intervenire, scelta di navigare verso l’Italia e non Libia o Tunisia, mettendo a rischio la vita di chi c’e’ a bordo, ma soprattutto disobbedienza alla richiesta di non entrare nelle acque italiane. Se un cittadino forza un posto di blocco stradale di Polizia o Carabinieri, viene arrestato. Conto che questo accada”.
Di arresti per ora non si parla. Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha disposto lo sbarco dei migranti (anche 14 minori a bordo) e, contestualmente, il sequestro probatorio della nave. Attesi gli interrogatori dell’equipaggio e del capitano, Pietro Marrone. Quest’ultimo, all’alba, ha disobbedito via radio alla motovedetta della Guardia di finanza che gli intimava di non entrare in acque italiane. “Abbiamo persone – ha detto Marrone – che non stanno bene, devo portarle al sicuro e ci sono due metri di onda. Io non spengo nessun motore”. La procura sta vagliando questa ed altre comunicazioni, insieme alla documentazione esaminata dalla Gdf nel corso dell’ispezione a bordo. Conte in mattinata aveva espresso fiducia: “risolveremo anche questo”, sottolineando che “in tutti i casi emergenziali, anche quelli piu’ drammatici e che hanno avuto gli onori delle cronache, noi abbiamo sempre tutelato i diritti fondamentali delle persone, siamo sempre tempestivamente intervenuti per assicurare assistenza”. Di Maio, da parte sua, era allineato a Salvini auspicando il sequestro della nave, “che non ha rispettato le regole”. Critico con il Governo il Pd. Il segretario Nicola Zingaretti parla di “tragica sceneggiata contro gli esseri umani da parte di chi si sente forte contro i deboli e non fa assolutamente nulla per gestire e governare”. Nicola Fratoianni (liberi e uguali), citando Roberto Saviano, definisce Salvini un “buffone pericoloso”. Probabilmente all’oscuro delle dinamiche politiche italiane e dei risvolti giudiziari a carico dei loro soccorritori, i 48 sono scesi dalla Mare Jonio urlando in coro “liberte’, liberte'” toccando terra sotto il cielo scuro di Lampedusa.
Omicidio questa mattina in una stazione di benzina di Mondragone, comune del litorale casertano. Un commerciante, L.M., è stato ucciso a colpi di pistola da un uomo, un imprenditore, che ha fatto fuoco mentre la vittima era in auto, per poi allontanarsi sotto gli sguardi terrorizzati del gestore del distributore, situato sulla statale Domiziana, e di altri avventori. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, che hanno avviato le indagini.
In assenza di una minaccia diretta, per sé e per la propria compagna, uccise un 23enne con un colpo di fiocina sparata da un fucile subacqueo in via Cilea a Sirolo (Ancona) il 27 agosto del 2023: un omicidio che non sarebbe scaturito dall’iniziale “diverbio stradale” ma dal successivo intervento dei fratelli della vittima, uno dei quali lo colpì con un pugno per il quale l’omicida intese “vendicarsi”.
Lo scrive la Corte d’Assise di Ancona nella motivazione della sentenza con la quale, il 21 gennaio scorso, ha condannato a 18 anni di carcere Melloul Fatah, 28 anni, per l’omicidio volontario, senza l’aggravante dei futili motivi, di Klajdi Bitri, albanese 23enne. Il delitto avvenne di primo pomeriggio a seguito di un litigio per motivi stradali, all’altezza di una rotatoria. Si era creato un ingorgo di auto e dopo vari insulti, che avevano coinvolto anche parenti e amici della vittima, Fatah era tornato al proprio veicolo per prendere la fiocina e puntarla al petto del giovane poi deceduto. Subito dopo era risalito a bordo dell’auto, dove si trovava anche la fidanzata, e se ne era andato.
Era stato arrestato prima di cena, a Falconara, dai carabinieri. L’imputato, difeso dall’avvocato Davide Mengarelli, ha sostenuto di non essersi accorto del colpo mortale e di aver preso il fucile solo per spaventare il gruppetto che gli dava addosso. Secondo i giudici, però, la sua versione non è plausibile. “Ha scelto in totale autonomia di inseguire, in assenza di qualsivoglia minaccia, per sé e per la propria compagna, – scrive la Corte a proposito dell’imputato – di prelevare il fucile elastico con fiocina a tre punte, che utilizzava per la pesca subacquea, di imbracciarlo e di puntarlo alla vittima che in piedi, dietro la Mercedes, dopo pochi attimi decedeva nell’impotenza e nello sconforto generale”. Secondo la Corte, il 28enne agì per vendicare il pugno che aveva subito nella lite: “compreso di non poter prevalere e attesa l’inferiorità numerica – osserva nella sentenza il presidente della Corte Roberto Evangelisti – non reagiva e si dirigeva verso la propria auto dando l’impressione di desistere e di voler riprendere la marcia, apparenza però ingannevole poiché il fine che muoveva Melloul era antitetico”. La fidanzata “non aveva eccepito alcun pericolo, per nulla allarmata si chinava a recuperare gli occhiali caduti in precedenza al fidanzato nel corso dello scontro con la vittima e i suoi amici”.
La Corte ripercorre i drammatici attimi dell’omicidio: Fatah “ha premuto a distanza di circa due metri e mezzo il grilletto del suo fucile subacqueo munito di tridente contro Klajdi, facile bersaglio in quanto in posizione eretta, disarmato e impossibilitato a opporre qualsivoglia difesa se non tentare di disporsi in posizione di chiusura alzando il ginocchio sinistro in funzione di scudo”. I familiari della vittima erano parte civile nel processo con gli avvocati Marina Magistrelli e Giulia Percivalle.
Iniziamo questa storia dalla fine, da un epilogo inaspettato, frutto di una scelta maldestra di un 21enne di Barano d’Ischia. Il giovane si trovava in fila al porto, pronto a imbarcarsi su uno degli ultimi traghetti della giornata con destinazione Napoli. Nulla di strano, se non fosse per un dettaglio singolare: indossava un passamontagna.
Alcune persone presenti hanno manifestato curiosità, altre preoccupazione. A porsi domande sono stati anche i Carabinieri del nucleo radiomobile di Ischia, impegnati nei controlli serali. Avvicinatisi al giovane, gli hanno chiesto di mostrare il volto. A quel punto, come in un colpo di scena da film, il ragazzo ha tolto il passamontagna e si è dato alla fuga verso una pineta.
Riconosciuto e arrestato dopo l’inseguimento
I militari lo hanno inseguito, bloccato e immediatamente riconosciuto: era lo stesso giovane che poche ore prima aveva rubato uno scooter, fuggendo tra le strade di Ischia e venendo arrestato dai Carabinieri. Dopo il primo arresto, era stato sottoposto agli arresti domiciliari.
Questa volta, in manette per la seconda volta nel giro di poche ore, il 21enne dovrà rispondere anche dei reati di evasione e resistenza a pubblico ufficiale. In attesa dell’udienza in Tribunale, resterà in camera di sicurezza.