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Cronache

Ruby, la procura di Milano ha le idee chiare sul caso della modella Fadil: “O l’hanno avvelenata o è stata una malattia rara”

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A quasi tre settimane dalla sua morte non c’e’ ancora un’ipotesi in grado di dare una direzione precisa alle indagini sul caso di Imane Fadil, tra le testimoni chiave del caso Ruby, deceduta lo scorso primo marzo dopo un mese di sofferenze all’Humanitas di Rozzano, nel Milanese. Mentre al quarto piano del Palazzo di Giustizia il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano per quasi tutto il giorno e’ rimasta chiusa nel suo ufficio con i pm Antonia Pavan e Luca Gaglio, un piano piu’ sotto e’ andato in scena uno dei molti filoni del processo in cui Silvio Berlusconi e’ imputato per aver comprato il silenzio delle sue ospiti alle serate di Arcore e nel quale la modella marocchina, sulla stessa linea di Ambra Battilana e Chiara Danese, aveva chiesto di entrare come parte civile, dopo aver raccontato nelle indagini quel che aveva visto in quelle cene che di elegante avevano ben poco. Proprio al termine di un’udienza ‘lampo’ l’avvocato dell’ex premier, Federico Cecconi, ha tenuto a precisare che “dal punto di vista tecnico-processuale la morte” della 34enne “nuoce alla difesa di Berlusconi, perche’ le sue dichiarazioni entrano nel processo direttamente e cosi’ noi non possiamo procedere con il controesame”. Tecnicismi a parte, pero’, il legale ha anche aggiunto: “Quando muore una persona la massima forma di dolore non e’ un’espressione retorica”.

Sul fronte dell’inchiesta sul giallo della morte, come vanno ripetendo i pm, e’ necessario che l’autopsia, attesa per i prossimi giorni, sciolga alcuni nodi, come quello, di cui al momento esiste solo una conferma parziale in base alle analisi di un laboratorio milanese, sulla presenza di sostanze radioattive. Punto questo su cui c’e’ il riserbo degli inquirenti, ma che ha costretto a prevedere una serie di cautele per proteggere i medici che effettueranno l’esame autoptico, preceduto prima da qualche carotaggio (potrebbero iniziare tra domani e dopodomani) di alcuni organi interni, che avverra’ anche con il supporto di una squadra speciale dei vigili del fuoco. Stamani, comunque, i pm ci hanno tenuto a dire che le ipotesi di morte naturale, ovvero per una malattia rara, o di un avvelenamento “hanno pari dignita’” e sono sullo stesso piano. Anche se “il sospetto di avvelenamento e’ indiscutibile”. Non solo in quanto Imane lo aveva riferito al fratello Tarek e ad un amico almeno tre settimane prima di morire, ma anche perche’ “siamo di fronte ad una morte – e’ stato precisato – che non ha una risposta clinica e quindi dobbiamo tenere questa finestra aperta”. Il fratello ora, come ha spiegato Paolo Sevesi, il legale della 34enne che ha incontrato anche oggi i pm per fornire informazioni utili, “e’ spaventatissimo soprattutto per il clamore mediatico della vicenda”. L’avvocato ha raccontato che nell’ultimo periodo Fadil lavorava in modo saltuario come hostess nelle fiere, anche se tutta la sua concentrazione era sul processo Ruby ter. Un amico della ragazza, intervistato dal Tg1, ha spiegato che i medici le chiesero se aveva “il timore” che qualcuno le avesse “fatto del male” e “lei rispose si'”. In questo quadro, il Codacons ha comunicato di volersi costituire “parte offesa nell’inchiesta” sui “possibili risvolti che la vicenda potrebbe avere sulla sicurezza dei cittadini e sull’ambiente”.

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Neonati morti, la difesa di Chiara fa ricorso in Cassazione

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Il difensore di Chiara Petrolini, avvocato Nicola Tria, ha depositato il ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del Riesame di Bologna che il 17 ottobre ha disposto la custodia cautelare in carcere per la 21enne di Traversetolo, con ordinanza depositata il 30 novembre. La giovane è accusata da Procura e carabinieri di Parma di omicidio e soppressione di cadavere in relazione al ritrovamento dei corpi di due neonati, da lei partoriti a poco più di un anno di distanza, maggio 2023 e agosto 2024, al termine di gravidanze di cui nessuno aveva saputo nulla, né familiari né fidanzato. Il Gip del tribunale di Parma il 20 settembre aveva applicato gli arresti domiciliari, la Procura aveva fatto appello e quindi si è pronunciato il Riesame, segnalando il rischio di reiterazione e l’insufficienza della custodia cautelare a casa coi genitori, ma l’esecuzione della misura in carcere rimane sospesa fino alla pronuncia della Cassazione.

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Turismo nel mirino delle mafie, giro affari 3,3 miliardi

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Eventi internazionali come il Giubileo 2025 e le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Ma anche più semplicemente un periodo di difficoltà o dei debiti da saldare. O al contrario una nuova apertura e un inizio promettente. Sono queste le cose grandi e piccole che fanno gola alle mafie e amplificano il rischio di infiltrazioni in un settore vitale, ramificato e dal grande indotto come quello del turismo. Emerge da uno studio realizzato da Demoskopika  che quantifica in 3,3 miliardi di euro, il giro d’affari della criminalità organizzata italiana derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico del Belpaese di cui quasi 1,5 miliardi concentrato nelle realtà del Nord.

Assoluto primato della ‘ndrangheta con un giro d’affari di 1 miliardo 650 milioni (50% degli introiti totali), poi camorra a 950 milioni (28,8%), mafia a 400 milioni (12,1%) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 300 milioni di euro (9,1%). Secondo Demoskopika che utilizzato una serie di dati rilevati da alcune fonti ufficiali o autorevoli: Unioncamere, Direzione Investigativa Antimafia, Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Banca d’Italia si tratta di un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio che metterebbe a rischio quasi 7mila imprese attive pari al 14,2% su un totale di oltre 48mila realtà a “rischio default”, maggiormente fiaccate da crisi di liquidità e indebitamento e, dunque, più vulnerabili al “welfare criminale” delle mafie che dispongono, al contrario, di ingenti risorse finanziarie pronte per essere “ripulite”.

Ben 307, inoltre, gli alberghi e i ristoranti confiscati ad oggi, di cui quasi il 60% nei territori tradizionalmente caratterizzati da un maggiore radicamento della criminalità organizzata. Osservando il livello territoriale emerge che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 33,6% degli introiti criminali, pari a 1 miliardo 108 milioni di euro. A seguire il Nord Ovest con 927 milioni di euro (28,1%), il Centro con 715 milioni di euro (21,7%) e il Nord Est con 550 milioni di euro (16,7%). Sono 9 i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico, dove si concentra quasi ben il 75% del giro d’affari dei proventi illegali: Campania (380 milioni di euro), Lombardia (560 milioni di euro), Lazio (430 milioni di euro), Puglia (200 milioni di euro), Sicilia (190 milioni di euro). E, ancora, Liguria (90 milioni di euro), Emilia Romagna (230 milioni di euro), Piemonte (260 milioni di euro) e, infine, Calabria (125 milioni di euro).

A pesare sul primato negativo della Campania, che ha totalizzato il massimo del punteggio (122,0 punti), i 67 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 21,8% sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti, le quasi 2mila richieste di avvio di istruttorie antimafia connesse al Pnrr, i 155 provvedimenti interdittivi antimafia emessi dagli Uffici Territoriali del Governo, nell’intero anno 2023, a seguito degli approfondimenti svolti dalle articolazioni della Dia e, infine, le quasi 16mila operazioni finanziarie sospette comprendenti anche le SOS a rischio criminalità organizzata. “Il turismo italiano – spiega il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – è sotto attacco. Oltre 7mila aziende vulnerabili rischiano di diventare ghiotta preda dei sodalizi criminali, con la ‘ndrangheta, Cosa Nostra, camorra, criminalità pugliese e lucana che si infiltrano nei settori dell’ospitalità, dalla ricettività alberghiera alla ristorazione passando per l’intermediazione. Debiti erariali, prestanome legati ai clan e una fragilità imprenditoriale sempre più diffusa creano le condizioni ideali per un controllo mafioso”

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Suicida a 21 anni, la procura di Torino indaga sulla sua morte: sedici persone indagate

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È giallo a Torino sulla morte di una donna di 21 anni, di origini albanesi, trovata senza vita nel marzo del 2021 in un alloggio alla periferia della città. La storia della ragazza, Sonila il suo nome, sfruttata da un gruppo anch’esso albanese che gestiva un giro di prostituzione nel capoluogo piemontese, è emersa dopo l’operazione della squadra mobile di Torino, denominata Mariposa, che la scorsa settimana ha portato a cinque misure cautelari per reati che vanno dalla rapina al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sedici le persone indagate.

Per la procura di Torino, come riportato dal quotidiano La Stampa, la ragazza potrebbe essere stata indotta al suicidio. Le indagini sono coordinate dalla pm Valentina Sellaroli. L’operazione che ha portato allo smantellamento della rete ha avuto origine nel maggio 2022 da una rapina ai danni di una prostituta albanese. Le indagini hanno rivelato un sistema criminale che coinvolgeva giovani donne costrette a prostituirsi in zone specifiche della città come Barriera Nizza e Madonna di Campagna. Le vittime, tutte di nazionalità albanese, secondo quanto ricostruito, subivano continue vessazioni fisiche e psicologiche. Le donne erano obbligate a consegnare l’intero guadagno ai propri sfruttatori e versavano in condizioni di totale assoggettamento, mantenuto anche attraverso legami sentimentali manipolatori. Tra di queste c’era Sonila, trovata morta nel bagno di un piccolo alloggio in cui viveva con il compagno – oggi tra gli indagati – e il suo bimbo di due anni.

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