Collegati con noi

Cronache

Il nuovo volto degli uomini del malaffare che fingono di inneggiare a Legalità e Giustizia, mentre chi li combatte resta solo

Pubblicato

del

Le mafie più del covid19 si evolvono e si diffondono, e proprio come ogni virus si adattano all’ospite. Così alla lupara, al fucile a pallettoni, al tritolo ed ai kalashnikov si sono affiancate le nuove armi mutuate da una distorta matrice di legalità come voti comprati, conti correnti occulti ed acrobatiche fusioni societarie e finanziarie, che riescono a confondere in parte quell’ipotetica linea che prima divideva nitidamente due mondi allora diversi, che ora lottano tra di loro in una spirale buia dove appare sempre più difficile distinguere tra chi sia l’ospite e chi l’agente infettante.

Così se lo Stato si infiltra tra le mafie per combatterle, le mafie si infiltrano tra le maglie dello Stato per divorarlo, piazzando lì cellule cancerogene pronte ad intervenire al momento giusto non solo con i soliti metodi, ma anche producendo disinformazione oppure assurda burocrazia capace di far danni irreparabili. Cosa si sia mosso dietro la scarcerazione dal 41Bis causa rischio pandemico è ancora sostanzialmente un mistero che aleggia alle spalle del ministro Bonafade ed appare quantomeno inquietante che l’apice amministrativo della giustizia italiana abbia da sempre scaricato su altri ogni responsabilità diretta, ribattezzandosi assolutamente “estraneo ai fatti”, infine salvato dalla sfiducia parlamentare solo grazie ad un’altra brutta pagina di politica della nostra democrazia, questa volta scritta da Matteo Renzi, capace di far rimpiangere persino i giochetti mastelliani dei  tempi andati dell’Udeur. La preoccupazione era e resta tanta, perché proprio nella diretta di “Juorno” di qualche settimana fa, Aldo Di Giacomo (Segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria) ha avuto la “follia” di esternare una verità che in tanti conoscono ma nessuno vuole pronunciare, ossia che nelle nostre carceri “comanda” la malavita organizzata e presumibilmente, dietro la circolare di Basentini che ha scarcerato centinaia  tra i più pericolosi boss e malavitosi del nostro saccheggiato paese, ci sarebbe stata addirittura una “manina” di un burocrate che avrebbe agito senza avvisarlo. Con tutta la serie di cupe considerazioni che questo può comportare. Nessuno ancora smentisce mentre il dott. Catello Maresca continua la sua battaglia in un clima surreale.

Che sia stato un tentativo di indulto o di mascherata amnistia che i nostri parlamentari non avevano il coraggio di votare per svuotare le carceri affollate, che sia stata una rivolta ben riuscita voluta dai boss incredibilmente sincronizzati tra gli istituti penitenziari che sulla carta non avrebbero avuto alcuna possibilità di comunicare, che sia stata un’azione ordita tra “collaborazionisti interni”,  che sia stata peggio ancora un’altra trattativa occulta tra Stato e malavita, lo sapremo sicuramente quando sarà troppo tardi, in modo da garantire anche il minimo clamore mediatico, così come spesso accade nel nostro Paese e così come accaduto nel caso di Andreotti, assolto solo per prescrizione dal reato di collusione con la Mafia ma, come scritto nella sentenza della Cassazione “… ha avuto piena consapevolezza che i suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni famosi boss mafiosi…ha coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss…ha chiesto loro favori, li ha incontrati, ha interagito con essi…ha indotto i boss a fidarsi di lui, e a parlargli anche di fatti gravissimi come l’assassinio del presidente dalla Regione Mattarella, nella sicura consapevolezza di non essere denunciati” (cit. : “La Mafia e Buona” del PM dott. Maresca e  Paolo Chiarello, pagina 14). 

Passato il rischio pandemico i boss dovrebbero ora ritornare in cella, ma cosa sia accaduto in questo periodo è dato solo immaginarlo, perché se dal carcere e sotto sorveglianza sono riusciti ad organizzare e dirigere i loro clan, figuriamoci in questo “congedo” cosa hanno potuto ordire.

Intanto a pagare ci sono sempre loro, le vittime della malavita e persino gli stessi Magistrati e le Forze dell’Ordine, lasciati a combattere da soli finanche contro la cattiva amministrazione della Giustizia.

Intanto la bonifica della Terra dei fuochi viene attratta sempre più nell’orbita di influenza dei clan che continuano a monopolizzare l’intero indotto della monnezza, mentre in tempo di CAMORRAVIRUS non si sono fatti mancare, come già emerge dalle prime inchieste, i profitti del business della sanificazione e della disinfestazione. Peggio del Covid19 resta sempre questo maledetto virus sociale che muta e sfugge con tanta abilità che non pare conosce cura efficace.

E muore Giovanni Falcone e muore Paolo Borsellino, e continuano a morire o vengono  isolati i servitori di questo stravolto ordinamento che consente l’assurdo. Ed oggi chi continua a fare affari con la malavita o viene eletto con i voti comprati dalle mafie non risparmia, ad ogni data commemorativa, persino pensieri e sermoni inneggianti alla Legalità e alla Giustizia: al danno la beffa.

Mai come oggi la vera partita contro l’organizzazione del male si gioca nella zona grigia, sempre più ampia, dove i diritti sono stati mutati in pretese ad personam mentre i doveri vengono degradati a facoltà oppure obblighi da affibbiare agli altri, e la convivenza con mafia, camorra, ndrangheta  e sacra corona unita passa ora per le nuove commesse della sanità (che adesso tutti vogliono rilanciare e potenziare in tempi fulminei e con affidamenti diretti), doni alimentari, prestiti al consumo, rinnovate promesse di lavoro e mercanzia di voti per favorire degli amici degli amici, questi moderni lombrichi geneticamente modificati dal profitto a tutti i costi che rendono fertile il terreno dell’illegalità e desertificano tutto il resto.

Advertisement

Cronache

Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

Pubblicato

del

Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

Continua a leggere

Cronache

Comune revoca cittadinanza al duce, la dà a Matteotti

Pubblicato

del

Revocata la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, conferita invece a Giacomo Matteotti, il politico socialista ucciso dai fascisti il 10 giugno 1924. Alla vigilia del 25 aprile, il Comune di San Clemente, in provincia di Rimini, ha preso queste due decisioni simboliche, approvate all’unanimità dal consiglio comunale nel tardo pomeriggio. Anche Ozzano dell’Emilia, in provincia di Bologna, proprio ieri ha revocato la cittadinanza al duce. E così hanno chiesto di fare i gruppi consiliari di centrosinistra ad Isernia, dove era stata concessa a Mussolini il 20 maggio 1924. “Revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini significa prendersi la responsabilità di giudicare con determinazione e piena maturità un passato costellato da atrocità, economia inesistente, azzeramento, in modo scientifico, quasi chirurgico, del pensiero critico”, ha detto la sindaca di San Clemente, Mirna Cecchini, nel suo discorso.

“In un’epoca in cui il coraggio delle proprie azioni e l’intransigenza verso le bestialità sembrano venir meno, l’esempio di Matteotti è pronto a ricordarci che la democrazia e la libertà non sono beni scontati e facilmente ottenibili. Bensì l’epilogo di faticose conquiste personali e collettive, la spina dorsale dei popoli capaci di rialzare la testa; traguardi che richiedono responsabilità, vigilanza continua e partecipazione convinta”, ha aggiunto, motivando il conferimento della cittadinanza post mortem. A Ozzano la cittadinanza a Mussolini fu concessa il 18 maggio 1924, “in un periodo e contesto storico totalmente diverso da quello attuale, quando tantissimi Comuni furono in un certo senso sollecitati a rendergli omaggio attraverso un atto simbolico e politico – ha spiegato il sindaco, Luca Lelli – A chiederne la revoca è stata l’Anpi locale e come Amministrazione non abbiamo esitato a rispondere all’appello, e a procedere con il ritiro attraverso un atto del Consiglio comunale. La revoca è avvenuta a ridosso del 25 aprile perché abbiamo voluto dare anche un segnale forte, puntando l’attenzione sull’impegno che da sempre abbiamo nel promuovere una società basata sui valori di democrazia e libertà”.

A Isernia il capogruppo del Pd, Stefano Di Lollo, ha spiegato che “la cittadinanza onoraria, attribuita all’epoca come atto di adesione ideologica al regime fascista nascente, è oggi ritenuta incompatibile con i valori della Costituzione repubblicana e con il sentimento democratico che deve appartenere a uno Stato civile. Benito Mussolini è stato il principale responsabile dell’instaurazione della dittatura fascista, delle persecuzioni razziali e politiche, e dell’alleanza con il nazismo, che ha condotto l’Italia in una delle fasi più oscure della sua storia. Restituire alla storia il suo giusto significato è fondamentale per costruire un presente consapevole e un futuro libero”.

Continua a leggere

Cronache

Becciu: Papa Francesco aveva la soluzione, non possono escludermi

Pubblicato

del

Il cardinale Angelo Becciu conferma di ritenere che lo si debba ammettere al Conclave. Il porporato sardo, ex sostituto della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei santi – che in una drammatica udienza del 24 settembre 2020 papa Francesco privò della carica in Curia e dei diritti del cardinalato -, afferma in una conversazione con la Reuters che il suo ruolo è cambiato da quella sera di oltre quattro anni e mezzo fa, quando il Pontefice lo degradò perché si sentiva tradito nella sua fiducia. Oltre a confermare quanto già dichiarato all’Unione Sarda – che le sue prerogative sono “intatte, che non c’è stata “alcuna esplicita volontà” di escluderlo dal Conclave e che non gli è mai stato chiesto di rinunciare al privilegio per iscritto -, Becciu aggiunge che papa Bergoglio sarebbe stato vicino a prendere una decisione sul suo status.

Dice infatti di aver incontrato il Pontefice a gennaio, prima del ricovero al Gemelli a febbraio, e cita le sue parole: “Penso di aver trovato una soluzione”, gli avrebbe detto Francesco. Becciu dichiara inoltre di non sapere se il Papa gli abbia lasciato istruzioni scritte su questo aspetto. “Saranno i miei confratelli cardinali a decidere”, conclude in attesa della discussione nelle congregazioni pre-Conclave del Sacro Collegio, già iniziate e a cui lui stesso è invitato.

La questione-Becciu, che rischia di condizionare gravemente il prossimo Conclave e anche il dopo, si complica quindi sempre di più. Tra l’altro nel prossimo autunno – prima udienza il 22 settembre – si aprirà il processo d’appello sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita del Palazzo di Londra, per le quali Becciu ha sempre proclamato la sua innocenza ma è stato in primo grado condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di peculato e truffa aggravata ai danni della Santa Sede. Intanto, spuntano due lettere scritte dal Papa che sancirebbero l’esclusione di Becciu dal voto per il nuovo Pontefice. Ne scrive il quotidiano Domani riportando che il cardinale Pietro Parolin, già segretario di Stato, avrebbe mostrato ieri sera a Becciu due lettere dattiloscritte e siglate dal Pontefice con la F che lo escluderebbero dall’ingresso in Sistina: una del 2023 e l’altra dello scorso mese di marzo, quando Francesco affrontava l’ultima, gravissima malattia.

Il porporato sardo avrebbe preso atto, ma al momento non risulta abbia rinunciato al suo proposito. Sempre secondo ricostruzioni su Domani dell’ex direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, il cardinale decano Giovanni Battista Re, che domani celebrerà i funerali di Francesco, avrebbe detto a Becciu di essere favorevole al suo ingresso in Conclave, non avendo disposizioni contrarie scritte dal Pontefice scomparso. Nel riferire ciò al cardinale camerlengo Kevin Joseph Farrell, però, quest’ultimo avrebbe comunicato a Re la volontà di papa Bergoglio, espressagli tempo fa soltanto a voce, che Becciu fosse tenuto fuori. Da indiscrezioni che trapelano dalle prime congregazioni generali, poi, per sbrogliare il caso-Becciu che sta diventando un vero e proprio ‘giallo’, potrebbe essere costituita una commissione, composta da cinque cardinali tra cui lo stesso porporato sardo.

Questa, secondo il Fatto Quotidiano, la proposta avanzata dal cardinale Claudio Gugerotti, già prefetto per le Cause orientali e considerato molto vicino al card. Parolin. Gugerotti, dal canto suo, avrebbe espresso un parere contrario all’ingresso di Becciu in Sistina. Lo stesso avrebbe fatto un altro fedelissimo di Bergoglio, il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski. Su tutta la questione non ci sono commenti da fonte ufficiale. Alle domande dei giornalisti il portavoce vaticano Matteo Bruni continua a ripetere che “per ora parliamo dei funerali del Papa. Del Conclave si parlerà poi”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto