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Cronache

Il dolore di Milano per l’addio a Carla Fracci

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“Con l’arte della danza, ha dimostrato come il corpo puo’ trasmettere messaggi di amore”. Sono le parole che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha voluto sottolineare nel suo messaggio ai funerali della e’toile della Scala Carla Fracci, morta venerdi’ a 84 anni, celebrati nel pomeriggio in una giornata di lutto cittadino per Milano. Parole ripetute anche nell’omelia di mons. Gianni Zappa. “La danza dell’animo ha generato in lei capacita’ di esprimere la bellezza della vita e l’eleganza del linguaggio del corpo – ha detto – diventa un invito a ingentilire gli animi nostri a non cedere a superficialita’ e apparenze”. Ma l’appello piu’ accorato e’ arrivato dal marito Beppe Menegatti, circondato dall’affetto del figlio Francesco e dei nipoti, che prima e dopo le esequie, si e’ lasciato abbracciare, circondare, dall’affetto di tutti.

“La danza e’ piu’ viva che mai, ma bisogna amarla, custodirla rispettarla – ha ripetuto – Perche’ e’ una di quelle arti che salvera’ il mondo”. Lascia una eredita’ leggera come la sua danza sulle punte, Carla Fracci, che oggi e’ uscita di scena, con l’eleganza, l’affetto, l’amore, il rigore e l’umilta’, che l’hanno resa uno dei personaggi piu’ amati degli ultimi decenni. Al suo funerale, nella parrocchia di San Marco, zona Brera, non molto distante dalla sua abitazione, e’ arrivato anche il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che dopo aver rivolto le condoglianze ai familiari, si e’ seduto in prima fila insieme al sindaco Giuseppe Sala, con la fascia tricolore. “Ho assistito a tanti funerali in questi 5 anni, ma non ho ma visto una unione cosi’ della citta’, la comunita’ stringersi cosi’ – aveva detto poco prima Sala, che ha proposto di dedicare a Carla Fracci, figlia di un tranviere, un tram completamente bianco e ha parlato della possibilita’ di un posto per lei al Famedio. E tanti infatti i milanesi, che si sono radunati davanti al sagrato chiuso dalle transenne per salutare con un applauso il feretro ricoperto da fiori bianchi. La maggior parte e’ dovuta rimanere fuori. I posti, contingentati per le misure anticovid, sono stati riservati, oltre che ai familiari e alle autorita’, alle maestranze della Scala, ai compagni di lavoro, vecchi e nuovi di Carla Fracci, da Pino Vescovo, primo ballerino della Scala negli anni ’70, a Roberto Bolle, da Luciana Savignano alle attuali e’toile Nicoletta Manni e Martina Arduino. “La danza va rispettata come rispettavamo la signora Fracci – ha detto Eleonora Abbagnato, talento scoperto proprio dalla danzatrice milanese, ora direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma – In questo momento difficile gli artisti sono stati un po’ dimenticati ma lei ha sempre difeso la nostra arte, sembra quasi impossibile che sia andata via, era unica e quando entrava lei c’era un silenzio infinito, faceva vibrare tutti noi”.

Commosso il sovrintendente della Scala Alessandro Meyer, che ha annunciato che il teatro ha intenzione di fare qualcosa ‘di molto bello e importante’ per Carla Fracci. Presenti anche l’attore Ferruccio Soleri, storico Arlecchino, e la regista teatrale Andre Ruth Shammah. Numerose le corone di fiori. Oltre quelle inviate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dalla presidenza del Consiglio, hanno mandato un loro omaggio anche Agnese Landini e Matteo Renzi, Giorgio Armani, Lavinia Biagiotti Cigna, l’associazione Maria Antonietta Berlusconi, i ballerini di Roma 2000/2010 con la scritta ‘grazie di averci guidato’. Il rito e’ cominciato e finito sulle note di Verdi. Il ricordo e’ stato affidato all’amico scrittore Paolo Maria Noseda. Mentre Giovanni Nuti ha letto un brano di padre Alberto Maggi: “quando volete ricordarmi per favore non dite mai ‘la povera Carla’, ma ‘beata Carla’. E ora regalatemi il vostro sorriso e ricordatemi con il mio”. “Sei stata spesso fraintesa come capita a coloro che non hanno filtri nel difendere cio’ che considerano sacro ma infine – ha concluso Noseda – hai sempre vinto tu”.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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