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Politica

Il cosiddetto caso Fedez e la replica di Franco Di Mare: manipolazioni e frasi infamanti dal rapper

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La verifica delle responsabilità, il ruolo dei sindacati da sempre committenti del concertone del Primo Maggio, la gestione editoriale degli eventi esterni: a Viale Mazzini non si parla d’altro, a 48 ore dal monologo dirompente di Fedez sul palco dell’Auditorium, con un’antologia di prese di posizioni omofobe della Lega, e soprattutto del suo j’accuse in video contro il ‘sistema’ e la tentata censura da parte della Rai. Dichiarazioni “gravi e infamanti parimenti a quanto sono infondate”, reagisce il direttore di Rai3 Franco Di Mare, che mercoledi’ fara’ chiarezza in commissione di Vigilanza, ma che intanto punta il dito contro le “gravi omissioni” della versione, pubblicata dall’artista sui suoi social, della telefonata con gli organizzatori del concerto e con la vicedirettrice Ilaria Capitani, sulla graticola in queste ore per la gestione della ‘crisi’. I tagli, scrive Di Mare su Facebook, “alterano oggettivamente il senso di quanto detto dalla vicedirettrice che nel colloquio esclude fermamente, ben due volte, ogni intenzione censoria e che alla domanda esplicita dell’artista se puo’ esprimere considerazioni che lei reputa inopportune ma lui opportune lei risponde con un netto ‘assolutamente’. Ma di questo nella versione di Fedez non c’e’ traccia alcuna”. A far riferimento, nella conversazione, al ‘sistema’ al quale il rapper avrebbe dovuto adeguarsi, e’ Massimo Cinque, capoprogetto per la iCompany di Massimo Bonelli che ha organizzato il concertone, a sua volta scelta – come da contratto e da prassi – da Cgil, Cisl e Uil. Quel ‘sistema’ accostato alla Rai e’ “un’aberrazione”, e’ la convinzione dell’amministratore delegato Fabrizio Salini, che si e’ scusato per l’uso inappropriato del termine ma insieme ha respinto ogni strumentalizzazione e ha avviato le verifiche del caso con gli organizzatori del concerto, anche per capire “se esistano delle responsabilita’ aziendali”. Esclusa – a quanto si apprende – l’ipotesi di una causa contro Fedez, la questione e’ destinata a rimbalzare anche sul tavolo del cda del 13 maggio, dopo le richieste di chiarimenti avanzate in particolare dai consiglieri Rita Borioni e Riccardo Lagana’. Proprio il nodo della gestione editoriale degli eventi prodotti da esterni sara’ posto dal presidente della Vigilanza, Alberto Barachini, nell’audizione del direttore di Rai3. Mentre la Lega passa al contrattacco e chiede, con il capogruppo nella bicamerale Massimiliano Capitanio, il contratto con gli organizzatori, per “verificare che non ci sia un danno nei confronti della Rai per l’utilizzo di marchi privati da parte degli artisti nel corso del concerto” e “valutare la congruita’ della spesa da parte della tv pubblica anche in rapporto a quanto speso dai sindacati” – 600 mila euro secondo Capitanio – senza escludere l’ipotesi di un “esposto alla Corte dei Conti”. Fedez torna su Instagram e ribatte alle accuse una per una: ai politici, in particolare “agli amici leghisti”, ricorda di essere un rapper che pero’ ha raccolto 4 milioni per i lavoratori dello spettacolo, e li sfida a devolvere “il 2 per mille degli introiti di partito”; a chi gli rammenta frasi omofobe del passato, riconosce di aver sbagliato, “ma poi sono cambiato, sono cresciuto, ho capito”. “Tornate ad occuparvi di un paese in ginocchio, visto che non mi pare riusciate a fare piu’ cose contemporaneamente”, conclude. “Tranquilli che nel mio piccolo cerchero’ di dare una mano come posso, come ho cercato di fare con mia moglie in questo anno e mezzo di merda. Senza mai dover rendere conto a voi ovviamente”. Tacciono, invece, dalla iCompany, ne’ si fanno sentire i segretari confederali. Ma intanto il danno di immagine per la Rai e’ innegabile: solo sul profilo Instagram di Fedez il video della telefonata e’ a un soffio dai 15 milioni di visualizzazioni, su Twitter ha ampiamente superato i 2 milioni. Un’onda d’urto che travolge anche la politica: mentre cresce il pressing dei partiti sul premier Mario Draghi perche’ metta mano al dossier delle nomine Rai, in vista del rinnovo del vertice in scadenza, il presidente della Camera, Roberto Fico, invita il Parlamento ad avviare finalmente la discussione sulla riforma della governance e ancora una volta la politica a fare “un passo indietro”. La proposta del Pd e’ pronta, “gia’ depositata a novembre”, ricorda Valeria Fedeli. Intanto, dopo aver fatto il giro dei media stranieri, dalla Bbc al Guardian, il caso Fedez approda anche a Strasburgo, con un’interrogazione dell’eurodeputato M5S Dino Giarrusso sul “diritto alla liberta’ di espressione artistica”.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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