La vicenda che ha coinvolto Jannik Sinner con la WADA evidenzia le contraddizioni del sistema antidoping: il numero uno italiano sconta una punizione che dal 2027 non sarebbe nemmeno prevista.
Tre mesi di stop, tra allenamenti e polemiche
Dal 9 febbraio al 4 maggio, Jannik Sinner resterà lontano dai campi da gioco. Tre mesi di sospensione per la vicenda legata al Clostebol, una punizione che l’atleta sta accettando con grande professionalità, ma che lascia molte perplessità nel mondo dello sport.
Mentre si prepara con un programma atletico mirato a Montecarlo, il suo staff sottolinea come questa pausa forzata possa diventare un’occasione per migliorare ulteriormente la preparazione fisica. “Faremo una preparazione quasi da atletica leggera”, ha spiegato il suo preparatore Marco Panichi.
Ma il vero paradosso di questa vicenda sta nella gestione della sanzione da parte della WADA e nelle incongruenze di un sistema che, nel 2027, non avrebbe nemmeno punito Sinner.
La strategia della WADA: un patteggiamento per evitare il peggio
La WADA, che inizialmente aveva chiesto una squalifica da uno a due anni, ha cercato un accordo con i legali di Sinner per trovare una soluzione intermedia. “Ci siamo resi conto che 12 mesi non sarebbero stati appropriati per un caso così particolare”, ha spiegato il portavoce James Fitzgerald.
Il compromesso ha permesso a Sinner di ottenere una sospensione ridotta a tre mesi, con il riconoscimento della sua non intenzionalità nell’assunzione della sostanza vietata. Tuttavia, il caso ha lasciato un’ombra sulla carriera dell’azzurro, che dovrà portarsi dietro il marchio della squalifica, con il rischio che una futura positività possa portare a una pena raddoppiata.
Chi sono i veri responsabili?
A finire sotto accusa sono stati i due membri dello staff di Sinner, Umberto Ferrara e Giacomo Naldi, coinvolti nel trasporto e nell’uso del Clostebol all’interno della villa condivisa durante il torneo di Indian Wells.
La NADO Italia, l’agenzia antidoping nazionale, ha valutato la loro posizione, decidendo di non avviare procedimentiperché mancava l’elemento di intenzionalità. Secondo il regolamento WADA, infatti, la violazione si configura solo se l’uso della sostanza è consapevole o se c’è un rischio evidente ignorato dal personale coinvolto.
Ferrara aveva avvertito Naldi dei possibili rischi, ma il fisioterapista non ricordava la conversazione. Un cortocircuito comunicativo che è costato tre mesi di stop a Sinner.
Un codice antidoping pieno di contraddizioni
L’aspetto più paradossale è che, a partire dal 2027, il Codice WADA sarà modificato: per casi come quello di Sinner, la sanzione minima sarà una semplice reprimenda e la sospensione sarà eliminata.
Se lo stesso episodio fosse accaduto tra due anni, il tennista non sarebbe mai stato squalificato. Oggi, invece, deve fermarsi e vedere la propria reputazione macchiata per sempre. “Il sistema funziona bene”, ha dichiarato con soddisfazione Fitzgerald. Ma la realtà dice il contrario.
Sinner paga per un regolamento che presto cambierà, lasciando aperta una domanda: se la regola attuale è ingiusta, perché applicarla?