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Identificati e arrestati dai Carabinieri del Ros i carcerieri dello Stato Islamico (Isis) che in Siria rapirono il cooperante italiano Federico Motka e altri occidentali poi giustiziati

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Un lavoro lungo e difficile. Fatto di indagini certosine in collaborazione con polizie e organismi inquirenti di altri Stati. Una inchiesta frutto anche di una eccellente cooperazione internazionale. I Carabinieri del R.O.S (Raggruppamento operativo speciale) ne hanno tratto i primi frutti eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Roma su richiesta del ‘Gruppo antiterrorismo’ della  Procura Distrettuale capitolina, nei confronti di alcuni appartenenti all’organizzazione terroristica Stato Islamico (IS). Si tratta di personaggi  gravemente indiziati dei reati di associazione con finalità di terrorismo internazionale e sequestro di persona a scopo di terrorismo. Le indagini hanno consentito di individuare il gruppo criminale autore del sequestro dell’italiano Federico Motka, rapito in Siria nel marzo 2013 e rimasto nelle mani dei terroristi del sedicente Stato Islamico (Daesh) per ben 14 mesi. Grazie anche alla cooperazione giudiziaria e di polizia attivata tra i Paesi europei interessati, è stato possibile ricostruire le varie fasi del sequestro e identificare buona parte dei componenti del gruppo terroristico che sequestrò Federico Motka.

Sono stati così arrestati o si sono visti notificare in cella l’ordinanza di custodia cautelare alcuni presunti appartenenti all’Isis accusati del sequestro  Motka. L’italiano fu  rapito in Siria il 12 marzo 2013. Rimase nelle mani dei terroristi dello Stato Islamico sino al 27 maggio 2014. Federico Motka, unitamente al cittadino britannico Haines Cawthorne David, entrambi dipendenti dell’Ong francese ACTED , furono sequestrati nei pressi del campo profughi di Atmeh, in Siria, non distante dal confine con la Turchia, mentre, a bordo di un veicolo dell’organizzazione non governativa (condotto da un dipendente locale di ACTED, loro interprete) si dirigeva presso la sede di quest’ultima, ubicata in una guest-house di Atmeh, provenienti da una località a sud-est di Aleppo, all’epoca città martire della Siria, diventata un catino di sangue per i combattimenti tra Isis ed esercito regolare con migliaia di civili uccisi.

Motka, giunto in Siria l’8 marzo 2013, fu preso intorno alle 17 del 12 marzo 2013 da un gruppo di jihadisti, armati di fucili mitragliatori, i quali, dopo aver bloccato il mezzo su cui viaggiavano Federico Motka ed il Haines, li  caricarono nel bagagliaio di un fuoristrada, trasportandoli presso il primo dei luoghi di detenzione, ubicato a circa due ore di viaggio dalla località del rapimento. Nel corso della lunga prigionia, Federico Motka (ha poi raccontato agli inquirenti dopo la liberazione) incontrò numerosi ostaggi provenienti da svariati Paesi europei ed extracomunitari, condividendo periodi di detenzione con alcuni rapiti assurti tragicamente agli onori della cronaca, come i giornalisti statunitensi Foley James Wright e Sotloff Steven Joel, trucidati nel corso di barbare esecuzioni pubblicate da Stato Islamico e diffuse sui media internazionali, nonché il fotografo e corrispondente di guerra britannico Cantlie John, noto per essere stato costretto a svolgere il ruolo di reporter dello Stato Islamico, tutt’ora irreperibile. Sulla sua sorte circolano tante storie. Possibile anche sia stato ucciso o sia morto in guerra. DI certo non è mai stato trovato il suo corpo. Haines David , rapito insieme al Motka, venne decapitato a settembre 2014 da Mohamed Emwazi. I 14 mesi di detenzione, durante i quali tutti gli ostaggi sono stati sottoposti ad un regime detentivo durissimo con episodi di crudeltà disumana, sono stati scanditi da 11 trasferimenti in altrettanti luoghi di prigionia distribuiti nella parte settentrionale della Siria all’epoca sotto il progressivo controllo dello Stato Islamico.

Le indagini hanno consentito la completa ricostruzione delle fasi del sequestro e l’identificazione di molti carcerieri, anche attraverso una estesissima cooperazione giudiziaria e di polizia attivata tra i Paesi europei interessati, il tutto arricchito dal contributo dall’Intelligence italiana. Il provvedimento è stato emesso nei confronti di Davis Aine Leslie (nome di battaglia – n.d.b. – Abu Saleh), nato nel Regno Unito nel 1984; Kotey Alexanda Amon (n.d.b. Abu Seed), nato nel Regno Unito nel 1983; Elsheikh El Shafee (n.d.b. Abu Aisha), nato in Sudan nel 1988, cresciuto nel Regno Unito; Mehdi Nemmouche (n.d.b. Abu Omar), nato in Francia nel 1985, detenuto in Belgio; Soufiane Alilou (n.d.b. Abu Jihad), nato in Belgio nel 1993, detenuto in Belgio; Salim Benghalem (n.d.b. Abu Mohamed), nato in Francia nel 1980; di costui si sono perse le tracce mesi addietro ed è verosimile che egli abbia trovato la morte in quel Paese nel corso delle operazioni belliche. In particolare nell’ampio gruppo di rapitori, è stata identificata una cellula formata da jihadisti anglofoni, soprannominati dagli ostaggi ”the Beatles” (composta da Davis Aine Leslie, Kotey Alexanda Amon, Elsheikh El Shafee e EmwazI Mohamed ), i più violenti tra i sequestratori, autori di torture e violenze immotivate, ed un gruppo di jihadisti francofoni costituito, tra gli altri, da Mehdi Nemmouche , Najim Laachraoui , Salim Benghalem e Soufiane Alilou.

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Anziana investita e uccisa a Napoli, caccia a pirata strada

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Una donna anziana e’ morta a Napoli, vittima di un pirata della strada. Alle 18.15 circa di ieri, in via Labriola, sulla carreggiata in direzione via E. Ciccotti, R.R., 80 anni, e’ stata investita mentre attraversava la strada. Secondo prime ricostruzioni, un’auto si era fermata per consentire il passaggio alla signora, ma una Citroen di colore blu scuro, nel tentativo di sorpassare questa vettura, ha investito la donna e poi e’ fuggita. La Polizia Locale e’ impegnata nelle indagini per identificare il conducente e il veicolo coinvolto. La vittima era stata trasportata all’ospedale Cardarelli in stato di incoscienza e dopo poche ore e’ deceduta.

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Omicidio Giulia Cecchettin, Turetta premeditò il delitto: rischia ergastolo

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E’ un carico accusatorio molto pesante quello che la procura di Venezia contesta nell’avviso di chiusura delle indagini a Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Mentre il ‘rumore’ esploso nelle piazze e nelle coscienze in nome di Giulia non si e’ mai spento, a sei mesi dalla notte dell’11 novembre quando venne ammazzata tra le fabbriche e le strade vuote di Fosso’, pochi chilometri lontano dalla sua casa di Vigonovo, gli inquirenti tirano una linea e sciolgono alcuni nodi giuridici. E decidono che si’, Turetta aveva premeditato di ucciderla come dimostrerebbero, spiega il procuratore Bruno Cherchi, “la ricerca dei luoghi tramite internet, l’acquisto del materiale necessario per immobilizzare la vittima, la cartina geografica, l’atto di silenziare la persona offesa mettendole del nastro adesivo per non farla urlare, serrare i polsi e le gambe della ragazza”.

Aggiungono l’aggravante della crudelta’, da intendersi come la giurisprudenza la intende: aver inflitto “sofferenze gratuite e non collegabili al normale processo di causazione della morte”. In questo caso con venti coltellate, le prime nel parcheggio davanti alla villetta dove viveva quando Turetta l’aggredi’ a bordo della sua Fiat Punto nera. Qui per diverse ore sono rimaste sull’asfalto le tracce di sangue della ragazza ed e’ stato trovato un coltello da cucina. Poi, dopo averla immobilizzata con lo scotch, questa e’ la ricostruzione della Procura, l’ha spinta in auto, superando la sua resistenza, ha raggiunto in pochi minuti Fosso’ e l’ha assalita di nuovo, finendola. Da li’ e’ iniziata la fuga che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso per una settimana. Dopo il delitto Turetta era scappato verso il Friuli e, abbandonato il corpo in un dirupo vicino al lago di Barcis, era fuggito verso l’Austria e poi in direzione Germania, dov’e’ stato fermato dalla polizia tedesca, vicino a Lipsia, nella mattinata del 19 novembre. “L’ho uccisa io” ha detto subito Filippo a chi l’ha fermato, una confessione non utilizzabile nel processo mentre lo e’ quella messa a verbale nel carcere Montorio di Verona, dov’e’ detenuto.

Il contesto in cui il delitto e’ maturato sarebbe stato quello dello stalking, come suggerito alla Procura da chat e testimonianze che riferiscono delle insistenze morbose del giovane nei confronti dell’ex compagna dopo che la loro storia era finita. Omicidio aggravato da premeditazione, crudelta’, efferatezza, sequestro di persona, porto d’armi e occultamento di cadavere, e’ il robusto capo d’imputazione da cui dovra’ difendersi davanti alla Corte d’Assise. Non c’e’ spazio per il rito abbreviato, che avrebbe comportato uno sconto di un terzo della pena, perche’ i reati sono cosi’ gravi da ipotizzare l’ergastolo. Si chiude cosi’ la prima parte ‘giudiziaria’ di quella che nel frattempo e’ diventata la storia di Giulia e non, come spesso accade nella narrazione mediatica, quella del suo presunto omicida, sul quale si sono spente le luci. La storia di Giulia, di suo padre Gino e della sorella Elena che mai come prima hanno portato l’attenzione sul tema dei femminicidi con i loro appelli a un cambiamento culturale profondo.

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Adr lancia ‘Airport in the City’: a Termini check-in di Ita

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All’inaugurazione di “Airport in the City” sono intervenuti, tra gli altri , la ministra del Turismo Daniela Santanchè, il presidente di Ita, Antonino Turicchi, il presidente dell’Enac, Pierluigi Di Palma, il Presidente di Unindustria, Angelo Camilli. “È con grande soddisfazione che oggi ci uniamo ad Aeroporti di Roma per celebrare l’inaugurazione di Airport in the City, un servizio che rende l’esperienza di viaggio sempre più agile e confortevole – ha detto Turicchi – Questo progetto riflette la stretta collaborazione tra ITA Airways e Aeroporti di Roma, evidenziando il comune impegno per l’innovazione e la sostenibilità nel settore dei trasporti”.

“Il progetto di Adr si inscrive appieno nel processo di innovazione e interconnessione del trasporto aereo che l’Enac persegue da tempo” – ha aggiunto il presidente Enac Pierluigi Di Palma. “L’hub di Fiumicino, prima porta d’accesso all’Italia più volte premiato come migliore scalo d’Europa, sviluppa l’integrazione con la stazione Termini, primo snodo ferroviario nazionale, rafforzando l’intermodalità aria-ferro. Con il check-in off-airport Termini Fiumicino, il comparto aereo italiano si riconferma una realtà innovativa, sostenibile e, soprattutto, attenta ai diritti dei passeggeri con l’offerta di servizi di qualità che, oggi, rappresentano l’elemento più importante per le scelte dei consumatori”.

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