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Cronache

I no green pass devastano Roma: assalto alla Cgil e minacce a Draghi

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Roma a ferro e fuoco. Un pomeriggio di un sabato da cani nel centro della capitale che fra via Veneto e Largo Chigi è stata paralizza dai cosiddetti movimenti no Green pass che si erano radunati alle 15 in piazza del popolo e alla bocca della verità. Da qui si sono mossi ed hanno dato vita ad un corteo di protesta che ha provato a forzare il blocco delle forze dell’ordine lungo via del Corso via del Babuino e via di Ripetta per andare verso Parlamento e Palazzo Chigi.

I manifestanti sono stati bloccati da un drappello di poliziotti e finanzieri in assetto antisommossa con i blindati che tuttavia sono riusciti a fermarli solo per pochi minuti, perché una buona parte dei manifestanti ha cominciato a passare attraverso il parco, senza risparmiare con lanci di pietre e bottiglie contro uomini in divisa.

I primi tafferugli con le forze dell’ordine ci sono stati quando anche Giuliano Castellino, preteso leader romano di Forza Nuova, che arringava la folla e urlava “stasera ci prendiamo Roma”. Si è messo alla testa della protesta, del  corteo che a quel punto si è diviso in due tronconi: il primo verso via Veneto e l’ambasciata americana e il secondo verso la sede della Cgil a Corso d’Italia davanti alla quale si sono radunati in circa 1000 gridando “traditori traditori”. Alla sede del sindacato un vero e proprio assalto, difficile da contenere da parte degli uomini in divisa. Un assalto vergognoso. Tra i manifestanti sono nitidissime le immagini delle inquirenti presenze di Roberto Fiore e Giuliano Castellino. Qualcuno ha anche sradicato le telecamere di sorveglianza per evitare che a breve le immagini possano essere usate per arrestare i più facinorosi. Missione inutile perchè ci sono immagini degli assalti. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, per esprimergli solidarieta’ dopo l’assalto alla sede nazionale del sindacato a Roma. Analoghe telefonate a Landini sono arrivate da Mario Draghi e da quasi tutti i leader politici nazionali.

 

Nel frattempo il resto dei manifestanti a piazza del Popolo ha continuato a tentare di forzare il blocco delle forze dell’ordine lanciando anche sedie contro gli agenti. Ma è stato a piazza Barberini che si sono registrati altri tafferugli con lanci di lacrimogeni e bombe carta. Così come le forze dell’ordine, sempre con un uso della forza commisurato alle modalità di protesta,  lungo via del Tritone e al largo Chigi, ha allontanato chi intendeva entrare in un’area nel frattempo diventata off limits per chiunque, ordine del Prefetto di Roma. Qui i manifestanti sono arrivati a ridosso della sede del governo e del parlamento dove si trovavano però anche alcune decine di migliaia di turisti e ragazzi per il sabato pomeriggio della movida dello shopping. Attimi di paura soprattutto per loro, mentre le forze dell’ordine hanno contrastato i manifestanti che puntavano a occupare piazza Colonna. Ancora bombe carta alle 18.10, con i rinforzi in arrivo lungo via del Corso compreso un idrante.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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