Inizia all’alba la giornata al Leopard Training Centre nella base militare di Swietoszow, Polonia occidentale. Guidare, caricare, sparare. Così fino al tramonto, sei giorni a settimana per poco più di un mese. Una marcia accelerata verso la controffensiva di primavera che al contrario, tarda ad arrivare. Fiore all’occhiello della Krauss-Maffei, i Leopard potrebbero costituire, secondo gli esperti militari, un punto di svolta nel pantano ucraino, insieme ai Challenger britannici e agli Abrams statunitensi. “Questi tank hanno il potenziale per cambiare le sorti della guerra in Ucraina e darle un vantaggio significativo sul campo di battaglia. Si tratta di carri armati dotati di sistemi sofisticati, con capacità di vedere anche nella notte e di centrare obiettivi fino a 8 km di distanza”, racconta Shki Giizis del Lord Strathconas Horse del Royal Canadians, il reggimento corazzato regolare dell’esercito canadese. La comandante è una delle istruttrici delle forze armate ucraine arrivate in questo angolo della Polonia al confine con la Germania per essere addestrate all’uso dei Leopard. Al programma di formazione partecipano Polonia, Norvegia e Canada: “Ogni gruppo – spiega – è responsabile per 7 equipaggi composti ciascuno da 4 carristi.
Approssimativamente, 28 soldati ucraini per ogni Paese”. In totale, un centinaio di militari che lavorano senza sosta con i simulatori dei Leopard e sul campo del poligono di tiro per passare dai tank sovietici, in dotazione all’esercito ucraino, a quelli di fabbricazione tedesca, considerati tra i migliori al mondo. “È come guidare una Mercedes classe C invece che una Lada”, scherza il generale di brigata polacco Grzegorz Barabieda. “L’esperienza degli ucraini – racconta – è anche la nostra esperienza. Anche noi siamo passati dai tank sovietici a quelli occidentali, conosciamo bene le differenze. È una nuova generazione di carri armati e sebbene i Leopard impieghino tecnologie più avanzate, il loro utilizzo è più intuitivo”. In prima linea dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Polonia è capofila del programma di addestramento. “In qualità di membri della Nato stiamo dando un aiuto, donando l’equipaggiamento militare e formando i soldati ucraini”, dice Barabieda. “Ma questo – sottolinea – è uno sforzo internazionale. Con l’aiuto del mondo intero, l’Ucraina sarà un Paese libero. Molto presto”.
Addentrarsi nel centro di addestramento è un po’ come perdersi in una sala giochi, con tanto di monitor e simulatori che replicano alla perfezione i tank. Poi però c’è la realtà, quella cruenta del campo di battaglia, dove stanno arrivando i primi Leopard promessi dai governi d’Europa all’inizio dell’anno. “È molto difficile per noi riconquistare i territori occupati, servono più armi”, ammette Kordon, nome di battaglia di un soldato ucraino, il volto coperto per ragioni di sicurezza. Adrenalina e stanchezza si mescolano nei suoi occhi celesti. “Siamo grati a quanti in Ue, Stati Uniti e Regno Unito ci aiutano nella nostra guerra. Che è anche una guerra a tutto il mondo civile. È dura – dice – ma porteremo a casa la vittoria. Costi quel che costi”.