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Grillo sfida Conte e fa rivotare iscritti. “Sabotaggio”

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E’ ancora guerra. Forse la più dura che ci sia mai stata nel Movimento. Perché lo scontro è fra i vertici, Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Ma, soprattutto, perché l’esito deciderà le sorti dei Cinque stelle. Meno di ventiquattr’ore dopo la chiusura della Costituente, Grillo ha fatto la mossa più dirompete che gli fosse concessa: ha chiesto la ripetizione delle votazioni. In pratica, ha rimesso in discussione le decisioni degli iscritti. Prima fra tutte, quella che avrebbe portato alla cancellazione del ruolo di garante: quindi, quella che avrebbe rottamato lo stesso Grillo.

Ma in ballo ci sono anche la richiesta di modificare il simbolo e la revisione dei poteri del presidente. Il M5s torna a votare quindi: lo farà con una convocazione on line “fra una manciata di giorni”, calcola un parlamentare del M5s. Perché il presidente Conte, decisamente irato per la mossa dell’ex comico, ha deciso di non fare ricorso contro il ricorso. “Beppe Grillo ha appena avviato un estremo tentativo di sabotaggio – ha scritto sui social – ha chiesto di rivotare, invocando una clausola feudale che si trascinava dal vecchio statuto. Potremmo contestare questa vecchia clausola e vincere con le nostre buone ragioni un contenzioso legale”, ma “il ruolo dell’azzeccagarbugli lo lascio a Grillo.

Noi preferiamo ancora e sempre la democrazia, la partecipazione, la vostra libertà di scelta. Per questo, dateci qualche giorno, e torneremo a votare sulla rete i quesiti sullo Statuto impugnati da Grillo”. Per Conte torna però lo spettro del quorum. Quel tipo di votazione è valido solo se partecipa il 50% più uno degli aventi diritto. E in un voto che si ripete a distanza di pochi giorni il rischio “stanchezza” c’è. Specie se nelle prossime ore i grillini metteranno in campo una strategia di sabotaggio per incentivare l’astensione. Fra gli esponenti vicini a Grillo c’è anche chi sottolinea come nelle votazioni che si sono chiuse nel weekend le percentuali non siano state “bulgare”: dal 52% al 62% a seconda del tipo di quesito. Per i vertici del M5s la mossa di Grillo è “un cortocircuito” che mira alla difesa “di un conflitto di interesse”, visto che in ballo ci sono proprio le prerogative di garante.

“Come già nei precedenti tentativi di sabotaggio – ha scritto Conte – ci sta dicendo che non conta più la regola democratica uno vale uno, perché c’è uno che vale più di tutti gli altri messi assieme”. Ad annunciare il ricorso di Grillo era stato l’ex ministro Danilo Toninelli, che fa parte del collegio dei probiviri M5s, da sempre vicino a Grillo. “Si è perso un round, non certo la guerra – aveva detto nel primo pomeriggio in un video on line – Grillo di certo chiederà la ri-votazione, quindi tutto quello che si è votato si dovrà rivotare. Il proprietario del simbolo è Beppe Grillo e farà un’azione legale”. Nel mirino c’è il quorum. “Il 30% di quelli che hanno votato contro l’eliminazione del garante non voterà e non è detto che raggiungano il quorum”, ha spiegato Toninelli”. Il ricorso non è la sola arma di Grillo. Chi lo conosce ritiene che il garante stia valutando anche un piano B: presentare alle prossime politiche una forza col simbolo M5s.

Entro Natale Grillo dovrebbe tornare a Roma per “una rimpatriata con chi non lo ha mollato”. Mentre Conte e Grillo fanno politicamente a botte, i quasi alleati del campo largo osservano con preoccupazione. L’esito della Costituente ha ribadito che il M5s è progressista, dando mandato a Conte di trattare per le alleanze. Il ricorso di Grillo non tocca questa parte della votazione, ma un’eventuale ribaltamento delle decisioni prese questo fine settimana avrebbe riflessi pesanti su tutto l’assetto M5s. Però, malgrado le buone speranze in area Pd e Avs per un’accelerazione del campo largo, nei Cinque stelle si mette in chiaro: dalla Costituente è uscita “una forza genuinamente populista e progressista”, che ha una “massima apertura al dialogo”, ma questo non significa parlare di “alleanza strutturale”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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