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Politica

Grana sbarchi su governo, Draghi vara cabina regia

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L’estate della lenta uscita dal Covid potrebbe essere anche quella, dopo due anni, dell’allarme sbarchi in Europa e in Italia. L’arrivo di circa mille persone a Lampedusa, oltre a rinfocolare la polemica politica su uno dei temi bandiera della Lega, ha l’effetto di porre il dossier sul tavolo di Palazzo Chigi. Una cabina di regia ad hoc sara’ convocata nei prossimi giorni dal premier Mario Draghi. Vi parteciperanno tutti i ministeri coinvolti dal tema immigrazione. Un tema sul quale Draghi vuole il massimo coordinamento di tutti i rami dell’esecutivo. Ma se gli sbarchi non si arresteranno e’ plausibile che l’Italia riproponga il dossier flussi anche nei consessi europei, magari gia’ al Consiglio Ue di fine maggio. Proporzionalita’ e solidarieta’ nella redistribuzione dei migranti sono concetti che Draghi, gia’ diverse settimane fa, aveva non a caso sottolineato. Il dossier non riguarda solo la questione sbarchi. E’ un dossier che parte da lontano. Innanzitutto dalla situazione di endemica instabilita’ nel Sahel meridionale. A cio’ si aggiungono le difficolta’ che il nuovo premier libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibah sta incontrando nell’affermarsi in tutto il territorio dello Stato nordafricano. Non e’ un caso che il primo viaggio all’estero di Draghi sia stato a Tripoli. E non e’ un caso che, recentemente, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sia stato in missione in Mali, tra i bacini d’origine dei nuovi flussi di migranti. Lo stesso Di Maio, alla ministeriale degli Esteri del G7 di pochi giorni fa, ha posto sul tavolo il tema immigrazione. “L’Italia non puo’ fare tutto da sola”, e’ il concetto che, ricordano fonti vicine al ministro, il titolare della Farnesina ha ribadito ai suoi omologhi. Oggi ad attivarsi e’ stata la titolare dell’Interno Luciana Lamorgese. Il ministro, nel pomeriggio, ha sentito Draghi in vista della costituzione di una cabina di regia ad hoc a cui siederanno, tra gli altri, Di Maio, il ministro dei Trasporti Enrico Giovannini, il titolare della Difesa Lorenzo Guerini. Il 20 maggio, inoltre, Lamorgese sara’ a Tunisi assieme al commissario Ue Ylva Johansson: sul tavolo ci sara’ proprio il tema migranti. Il Viminale, in queste ore, segue con la massima attenzione una vicenda che va monitorata anche in chiave anti-Covid. Per ora le navi-quarantena bastano ma presto i bandi dovranno essere rinnovati. C’e’ un dato che, nel governo, appare evidente: il controllo delle coste come in Libia cosi’ in Tunisia si sta rilevando inefficace. E lo stesso, si spiega, avviene per le frontiere desertiche a Sud. A cio’ si aggiungono le tensioni innescate dall’attacco di giovedi’ scorso della Guardia costiera libica a tre pescherecci italiani. E gli spari provenivano da una delle imbarcazioni donate dal governo proprio alla Guardia costiera di Tripoli, a testimonianza del caos che ancora regna in Libia. Con un corollario: la strada dell’Italia per accrescere il suo ruolo in Libia, complice l’influenza di Ankara e la freddezza dei Paesi del Golfo sul nuovo premier Dbeibah, resta in salita. A Palazzo Chigi, in queste ore, regna comunque la prudenza. Se Draghi porra’ con forza il tema migranti a Bruxelles e’ ancora presto per dirlo, spiegano fonti di governo. Ma Salvini, intanto, passa all’attacco. “Con milioni di italiani in difficolta’ non possiamo pensare ai clandestini”, sottolinea il leader della Lega chiedendo un incontro a Draghi sulla questione. E nel pomeriggio l’ex ministro dell’Interno, sottolineano fonti della Lega, si scambia alcuni sms con Lamorgese auspicando un piano di interventi per evitare una escalation. Ma il messaggio politico di Salvini e’ chiaro: sui migranti, come e’ successo sul coprifuoco, non restera’ a guardare. Anche perche’, manco a dirlo, sul tema il pressing di Giorgia Meloni e’ alto: “serve il blocco navale”, e’ la soluzione proposta dalla leader di Fdi. Soluzione che, difficilmente, sara’ contemplata dal governo. In attesa del rinnovo del mandato di Frontex, al quale l’Ue sta pensando, e’ a un meccanismo piu’ rigoroso di redistribuzione che Roma sta puntando. Nei prossimi giorni, oltre al Cdm atteso giovedi’ per allungare il coprifuoco e varare i nuovi sostegni, Draghi affrontera’ l’allarme sbarchi.

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Politica

San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

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San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

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Politica

Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Politica

Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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