Il governo lavora per modificare Opzione donna ed allargare la platea delle beneficiarie. Attualmente ristretta, dopo i paletti inseriti nell’ultima manovra, a circa 2.900 lavoratrici. Sul tavolo, quindi, c’è l’obiettivo di abbassare l’età per accedere a questa pensione anticipata, che potrebbe essere portata a 59 anni per tutte le lavoratrici. E, tra le ipotesi, anche quella di eliminare il riferimento alla presenza dei figli, variabile che nello schema in vigore consente di ridurre fino a due anni la soglia per l’uscita, da 60 a 58 anni, per alcune categorie. L’intenzione politica c’è, confermano da più parti, si tratta di capire quante risorse sono disponibili e di lì dare l’ok alla soluzione possibile per quest’anno. Del resto, in attesa della riforma delle pensioni che si punta a mettere in campo dal 2024 per evitare anche che, come paventa il presidente dell’Inps Pasquale Tridico i giovani di oggi escano dal mondo del lavoro a 70 anni, cresce il pressing dei sindacati, che si aspettavano una soluzione più velocemente.
“Il governo e il ministro del lavoro dovrebbe accelerare misure e iniziative per ripristinare i vecchi requisiti”, ha sottolineato il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, a cui ha fatto eco, alla fiaccolata per l’8 marzo, il segretario generale della Uil, Pier Paolo Bombardieri: “la ministra Calderone giusto oggi avrebbe dovuto dare una risposta su opzione donna che ancora non ha dato. Credo che sia una vergogna, ci sono 20 mila donne bloccate”. Ancora più drastico il leader della Cgil, Maurizio Landini, secondo cui con il governo “non c’è un confronto su nulla”. Il ministero del Lavoro le sue proiezioni in realtà le ha fatte, “le ha già mandate anche al Mef in modo che sia possibile determinare i costi delle eventuali modifiche. Sono in attesa, – ha spiegato la stessa Calderone – spero di avere risposte a breve, per fare in modo che alcune parti della norma inserita in manovra possano essere risistemate”. Oggi l’accesso ad Opzione donna è limitato. L’ultima legge di Bilancio ha lasciato la soglia minima dei contributi a 35 anni ma ha alzato l’età a 60 anni, che viene ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni (quindi a 59 anni con un figlio e 58 anni con due o più figli), e per tre categorie di lavoratrici: caregiver, invalide al 74%, licenziate o dipendenti da imprese in crisi. Solo in quest’ultimo caso la riduzione a 58 anni è automatica.
La ministra ha confermato che quella di eliminare il riferimento ai figli “è una delle ipotesi” al vaglio e sulla soglia anagrafica sostiene che “potrebbe essere utile unificare l’età” di uscita per le lavoratrici dipendenti e autonome. La differenza che viene dall’impianto precedente (58 anni se dipendenti e 59 anni se autonome) “non la comprendo a livello di impostazione perché, anzi, le carriere delle lavoratrici autonome sono ancor più caratterizzate da momenti di discontinuità”, rimarca Calderone. Intanto rispondendo ad una interpellanza in commissione Lavoro del deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Franco Mari, il sottosegretario Claudio Durigon ha detto che è sul tavolo del governo anche l’ipotesi di inserire la professione di portalettere tra quelle usuranti”. Per Mori “sarebbe doveroso riconoscere la qualità usurante di questo lavoro che si svolge tutto all’aperto, in mezzo al traffico urbano, e comporta diverse patologie come artrosi, ernie, bronchite, polmoniti e purtroppo molte altre”.