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Esteri

Gli hacker russi tornano in Usa dopo summit Biden-Putin

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 Gli hacker russi tornano a colpire in Usa chiedendo altri riscatti in una data che non appare casuale: la vigilia del 4 luglio, la festa dell’Indipendenza. E sfidano il monito, lanciato poche settimane fa da Joe Biden nel summit con Vladimir Putin, che gli Usa riterranno Mosca responsabile per tutti gli attacchi che partono dalla Russia. I due leader avevano poi concordato di iniziare a cooperare per prevenire e reprimere gli hackeraggi, dopo quelli che avevano sabotato Colonial Pipeline, il piu’ grande oleodotto americano, e la filiale Usa del colosso brasiliano Jbs, il maggior fornitore mondiale di carne, entrambi costretti a pagare riscatti di diversi milioni di dollari. Ma il nuovo blitz suona come un preoccupante campanello di allarme mettendo alla prova il fragile disgelo russo-americano. Nel mirino questa volta la societa’ americana Kaseya, che fornisce software di gestione dei sistemi informatici a grandi aziende, provider di servizi tecnologici, governi statali e locali. Il colpo porta la firma del gruppo di hacker russi REvil, che aveva gia’ ottenuto un riscatto di 11 milioni di dollari da Jbs. Un attacco “sofisticato”, ha ammesso la compagnia, assicurando che sono stati interessati meno di 40 dei suoi 36 mila utenti, tra i quali pero’ figurano appunto fornitori di servizi, che a loro volta hanno numerosi clienti. Secondo esperti del settore l’hackeraggio, sul quale sta indagando anche l’Fbi, potrebbe quindi coinvolgere oltre 200 aziende e risultare ben piu’ grave di quello che sembra. “E’ assolutamente il piu’ grande cyber attacco ad una catena di fornitura non statale”, sentenzia Allan Liska, un ricercatore della societa’ di cyber sicurezza Recorded Future. “Ed e’ probabilmente il piu’ grande attacco con richiesta di riscatto mai visto, almeno il piu’ grande da quello di WannaCry”, aggiunge, riferendosi all’offensiva del 2017 contro Microsoft Windows che colpi’ centinaia di migliaia di persone e che l’intelligence Usa attribui’ al governo nordcoreano. Gli esperti hanno riferito che i cyber criminali hanno inviato due differenti richieste di riscatto, chiedendo 50 mila dollari alle compagnie piu’ piccole e 5 milioni di dollari a quelle piu’ grandi. L’hackeraggio ad un’azienda produrrebbe cosi’ un effetto a catena su molte altre, moltiplicando gli introiti in modo astronomico. Questo tipo di attacchi ‘ransomware’ sfrutta una falla di sicurezza nei sistemi informatici di un’impresa o di un individuo per cifrarli e bloccarli, chiedendo una somma per sbloccarli. Il loro numero e’ aumentato in modo esponenziale in tutto il pianeta nel 2020: un’attivita’ criminale che su scala mondiale ha fruttato l’anno scorso almeno 18 miliardi di dollari, secondo la societa’ di sicurezza Emsisoft. Negli Usa e’ iniziato anche un dibattito politico per approvare una legge ad hoc, con ipotesi che vanno dall’obbligo per le aziende private di rivelare gli hackeraggi subiti sino al divieto di pagare riscatti. Ma Biden dovra’ decidere con tempi piu’ rapidi del Congresso se e come rispondere a quella che appare come l’ennesima provocazione russa.

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Esteri

Rubio a Lavrov: è ora di mettere fine a guerra senza senso

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Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto al ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che è il momento di mettere fine alla “guerra senza senso” in Ucraina. Rubio, in una recente intervista, ha definito la settimana in corso “cruciale” per capire le intenzioni di Russia e Ucraina, e per gli Stati Uniti per decidere se continuare o meno lo sforzo per la pace.

Nel corso del colloquio telefonico con Lavrov, Rubio ha messo in evidenza che “gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati a porre fine a questa guerra insensata”, riferisce il Dipartimento di stato. Il segretario di stato ha quindi discusso con il ministro degli esteri russo dei “prossimi passi nelle trattative di pace e della necessità di porre fine alla guerra ora”.

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La squadra di Merz, il paladino di Kiev agli Esteri

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L’era Merkel è lontana e anche la politica, per molti troppo prudente, di Olaf Scholz è alle spalle. Friedrich Merz ufficializza la squadra dei futuri ministri conservatori e punta, per tirare la Germania fuori dalla crisi, su nomi nuovi: due top manager per l’economia e la digitalizzazione del Paese, un mastino bavarese agli Interni per la svolta sull’immigrazione, e un esperto di Difesa versato in diplomazia, fautore del massimo sostegno a Kiev, al ministero degli Esteri. Con queste scelte il cancelliere in pectore, che dovrebbe essere eletto al Bundestag il 6 maggio, si è detto pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni e le molte incognite che assillano un’Europa “minacciata” e incerta del futuro.

“Il supporto all’Ucraina è necessario per preservare la pace e la libertà in Germania”, ha scandito prendendo la parola al piccolo congresso di partito dei democristiani, che hanno approvato a Berlino il contratto di coalizione firmato coi socialdemocratici di Lars Klingbeil. “Consideriamo il nostro aiuto all’Ucraina come uno sforzo congiunto di europei e americani dalla parte dell’Ucraina. Non siamo parte in causa in questa guerra e non vogliamo diventarlo, ma non siamo neanche terzi estranei o mediatori tra i fronti. Non ci devono essere dubbi sulla nostra posizione: senza se e senza ma, dalla parte di questo paese attaccato”, ha incalzato ribadendo il rifiuto di una pace imposta. Merz ha anche ribadito di non volere alcuna guerra commerciale con gli Usa, e di esser pronto a spendersi “con ogni forza per un mercato aperto”. Sul fronte migranti, ha assicurato la svolta, che dovrà strappare la Germania alla seduzione dell’ultradestra: “Dal giorno numero uno proteggeremo al meglio le nostre frontiere, con respingimenti massicci”.

Per realizzare questi piani, Merz ha scelto Johann Wadephul, 62 anni, come ministro degli Esteri. L’uomo della Cdu che in passato ha spinto per un sostegno pieno a Kiev, contestando le remore di Scholz e spingendo ad esempio per la consegna dei Taurus, che il Kanzler uscente ha sempre negato a Zelensky. Ex riservista dell’esercito, giurista e poi deputato dal 2009, è un fidatissimo di Merz, e viene ritenuto un grosso esperto di difesa: avrebbe potuto essere anche ministro del settore che andrà invece all’SPD e resterà a Boris Pistorius. Agli Interni sarà nominato il noto volto della Csu bavarese Alexander Dobrindt, “il nostro uomo di punta a Berlino per la questione centrale della svolta sui migranti”, nelle parole di Markus Soeder che ha presentato i tre ministri in quota del suo partito.

La stampa tedesca ha accolto con interesse anche le nomine della brandeburghese Katherina Reiche, 51 anni, all’Economia – top manager del settore energetico, e proveniente dall’est – e quella di Karsten Wildberger, 55 anni, ceo di Mediamarkt e Saturn, colossi dell’elettronica, designato alla Digitalizzazione all’Ammodernamento dello Stato. All’Istruzione andrà Karen Prien, dello Schleswig-Holstein, prima ebrea a ricoprire un incarico da ministra, secondo quanto ha scritto Stern. In squadra ci sono poi Patrick Schnieder ai Trasporti, Nina Warken alla Salute, Thorsten Frei come ministro per la Cancelleria e l’editore conservatore Wolfram Weimer come ministro di Stato alla Cultura. Mentre è stato ancora Soeder a ostentare la scelta del suo partito per la ministra alla Ricerca e all’Aerospazio, Dorothea Baer, e il ministero dell’Alimentazione Agricoltura e Patria: “Dopo un vegano verde arriva un macellaio nero”. Basta col tofu, ha ironizzato il populista bavarese. Il governo di Merz sarà completo soltanto quando i socialdemocratici ufficializzeranno i loro nomi, il 5 maggio. Il partito di Klingbeil attende il referendum della base, che dovrà pronunciarsi sul patto con Merz: il risultato è atteso il 30 aprile. E solo se sarà positivo Merz sarà eletto cancelliere al Bundestag, il 6 maggio. Ma all’Eliseo non hanno dubbi: è stata già annunciata una sua visita a Parigi il 7.

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Blackout in Spagna e Portogallo: indagini in corso, ipotesi anche di un cyberattacco

Spagna e Portogallo colpiti da un blackout elettrico: disagi nei trasporti e nelle comunicazioni. Il governo indaga, possibile anche un cyberattacco.

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Poco dopo le 12 di oggi, migliaia di cittadini in tutta la Spagna continentale e in Portogallo sono stati colpiti da un improvviso blackout elettrico. Come riportato dal quotidiano “El País”, il governo spagnolo ha attivato diversi team tecnici di vari ministeri per indagare sulle cause dell’interruzione, anche se al momento non esiste ancora una spiegazione ufficiale.

Secondo quanto riferito da Red Eléctrica, l’azienda pubblica responsabile della gestione del sistema elettrico nazionale, si sta lavorando intensamente per ripristinare la fornitura di energia. Anche l’Istituto nazionale di cybersicurezza è coinvolto nelle analisi, valutando la possibilità che il blackout possa essere stato causato da un attacco informatico, sebbene non ci siano ancora conferme in tal senso.

Reti di comunicazione e trasporti in tilt

Il blackout ha avuto ripercussioni su diversi settori strategici: sono stati colpiti reti di comunicazione, aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità in Spagna e Portogallo. Problemi sono stati segnalati anche nella gestione del traffico stradale, con numerosi semafori fuori servizio, oltre che in centri commerciali e strutture pubbliche.

La ministra spagnola della Transizione ecologica, Sara Aagesen, ha fatto visita al centro di controllo di Red Eléctrica per seguire da vicino le operazioni di ripristino. L’azienda ha attivato un piano di emergenza che prevede il graduale ritorno alla normalità, iniziando dal nord e dal sud della penisola iberica.

Coinvolta anche la Francia meridionale

Le interruzioni non hanno riguardato esclusivamente la Spagna e il Portogallo: alcune aree del sud della Francia, interconnesse con la rete elettrica spagnola, hanno subito disagi simili. Le autorità francesi stanno monitorando attentamente la situazione in coordinamento con le controparti spagnole.

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