Collegati con noi

Cronache

Gli avvocati di Torre Annunziata al Ministro Bonafede: non consenta processi Babele che cambiano a seconda del Tribunale, siamo già nel caos

Pubblicato

del

Lo svolgimento del processo penale e civile nella cosiddetta Fase Due della Pandemia virale è l’altra faccia della medaglia del caos della giustizia in Italia. La questione non è parteggiare per gli avvocati o ascoltare solo le ragioni dei magistrati o schierarsi dalla parte di chi lavora nel pianeta giustizia con altri ruoli. No, la questione è provare a capire come si fa a far ripartire la macchina della giustizia, che non è meno importante dei motori dell’economia. 

Se è vero, come è vero, che la situazione era già drammatica prima della pandemia, oggi con i rinvii delle cause sine die e le polemiche su come rimettere seduti attorno ad uno stesso tavolo le parti in causa sembra molto complicato trovare una soluzione. Per rappresentare questa situazione abbiamo scelto di pubblicare una lettera che il presidente del Consiglio dell’Ordine dei Avvocati di Torre Annunziata ha inviato al ministro Guardasigilli. Immaginiamo che ogni rappresentante dell’avvocatura avrà fatto la stessa cosa, immaginiamo anche che molti dei problemi siano comuni. Speriamo sia utile rappresentarli anche senza alcuna mediazione facendovi leggere quello che il presidente dell’Ordine degli avvocati del distretto di Torre Annunziata ha scritto al Ministro.   

_____________________________________________________________________

Il ministro Guardasigilli. Alfonso Bonafede

Ill.mo Sig. Ministro, avvocato Alfonso Bonafede

a nome del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati che ci onoriamo di rappresentare e della intera Classe Forense del Tribunale di Torre Annunziata, Le significhiamo quanto segue.

Per contrastare l’emergenza epidemiologica, con il D.L. 18/2020, il Suo Governo ha disposto che, nel periodo compreso tra il 12 Maggio ed il 31 Luglio 2020, i Capi degli Uffici Giudiziari, con il parere non vincolante dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, adottassero le misure organizzative relative alla   trattazione degli affari giudiziari.

In via preliminare, Le evidenziamo che porre su un piano paritetico il parere dei rappresentanti dell’Avvocatura avrebbe favorito, e non poco, una ripresa razionale ed organica dell’attività giurisdizionale. Infatti estromettere dal processo decisionale la componente costituzionalmente demandata alla tutela dei diritti dei cittadini rappresenta un vulnus ad un percorso che doveva necessariamente essere unitario, celere e strutturale. 

Ed è anche a causa di tale mancanza, Ill.mo Sig. Ministro, che a pochi giorni dalla attuazione del provvedimento governativo, Le denunciamo ufficialmente che la Giustizia Italiana è piombata nel CAOS più totale!

Nelle ultime settimane i Dirigenti dei Tribunali italiani, facendo applicazione di quanto ad essi demandato, senza tener in debito conto i motivati pareri dell’Avvocatura e nel volenteroso intento di dotarsi di una disciplina che fosse capace di regolare lo svolgimento dell’attività giudiziaria, hanno elaborato una moltitudine di protocolli. Quasi sempre più di uno per ciascun Tribunale.

Ogni sede giudiziaria ha disciplinato in maniera autonoma lo svolgimento dei processi, con significative differenze tra le diverse linee guida adottate e molto spesso, l’unico comune denominatore, è l’estromissione dell’Avvocatura dalle aule di Giustizia e persino dalle Cancellerie.

On.le Ministro ci sia consentito di rammentare a noi stessi che il diritto italiano si basa su norme scritte e che i Giudici possono solo applicare le stesse, non possono crearle dal nulla. 

Inoltre, i cittadini devono conoscere preventivamente i precetti che disciplinano i loro comportamenti: è per questo che le leggi devono essere scritte e accessibili a chiunque. 

Parimenti, i canoni che disciplinano lo svolgimento dei Processi devono essere univoci, universali e conoscibili con la ordinaria diligenza richiesta al professionista che, seppur qualificata, non può mai estendersi sino alla affannosa, ridicola e mortificante ricerca dell’ultima novella sul web.

Palazzo di Giustizia. Torre annunziata

Ill.mo Sig. Ministro, la semplice esistenza di una pluralità di linee guida, a prescindere dalla bontà e dalla validità delle stesse, è una violazione insostenibile dei più elementari principi che reggono il processo.

Di più, rappresenta la mortificazione del principio della certezza del Diritto.

Nessuno dubita della necessità di introdurre una disciplina emergenziale che, consentendo la doverosa ripresa dell’attività giudiziaria nel rispetto dei principi di sicurezza, possa derogare alle usuali procedure.

La babele del diritto, tuttavia, è una mortificazione che la già troppo oltraggiata Giustizia Italiana non merita!

Se una deroga emergenziale era necessaria – nel rispetto dei fondamentali canoni che da millenni reggono il processo – ci aspettavamo che almeno essa fosse univocamente disciplinata e, soprattutto, che ciò fosse fatto in tempo utile per la ripresa.

Questo Onere spettava al Suo Ministero che, al contrario, si è ingiustificatamente sottratto a tale doverosa incombenza. 

Ancora una volta, le lacune del legislatore spostano altrove le responsabilità, ingenerando tra gli operatori che ogni giorno, in posizioni diverse, concorrono, ciascuno secondo le proprie competenze, ad erogare Giustizia, conflitti dovuti alla mera esasperazione.

Alla luce di tanto ed anche al fine di evitare che l’adozione di una pletora di protocolli e/o misure organizzative possa ingenerare innumerevoli contenziosi conseguenti alla loro applicazione, ci sembra doveroso esortare la S.V. Ill.ma alla immediata redazione di linee guida univoche per tutti gli Uffici Giudiziari italiani, con contestuale indicazione dei parametri entro i quali, unicamente in ragione di peculiari esigenze logistiche, ciascun Dirigente di Tribunale possa discostarsi dalle stesse. 

Occorre evitare che questo momento drammatico sia foriero di ulteriori ed assolutamente deleterie contrapposizioni ideologiche.

Gli Avvocati, in mancanza di un intervento univoco e tempestivo, si vedranno costretti ad una protesta che, in questo delicato momento, essi stessi vorrebbero scongiurare. 

In ogni caso, essi porteranno a conoscenza dei cittadini i cui diritti hanno il compito di tutelare, la situazione di incertezza in cui è piombato l’esercizio della giurisdizione.

Ill.mo Sig. Ministro, la esortiamo alla Sua funzione di Garante del rispetto dei Principi di Legge perché non esiste uno Stato senza Diritto e non può esistere Diritto senza certezza. 

Luisa Liguoro (Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata)

Giustizia malata, l’associazione forense “In Oltre”: processo da remoto sì, ma solo nei casi strettamente indispensabili

Advertisement

Cronache

Auto in fiamme, muore una donna

Pubblicato

del

Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

Continua a leggere

Cronache

Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

Pubblicato

del

Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

Continua a leggere

Cronache

Malore in caserma, muore vigile del fuoco

Pubblicato

del

Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto