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Gli albergatori esultano: bene esenzione green pass, ora il bonus

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“Ora piu’ fiduciosi nel futuro”. “Una scelta di buon senso”. “Un’ottima notizia, seppur sul filo di lana”. Sono unanimi e soddisfatti gli operatori del turismo nel commentare le decisioni della cabina di regia che li riguardano sul Green Pass. Decisioni su cui si e’ speso il ministro del Turismo Massimo Garavaglia che ieri aveva stilato anche la lista in 5 punti della Lega per salvare la stagione turistica. Proprio uno di questi punti e’ stato recepito e riguarda in particolare gli hotel con la conferma dell’esenzione dal presentare il certificato verde per i clienti che accedono a ristoranti e bar interni alle strutture. “Era una cosa folle, eravamo molto preoccupati non solo per l’estate ma anche per tutta una serie di eventi (da Cibus a Parma al Salone del Mobile a Milano) che ci saranno nelle citta’ tra fine agosto e settembre nelle citta’ e che speriamo riportino le occupazioni negli hotel a livelli alti. Adesso guardiamo al futuro con molta piu’ serenita’ e ringraziamo sia Garavaglia, sia la Lega, sia il Governo” commenta il presidente di Federalberghi Bernabo’ Bocca che parla anche del prossimo step che riguarda gli hotel sui cui concorda anche il ministro. “Una volta che arriveranno i soldi del Recovery Fund – spiega – dobbiamo fare questo piano di riqualificazione delle strutture alberghiere in maniera tale da arrivare alla stagione 2022 in gran forma. Bisogna sfruttare l’autunno quando soffriremo specialmente nelle citta’ d’arte per l’assenza degli stranieri”. Tornando al Green Pass la presidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli rileva: “Arrivano sul filo di lana – dice – ma per noi sono novita’ buone, direi ottime. Molte delle nostre strutture ricettive hanno sale ristorante solo al chiuso e quindi diventava davvero difficile dire ai clienti gia’ presenti: “da domani vai a fare colazione al bar” oppure comunicare a chi ancora doveva arrivare che poteva soltanto dormire… Per non parlare delle famiglie con figli con piu’ di 12 anni, che ancora non si erano potuti immunizzare: potevamo far mangiare il padre ma i ragazzi no… Sarebbe stato tutto molto complicato”. “Una conferma che apprendiamo con soddisfazione. Non sarebbe stata a nostro avviso possibile una diversa interpretazione. Purtroppo questi 10 giorni di incertezza non sono stati indolori, con disdette ricevute in numerose strutture ricettive” dice il vicepresidente vicario di Assohotel Confesercenti Nicola Scolamacchia. Va giu’ piu’ duro sulla tempistica l’Unione Nazionale Consumatori: “E’ una vergogna che il chiarimento ci sia a poche ore dall’entrata in vigore dell’obbligo del Green Pass”. “Sarebbe stato quantomeno complesso predisporre, in pieno agosto, le necessarie verifiche di controllo delle persone nei locali interni dell’albergo, e sicuramente gli utenti sarebbero stati disturbati diverse volte al giorno scoraggiando ulteriormente una gia’ debole domanda turistica e di viaggi d’affari” sottolinea la presidente di Fiavet Confcommercio Ivana Jelinic. “Fin dalla pubblicazione del provvedimento abbiamo richiesto al Governo un chiarimento in merito, considerate le difficolta’ delle famiglie, soprattutto rispetto ai piu’ piccoli che non in tutte le regioni avevano avuto possibilita’ di procedere alla vaccinazione in tempo utile” aggiunge Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Associazione Confindustria Alberghi. “Sul Green Pass – commenta il presidente di Demoskopika Raffaele Rio – l’Italia e’ spaccata in due. Da un lato, il 51% degli italiani si e’ dichiarato favorevole alla sua introduzione perche’ percepito come strumentale ad una vacanza in maggiore sicurezza e, dall’altro, un altrettanto considerevole 45%, ha manifestato un orientamento chiaramente contrario, perche’ ritenuto una forzatura alla liberta’ personale”. Bocca e’ soddisfatto anche per l’aumento della capienza dei treni: “Non ho mai capito perche’ sugli aerei si vola appiccicati uno all’altro e sui treni no… Tutto quello che puo’ facilitare lo spostamento e i viaggio delle persone e quindi la ripartenza del turismo ben venga”. Concorde la Lalli: “Abbiamo visto in tutti gli scorsi mesi l’attenzione alla sanificazione e alla sicurezza dimostrata sui treni e quindi era giusto che anche ai treni fosse data quella fiducia data agli aerei che spetta al servizio pubblico”. “Piano piano si comincia ad avere dei cenni di ritorno alla normalita’, e con essa a una normalizzazione del mercato” dice la Jelinic.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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