La verità sulla morte di Diego Armando Maradona continua a essere un grido che risuona forte, dall’Argentina a Napoli. Il 25 novembre 2020, la notizia della sua scomparsa sconvolse il mondo: Maradona morì a 60 anni, in uno spoglio appartamento del Barrio St. Andres a Tigre, nella periferia di Buenos Aires.
A quattro anni e quattro mesi da quel giorno, il popolo maradoniano chiede giustizia, mentre si avvicina la data dell’11 marzo, quando nel tribunale di San Isidro si aprirà il processo per fare luce sulle responsabilità di chi aveva in cura il Pibe de Oro.
L’avvocato Angelo Pisani, che difese Maradona nella battaglia legale contro il Fisco italiano, sottolinea l’importanza di questa nuova sfida: «Bisogna vincere quest’altra battaglia».
IL PROCESSO E LE ACCUSE AI MEDICI
Sul banco degli imputati ci sono sette persone, tra medici e paramedici che ebbero in cura Maradona dopo l’operazione al cervello subita all’inizio di novembre 2020. Sono accusati di omicidio con dolo eventuale, ipotesi basata sulla negligenza nelle cure prestate a un paziente con una condizione clinica complessa, segnata da problemi cardiaci e pregresse dipendenze da droghe e alcol.
Tra gli imputati figurano:
- Leopoldo Luque, neurochirurgo e medico personale di Maradona (nella foto con Maradona);
- Agustina Cosachov, psichiatra;
- Carlos Diaz, psicologo;
- Nancy Edith Forlini, coordinatrice sanitaria;
- Mariano Ariel Perroni, coordinatore degli infermieri;
- Pedro Pablo Di Spagna, medico;
- Ricardo Almiron, infermiere.
L’infermiera Dahiana Gisela Madrid è stata invece stralciata dall’inchiesta.
Le prove raccolte dai pm Patricio Ferrari e Cosme Iribarren sono imponenti: 150 documenti e 190 testimoni convocati, tra cui le ex compagne di Maradona, le figlie e il suo ex avvocato e manager Matias Morla.
Tra le testimonianze attese c’era anche quella dello storico medico Alfredo Cahe, che salvò Maradona da un attacco cardiaco a Punta del Este 25 anni fa, ma il dottore è scomparso prima di poter deporre. Tuttavia, le sue dichiarazioni passate sono chiare: «Maradona è morto perché è stato curato male».
UNA MORTE EVITABILE?
Le indagini della Procura di San Isidro sostengono che Maradona sarebbe morto dopo circa dodici ore di agonia, senza che il personale sanitario intervenisse adeguatamente. Secondo la relazione peritale, i medici e gli infermieri avrebbero adottato un comportamento negligente e sconsiderato, aumentando i rischi per il paziente fino a provocarne la morte.
La relazione medica ufficiale afferma che «le omissioni di certe azioni dovute e le azioni nocive alla salute hanno lasciato Maradona in uno stato di incuria, abbandonandolo al suo destino».
LA DIFESA DEI MEDICI
I legali degli imputati hanno sempre contestato queste conclusioni. In particolare, la difesa del neurochirurgo Luquesostiene che Maradona fosse un paziente ingestibile, che rifiutava le cure e non seguiva le indicazioni mediche.
Il dibattimento dovrà anche chiarire una questione cruciale: chi decise di dimettere Maradona dalla clinica Olivos per trasferirlo in un appartamento privo di adeguata assistenza sanitaria? I magistrati puntano il dito contro la squadra medica, ritenendola poco professionale e inadeguata a gestire le condizioni dell’ex campione.
UN PROCESSO CHE SEGNERÀ LA STORIA
Il procedimento giudiziario su Maradona non è solo un caso sportivo, ma un simbolo. Per molti, il Pibe de Oro è stato lasciato morire da chi avrebbe dovuto proteggerlo. Per altri, la sua natura ribelle e difficile ha reso impossibile una gestione efficace della sua salute.
L’11 marzo inizierà il processo della verità, e il mondo intero seguirà con attenzione ogni sviluppo, nella speranza che sia fatta finalmente giustizia per Diego.