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Politica

Giustizia: battaglia a Palazzo Chigi, poi Draghi trova accordo su prescrizione

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Al termine di una giornata di incertezza, in cui si sono susseguite voci di accordi e di rotture, il Consiglio dei ministri ha sancito l’accordo di tutti i partiti della maggioranza sulla riforma del processo penale. Il premier Mario Draghi, dopo aver mediato con i partiti e al culmine di un confronto molto teso con il Movimento 5 stelle, ha rivolto a tutti i suoi ministri un appello alla “responsabilita’”. Il governo – e’ stato il messaggio – non puo’ avere incertezze sulle riforme e ognuno dei partiti della larga maggioranza deve rinunciare a qualcosa in nome dell’obiettivo strategico – in questo caso accelerare i tempi della giustizia – e dell’impegno assunto con il Recovery plan. I Cinque stelle fino all’ultimo “hanno tirato la corda”, osservano dal governo, ipotizzando l’astensione in Consiglio dei ministri, nonostante una prima proposta di mediazione che allungava i tempi dei processi per mafia, terrorismo, violenza sessuale e droga. Ma alla fine a far rientrare il dissenso e registrare l’unanimita’ in Consiglio dei ministri e’ stata un’ultima mediazione sui tempi dell’improcedibilita’ per i reati con aggravante mafiosa ( fino a 6 anni in appello nella fase transitoria e poi dal 2025 fino a 5 anni). Ora la maggioranza dovrebbe ritirare tutti gli emendamenti in commissione e il testo arrivera’ domenica in Aula alla Camera. Ne’ vincitori, ne’ vinti, sottolineano a sera dal governo. Si raggiunge l’obiettivo sottolineato anche dal ministro Marta Cartabia al termine del Cdm: “Accelerare” la riforma per processi piu’ rapidi, in tempi giusti e senza “mandare in fumo” nessun giudizio. Tutti i partiti hanno ottenuto qualcosa e rinunciato a qualcos’altro, il che consente a ciascuno di essi di affermare di aver vinto. Sulla riforma era giunto, prima dell’accordo, anche il giudizio negativo del Csm. Il Consiglio dei ministri e’ stato piu’ volte rinviato e sospeso, per permettere soprattutto ai ministri di M5s,assenti nella prima fase della riunione, di sentire Giuseppe Conte. A ricasco sono via via slittati tutti i passaggi parlamentari che dipendevano dalla definizione di un accordo su un testo. Di qui i continui rinvii della Commissione Giustizia della Camera, che vota gli emendamenti, e della Capigruppo, che decide i tempi degli esami successivi in Aula. Bozze, via via aggiornate, sono circolate nei Palazzi della politica, fino alla fumata bianca alle 18,30, quando il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimita’ l’accordo. Draghi ha avuto un assaggio di quelle fibrillazioni politiche che si annunvciano nel semestre bianco, quando non sara’ piu’ possibile sciogliere le Camere, ma ha anche dimostrato le sue capacita’ di imporre alla fine una decisione, come aveva mostrato di saper fare all’Eurotower. In Consiglio dei ministri Draghi ha fatto un appello al “senso di responsabilita’”. “Ciascuno – il ragionamento del premier – deve rinunciare a qualcosa di specifico per riconoscersi pero’ in una riforma complessiva, che da’ ulteriore credibilita’ all’Italia”. La riforma Cartabia ne esce un po’ ammaccata ma non stravolta: prevede che in Appello i processi debbano durare due anni e in Cassazione uno, con la possibilita’ che i procedimenti piu’ complessi arrivino rispettivamente fino a tre anni e a 18 mesi. L’accordo prevede che per i reati piu’ gravi (mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di droga) il giudice procedente possa chiedere ulteriori proroghe di un anno.C’e’ anche una fase transitoria, fino a tutto il 2024, in cui le Corti di Appello avranno tempi ancora piu’ ampi, per permettere loro di smaltire l’arretrato anche grazie a assunzioni e investimenti nei Tribunali. Giuseppe Conte esulta perche’ “i processi per mafia non vanno in fumo”. Matteo Salvini si compiace che tra i reati gravi siano annoverati anche lo stupro e lo spaccio, come chiedeva la Lega. Matteo Renzi irride M5s, perche’ “ora la riforma Bonafede non c’e’ piu'”. Forza Italia con Maria Stella Gelmini sottolinea l’introduzione della ragionevole durata del processo con tutte le altre garanzie. E il segretario del Pd Enrico Letta loda il ministro Cartabia che “ha trovato il giusto equilibrio per superare la riforma precedente senza scadere nell”impunita’” e rivendica ai Dem il ruolo decisivo nella mediazione. Il che e’ anche vero visto che il Pd si sarebbe trovato in difficolta’ con un “niet” di M5s che, promette Conte, “sara’ compatto in Aula”.

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Politica

Elezioni comunali Napoli: sfida di Paolo Russo a Marigliano e ritorno degli ex sindaci

Paolo Russo in corsa a Marigliano, ex sindaci in campo e centrodestra solido: ecco come cambiano le elezioni comunali nella provincia di Napoli tra sorprese e conferme.

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Tornano tanti ex sindaci nella città metropolitana di Napoli, mentre il campo largo annaspa e crolla l’asse Pd-Cinque Stelle. Il Movimento fondato da Conte praticamente scompare, mentre il centrodestra, pur con qualche difficoltà, regge. Proliferano le liste civiche e resta alta l’attenzione sulle liste pulite e sull’eventuale presenza di “impresentabili”.

Marigliano: la sfida di Paolo Russo

A Marigliano la novità è Paolo Russo (nella foto Imagoeconomica in evidenza assieme a Mara Carfagna), ex deputato di lungo corso, che scende in campo nella sua città d’origine. La sua coalizione “Cuore civico” raccoglie pezzi di centrodestra, società civile ed esponenti progressisti. Il Pd ha invece scelto un altro candidato: Gaetano Bocchino, sostenuto anche da Azione, Verdi e Sinistra. Terzo candidato è Ciro Panariello, appoggiato da una lista civica.

Giugliano: centrodestra contro un centrosinistra diviso

A Giugliano, la città più popolosa della provincia, si sfidano Giovanni Pianese con il centrodestra, Diego D’Alterio con il centrosinistra senza il Movimento 5 Stelle, e Salvatore Pezzella, ex esponente grillino, ora sostenuto da una civica. Resta la spada di Damocle della commissione d’accesso prefettizia che potrebbe portare allo scioglimento per infiltrazioni.

Nola: il Pd rinuncia e resta fuori dalla corsa

A Nola il Pd si sfila a sorpresa e lascia il campo a quattro candidati: Maurizio Barbato (Fratelli d’Italia), Andrea Ruggiero (Per e civiche), Agostino Ruggiero (sostenuto dai socialisti) e Antonio Ciniglio (civiche territoriali). Il ritiro del candidato Pd Giuseppe Tudisco ha lasciato spazio a una corsa senza bandiere ufficiali del centrosinistra.

Volla: sei candidati e la conferma dell’instabilità politica

A Volla si conferma il record di instabilità politica: sei i candidati a sindaco. Tra loro due ex primi cittadini: Giuliano Di Costanzo (sostenuto dal Pd) e Pasquale Di Marzo (civiche). In corsa anche Lino Di Donato (centrodestra), Roberto Barbato (civica), Gennaro Burriello (Potere al Popolo) e Gianluca Pipolo (civiche).

Casavatore: sfida tra ex sindaci

A Casavatore la sfida è tra Vito Marino (appoggiato da cinque civiche), Fabrizio Celaj (Pd e civiche) e Mauro Muto (Fratelli d’Italia). Marino e Muto hanno entrambi già guidato il Comune in passato.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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