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Politica

Giosi Ferrandino: “La sfida è aiutare i sindaci del Sud a cogliere le opportunità che l’Europa dà”

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Lo ha detto sempre con chiarezza: “Il motto sindaco per un giorno sindaco per sempre l’ho sposato sin dall’inizio”. E Giosi Ferrandino di questo motto ha fatto il filo conduttore della sua campagna elettorale per le elezioni europee. A Bruxelles per rappresentare le istanze dei sindaci del Mezzogiorno e, soprattutto, per snellire e rendere più chiara e accessibile a tutti i primi cittadini la strada dei fondi europei. Perché Giosi Ferrandino, candidato del Partito Democratico nella circoscrizione Sud,  due volte sindaco a Ischia, Napoli, continua a sentirsi sindaco.

Onorevole dopo nove mesi da europarlamentare (primo dei non eletti nel 2014, è subentrato a Gianni Pittella, ndr) che idea si è fatto dell’Europa?

Alterio Spinelli quando fu confinato a Ventotene sognava un’Europa unita. Poteva sembrare un folle all’epoca, invece è stato un visionario in un momento dove era in corso la guerra. Il grande sogno è riuscire ad arrivare agli Stati Uniti d’Europa. Oggi siamo a metà percorso perché ci sono tante cose da migliorare. Per ora c’è un’Europa nel mondo della finanza, un’Europa che vede poche deleghe cedute da parte degli stati membri. Bisogna arrivare a un’unità politica, a un esercito comune, così come a bilanci condivisi. Solo quando raggiungeremo questi obiettivi si sarà compiuto il sogno di chi immaginava un’Europa del genere tanti decenni fa.

Perché negli ultimi anni si è alimentato il sentimento anti-europeista?

Sono un convinto europeista ma allo stesso tempo ammetto che parecchie cose non vanno. Le politica di austerity imposte agli Stati membri in questi anni si sono rivelate inefficaci per stessa ammissione della Merkel e di Juncker. Questo è un passo in avanti perché è stata proprio questa linea ad alimentare sempre più un sentimento anti-europeista, cavalcato dai populisti che stanno al Governo. Oggi però si intravede questa inversione di tendenza e si guarda meglio al Partito Democratico come alternativa seria a questo esecutivo totalmente inadeguato.

Per il suo partito le prossime elezioni saranno un’esame importante. Teme l’ascesa di Salvini?

Confido negli italiani e soprattutto nei miei concittadini del Mezzogiorno. Dalla Campania alla Basilicata, passando per Puglia, Calabria, Molise e Abruzzo. Devono darci fiducia e diffidare dalla propaganda social di Salvini. Ci troviamo di fronte a un Governo e a un partito che fa di tutto per apparire senza, tuttavia, lasciare segni concreti. Il Partito Democratico è ripartito, ha capito gli errori commessi in passato ed è pronto a dimostrare all’Italia che rappresenta l’unica, vera, forza politica capace di far decollare il Paese, sia in Italia che in Europa.

Durante la sua campagna elettorale si è concentrato soprattutto su due argomenti: ambiente e fondi europei.

L’Unione Europea è un baluardo sulle materie ambientaliste. E’ l’unica istituzione mondiale che si è posta il problema e sta facendo cose concrete per andare incontro al messaggio lanciato dalla giovane Greta. Sulla riduzione della plastica sono state fatte importanti direttive per eliminare quelle monouso nei prossimi anni. Stesso discorso sulle emissioni che saranno diminuite del 40% fino al 2030, proprio perché i cambiamenti climatici attuali sono dovuti all’inquinamento.

Sul percorso tortuoso che porta ai fondi europei?

Da ex sindaco, conosco benissimo quali sono le grandi difficoltà che gli amministratori locali incontrano per cogliere le opportunità che l’Europa dà. So quanto è difficile reperire, intercettare e spendere un finanziamento. Ci sono delle procedure troppo farraginose che spesso portano a perdere delle opportunità importanti. L’altro mio sogno è questo: snellire questa burocrazia esagerata che purtroppo degli oscuri funzionari del Parlamento europeo impongono.

Anche perché i finanziamenti dell’Unione Europea spesso sono gli unici che consentono ai comuni di migliorarsi e offrire servizi.

Senza l’apporto dei fondi europei non potranno dare le risposte che i cittadini si attendono. Sono impossibilitati e le risorse che hanno a disposizione sono sufficienti a stento a pagare gli stipendi. La sfida del futuro è che tutti i sindaci del meridione d’Italia possano finalmente riuscire a reperire i famosi fondi strutturali per fare in modo che il territorio si trasformi davvero. Spesso abbiamo visto fondi strutturali per riqualificare una fontana, un marciapiede.  Ma non è quello l’utilizzo.

Come andrebbero utilizzati?

Per stravolgere il tessuto sociale con grandi infrastrutture come ad esempio migliorare i collegamenti ferroviari della Calabria, i cui cittadini oggi ci mettono almeno sei ore per arrivare a Roma. In Puglia, ad esempio, si vedono gli ulivi che muoiono ed è assurdo anche questo. Noi abbiamo bisogno dei fondi europei per migliorare questi aspetti della nostra vita quotidiana.

Chi teme di più tra Lega e Cinque Stelle?

Il più grande avversario è l’astensionismo. Si parla troppo poco di queste elezioni europee. Ognuno di noi faccia la sua parte.

Ha un ultimo sogno nel cassetto?

Certo. E’ quello più importante: sapete tutto che durante il mio percorso sono incorso anche in un provvedimento giudiziario (arrestato nel 2015 per presunta corruzione, è stato assolto nel 2018 perché “il fatto non sussiste”, ndr). Il processo che ci è stato mi ha riabilitato come uomo e soprattutto come padre. Solo io so la mia famiglia che cosa ha passato in quei momenti. Da queste elezioni mi aspetto una riabilitazione anche politica.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Economia

I sindacati in piazza, ‘basta morti sul lavoro’

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Oltre mezzo milione di incidenti sul lavoro e più di mille morti l’anno. Tre al giorno: tragedie in cantieri, fabbriche, campi, a cui bisogna mettere fine. Cgil, Cisl e Uil (foto Imagoeconomica in evidenza) scendono in piazza per il Primo maggio all’insegna della sicurezza sul lavoro, ricordando le tante vittime e dicendo basta. Al governo, che mette sul tavolo altri 650 milioni per la sicurezza, chiedono misure più incisive in vista dell’incontro dell’8 maggio a Palazzo Chigi.

Servono risposte ‘adeguate’ o sarà mobilitazione, avverte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. In attesa del confronto, la premier Giorgia Meloni rivendica l’azione dell’esecutivo in questi due anni e mezzo: oltre un milione di posti di lavoro in più e il numero degli occupati al massimo storico, più di 24 milioni e 300mila. Un impegno che, assicura, continua anche sul fronte della sicurezza. Ma sulle sue parole si riaccende lo scontro con la segretaria del Pd, Elly Schlein: ‘Continua a mentire sui numeri’, attacca la segretaria dem, rilanciando la necessità di una legge sul salario minimo. Nelle piazze riecheggiano anche i referendum dell’8 e 9 giugno. Schlein al corteo a Roma sfila accanto a Landini, che rilancia l’invito ad andare a votare, e conferma che il Pd sostiene tutti i 5 sì al referendum.

VIA SPARANO PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI CGIL CISL E UIL UNITI PER UN LAVORO SICURO BANDIERE CGIL UIL CISL (foto Imagoeconomica)

Mentre il leader M5s, Giuseppe Conte, su Fb scrive che il movimento ‘dirà 4 sì’ ai quesiti sul lavoro (resta fuori quello sulla cittadinanza che non aveva firmato). Il tema unitario resta quello della sicurezza e del contrasto agli incidenti sul lavoro. ‘Questa vergogna deve finire’, dice la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, dal palco a Casteldaccia (Palermo), dove il 6 maggio dell’anno scorso cinque operai persero la vita, guardando alla convocazione dell’8 maggio per costruire una strategia nazionale e ‘un’alleanza’.

Da Montemurlo (Prato), il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ricorda invece Luana D’Orazio, morta lì quattro anni fa in una ditta tessile. E da lì torna a chiedere di istituire il reato di omicidio sul lavoro e una procura speciale. Alla giovane nel pomeriggio viene intitolata una strada, su iniziativa del comune. E alla mamma, Emma Marrazzo, arriva l’abbraccio anche della ministra del Lavoro, Marina Calderone, presente alla cerimonia: ‘Quello che le è accaduto è il peggior incubo’, le dice assicurando l’impegno a fare di più. Nel pomeriggio il concertone del Primo maggio a Roma – aperto da Leo Gassmann sulle note di ‘Bella Ciao’ – omaggia Papa Francesco: ‘La sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo, ci accorgiamo della sua importanza quando viene tragicamente a mancare ed è sempre troppo tardi’, le parole di Bergoglio che riecheggiano in una piazza San Giovanni stracolma.

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Politica

Mattarella: Resistenza non è feticcio ma responsabilità

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Le associazioni combattentistiche “sono l’anima perenne della memoria”: la loro opera è “preziosa” perchè voi trasmettete “il senso di quello che è avvenuto, la custodia della memoria senza farne un feticcio consegnato al solo ricordo, ma facendola vivere come consapevolezza civile, come educazione alla responsabilità. Un ponte ideale tra generazioni nell’attualità dei valori”. Sergio Mattarella chiude le celebrazioni per il 25 aprile con un ennesimo appello a non dimenticare quanto accaduto con la Resistenza e la Liberazione ma soprattutto con un invito a far si che questa data non diventi uno sterile appuntamento ma una spinta ad agire nel nome di quei valori. Ricevendo al Quirinale le associazioni combattentistiche e d’arma, il cui incontro era programmato per il 23 aprile, il presidente della Repubblica è tornato a sottolineare l’importanza della festa della Liberazione.

Infatti per il capo dello Stato il 25 aprile deve essere “un’eredità vissuta nel presente e trasformata in impegno per riflettere sull’attualità di quei valori, a cominciare dal rifiuto dell’indifferenza”. Ma non solo perchè, ha ricordato ancora Mattarella, la Liberazione sprigionò “energia morale” e fu “il frutto di un moto individuale delle coscienze che divenne espressione della dignità del nostro paese, del nostro popolo che non si lasciò sopraffare dalla barbarie”. La rievocazione del presidente con le associazioni combattenti è quindi giocata tutta sul valore degli ideali che portarono al 25 aprile, sulla necessità di non perdere la spinta propulsiva che generò. Infatti ha spiegato come “minacce in forme diverse che pretendono di porre in discussione i valori di democrazia, libertà e pace che furono alla base della Resistenza sono sempre presenti. Conflitti armati sempre più frequenti vicini ai confini dell’Europa.

Tensioni nei rapporti internazionali che con oblio della memoria rischiano di provocare crisi globali dalle conseguenze catastrofiche. Ecco perché – ha ripetuto – il 25 aprile non è mera occasione di formale omaggio”. Non poteva infine mancare un raccordo tra gli ideali di quei tempi e le prime visionarie idee sulla necessità di arrivare ad un Europa unita, unico vero baluardo contro i nazionalismi aggressivi di quell’epoca: “rendiamo onore ai protagonisti della Liberazione e della Resistenza che ci hanno condotto nella nuova Italia, libera, democratica e promotrice di quella che oggi è l’Unione europea, un’Italia protagonista della cooperazione internazionale”, ha concluso il presidente.

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