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Cronache

Gigi Riva è morto in ospedale, doveva essere operato al cuore dopo un infarto

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Addio Rombo di Tuono. Il calcio italiano piange uno dei suoi simboli più grandi e più amati, Luigi Rivada Leggiuno, per tutti Gigi Riva. Il capocannoniere nella storia della Nazionale se ne è andato nella ‘sua’ Cagliari, la città che lo ha accolto ragazzino e che lo ha fatto diventare uomo prima che un grande campione. Un malore improvviso se l’è portato via all’età di 79 anni, inutile il ricovero all’ospedale Brutzu di Cagliari dove è spirato. Pur non essendo nato sull’Isola, Riva ha legato la sua carriera da calciatore e la sua vita al Cagliari e alla Sardegna. Idolo indiscusso e simbolo di un popolo orgoglioso, a cui ha regalato il primo, e tuttora unico, Scudetto conquistato dalla compagine rossoblù nel 1970.

Riva è ancora oggi il miglior marcatore nella storia del Cagliari con 164 reti. Con la maglia della Nazionale italiana è stato campione d’Europa nel 1968 a Roma e vicecampione del mondo nel 1970 in Messico. Con 35 gol in 42 presenze detiene il record di marcature con la maglia azzurra. E’ stato inserito al 74esimo posto nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo stilata dalla rivista World Soccer. Nel 2011 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano tra i ‘veterani’.Nato a Leggiuno, un piccolo paese sul lago Maggiore, in provincia di Varese, Riva è rimasto ben presto orfano di padre (morto per un incidente sul lavoro in una fabbrica) e dopo la morte anche della mamma è stato cresciuto dalla sorella Fausta a cui sarà legato per tutta la vita. Spedito in un collegio religioso lontano da casa, Riva muove i primi passi da calciatore nei paesini della zona prima di essere notato dai dirigenti del Legnano. Con la squadra lombarda fa tutta la trafila delle giovanili, fino all’esordio in prima squadra nel campionato di Serie C. Nella partita contro l’Ivrea, Riva fa subito gol.

Da quel momento non si fermerà più. Ceduto nel 1963 per ben 37 milioni di lire al Cagliari, Riva si trasferì inizialmente controvoglia in Sardegna. I rossoblù militavano in Serie B e nella stagione successiva grazie anche ai gol del giovane centravanti conquistarono la promozione in Serie A. Si laureò capocannoniere del campionato 1966-67 in cui – nonostante un grave infortunio patito in Nazionale – mise a segno 18 gol. Trionfò nella classifica dei marcatori anche per le stagioni 1968-69 e 1969-70, vincendo addirittura lo Scudetto (l’unico della storia sarda) nel campionato precedente al Mundial messicano: il 12 aprile 1970, nella partita contro il Bari che assegnò il tricolore, realizzò il primo dei due gol.

La vittoria del titolo rappresentò il punto più alto della carriera di Riva, nel frattempo divenuto un simbolo del Cagliari non solamente dal punto di vista sportivo ma anche sociale e mediatico.Giocò con il Cagliari fino al termine del campionato 1975-76, chiudendo la carriera a soli 32 anni. Pur richiesto a più riprese dai principali ‘squadroni’ del Nord (fra tutti la Juventus che per portarlo a Torino, arrivò a offrire alla società sarda fino a 1 miliardo di lire), Riva dichiarò ripetutamente di non volere abbandonare la Sardegna e, con l’aiuto della società, riuscì sempre a respingere le sirene del Nord.

Una scelta di cuore, che probabilmente gli precluse la possibilità di vincere altri trofei a livello nazionale e internazionale. Nel 1969 Riva arrivò infatti secondo nella classifica del Pallone d’oro, alle spalle di Gianni Rivera per 4 punti e nel 1970 fu terzo dietro Gerd Müller e Bobby Moore. Riva ha legato alcune delle pagine più belle della sua carriera alla Nazionale, con cui ha esordito nel 1965 a 20 anni. Nel 1966 l’allora ct Edmondo Fabbri lo aggregò alla spedizione azzurra per il fallimentare campionato del mondo in Inghilterra, senza inserirlo però tra i 22 convocati. Due anni dopo si laureò campione d’Europa con l’Italia, giocando solo la finale di ripetizione contro la Jugoslavia (la prima partita era finita 1-1 dopo i tempi supplementari), segnando il gol del momentaneo 1-0 nel primo tempo.

Nel ’70 ai Mondiali in Messico anche grazie a una sua doppietta nei quarti contro i padroni di casa, l’Italia conquistò la semifinale. Nella leggendaria partita contro la Germania, vinta dagli Azzurri per 4-3 dopo i supplementari, Riva segnò uno dei gol che fecero entrare nella storia quella partita. Nella finale persa contro il Brasile di Pelè, Riva entrò nell’azione del gol di Boninsegna per il momentaneo 1-1. Ai Mondiali del ’74 in Germania giocò la sua ultima partita in azzurro, contro l’Argentina. Soprannominato Rombo di Tuono dal giornalista Gianni Brera per la potenza del tiro e la prolificità sotto rete, mancini naturale, abile in acrobazia, Riva è stato uno dei più grandi attaccanti della propria generazione e non solo.

A metà degli anni Sessanta Riva fece scalpore anche nella cronache rosa, quando si innamorò di una donna sposata, la famosa Gianna. Una relazione che nell’Italia del tempo destò grande scalpore e che finì addirittura in tribunale quando il marito della donna scoprì la relazione. Riva avrebbe potuto anche intraprendere una carriera nel cinema, quando il regista Franco Zeffirelli pensò a lui per la parte di San Francesco in Fratello sole, sorella luna.

Ma rifiutò anche in quel caso una montagna di soldi. Abbandonato il calcio giocato, Riva ha continuato a vivere a Cagliari aprendo una scuola calcio che porta l suo nome. A metà degli anni ’80’ è stato per un breve periodo presidente del Cagliari, poi dal 1990 è stato dirigente accompagnatore e infine team manager della Nazionale fino al 2013. C’era anche lui nella storica notte di Berlino nel 2006 quando l’Italia è diventata campione del Mondo per la quarta volta. Dal 2019, infine, è diventato presidente onorario del Cagliari.

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L’addio a Papa Francesco seguito da tutto il mondo, dalle tv ai social

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Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero. La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati. Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.

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Il rosso e il nero, a San Pietro geografia del potere

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Il rosso porpora dei cardinali e il nero degli abiti in lutto, il bianco delle rose e il marmo bianco del colonnato. Tra cerimoniale e protocollo sul sagrato di San Pietro si è dispiegata la geografia del potere spirituale e temporale racchiusa nella regia sapiente del rito. Le spettacolari immagini dall’alto, realizzate grazie anche all’inedito utilizzo di droni, hanno trasformato piazza San Pietro in una gigantesca scacchiera dell’equilibrio mondiale: da un lato il rosso degli abiti cardinalizi, dall’altro il nero degli abiti dei capi di Stato e consorti sapientemente distribuiti in base a ruolo e peso internazionale. A seguire, in una sorta di sfumatura cromatica, il bianco dei concelebranti e i variopinti completi delle decine di migliaia di fedeli. In prima fila la delegazione italiana e quella argentina alle quali si sono affiancate, con un piccolo strappo al cerimoniale che voleva una disposizione in ordine alfabetico francese, quelle dei principali governi europei e mondiali, dalla Francia agli Stati Uniti, passando per la Spagna e l’Ucraina. L’unico outfit blu, invece del tradizionale nero, è stato quello del presidente americano, Donald Trump che, in prima fila, si trovava tra Filippo di Spagna ed Emmanuel Macron. Zelensky per un giorno ha dismesso maglietta e pantaloni tecnici in verde militare per vestire di nero. Poi le first ladies di ieri e di oggi e nobili col capo coperto da un velo nero, da Melania Trump a Jill Biden, da Silvia di Svezia a Letizia di Spagna. Victoria Starmer ha preferito però un cappello con veletta. Capo coperto anche per la figlia del presidente Mattarella, Laura. Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen e Brigitte Macron non hanno rinunciato allo stile rigoroso ma senza veletta. L’austerità della celebrazione a piazza San Pietro ha lasciato poi spazio alle rose bianche con cui i poveri e i migranti hanno accolto il feretro di Francesco a Santa Maria Maggiore, proprio come lui avrebbe voluto. Gli zuccotti rossi dei cardinali si confondevano con le giacche beige dei fedeli o le magliette dell’Argentina, ai jeans strappati e gli smanicati rossi. Ad accompagnare il feretro verso la cappella dove poi Bergoglio è stato tumulato prima i domenicani, con il loro tradizionale – ed umile – abito nero e bianco, e poi quattro bambini. Nelle loro mani due cesti di rose bianche offerte dai poveri davanti all’altare della Basilica tanto cara a Francesco. Lo stesso altare sul quale, dopo le dimissioni dal Gemelli, il Pontefice decise di far deporre a sorpresa i fiori gialli della signora Carmela. Che, anche oggi, immancabile, ha deciso di prender parte alle esequie, tra i Grandi della Terra e gli “ultimi del mondo”.

(Foto in evidenza di Imagoeconomica)

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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