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Ambiente

Ghiacciai alpini ridotti del 60% in 150 anni

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I ghiacciai italiani sono sempre piu’ a rischio per colpa dei cambiamenti climatici: dalla perdita di neve e di ghiaccio alla degradazione del permafrost, viene stimato che la superficie di ghiaccio dell’arco alpino si sia ridotta del 60% negli ultimi 150 anni. La situazione che preoccupa di piu’ e’ quella nelle Alpi Orientali, con il ghiacciaio della Marmolada che in base agli ultimi dati “potrebbe scomparire nell’arco di 15-20 anni”. La fotografia viene scattata da Legambiente, in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano (CGI), ed e’ contenuta nel rapporto sui ghiacciai alpini ‘Carovana dei ghiacciai’. Oltre al ghiaccio sembrano sciogliersi anche gli impegni presi con l’Accordo di Parigi. Che ormai sembrano insufficienti a contenere la crisi dovuta ai cambiamenti climatici. Ed e’ per questo che ritorna in piazza Greta Thunberg, con una nuova marcia globale, domani, per il clima; i ‘suoi’ ragazzi, i Fridays for future, scenderanno in strada proprio per ricordare la data di quegli accordi, cinque anni fa. “Dobbiamo passare dalle parole ai fatti – ha detto l’attivista svedese – basta con target clima al 2030 o al 2050, servono obiettivi vincolanti annuali di riduzione delle emissioni. In cinque anni sono successe molte cose ma siamo ancora allo stadio del diniego, eppure la crisi climatica non e’ una cosa del futuro, le persone soffrono ora”. Secondo l’analisi di Legambiente “dalla fine del decennio del 1980 la contrazione dei ghiacciai si e’ notevolmente accelerata e i delicati equilibri degli ambienti glaciali d’alta quota sono stati sconvolti dal progredire del riscaldamento” globale. Nel settore delle Alpi centrali “procede incessante da numerosi anni la contrazione delle fronti, particolarmente marcata nel 2018”. Tra i gruppi montuosi piu’ esposti, “il Gruppo Ortles – Cevedale, il Gruppo Badile – Disgrazia e il Gruppo Bernina e anche il Gruppo Adamello”. Nelle Alpi occidentali sulla base dei censimenti piu’ recenti sono presenti 300 ghiacciai che occupano una superficie complessiva di 160 chilometri quadrati.

 

I ritiri frontali “in alcuni casi possono raggiungere le centinaia di metri” come i “meno 335 metri al Ghiacciaio del Gran Paradiso nel 2019”. Ma per esempio “il Ghiacciaio del Grand Etre’t (Gran Paradiso) ha perso negli ultimi 20 anni quasi 20 metri di spessore”. Secondo i dati del Comitato glaciologico italiano negli ultimi 150 anni “i ghiacciai delle Alpi Giulie hanno visto ridursi il proprio volume del 96% e la propria area dell’82%. Situazione non buona anche per i ghiacciai delle Alpi Occidentali e Centrali: sulle prime sono praticamente scomparsi i ghiacciai delle Alpi Marittime; sulle Alpi Centrali preoccupa lo stato di salute del grande ghiacciaio dei Forni che, con un’estensione areale di circa 11 kmq, e’ il piu’ esteso in Italia dopo quello dell’Adamello”. Alla luce di questi dati Legambiente propone un pacchetto di 12 punti. E chiede, tra le altre cose, con un appello che il Governo approvi al piu’ presto il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e metta in campo politiche ambiziose sul clima per arrivare a emissioni zero al 2040. “Occorre agire adesso e al piu’ presto, senza perdere altro tempo – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – se non vogliamo che il riscaldamento climatico produca effetti devastanti e irreversibili sui territori alpini. Un appello che rilanciamo nuovamente a pochi giorni dal quinto anniversario dalla firma degli Accordi di Parigi”.

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Procida, la Corricella sulla copertina di Lonely Planet

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Una bellissima foto della Marina Corricella, il suggestivo e policromo borgo dei pescatori dell’isola di Procida, è sulla copertina della guida Lonely Planet nella edizione dedicata al Sud Italia appena pubblicata. L’immagine dall’alto dell’anfiteatro di case dipinte di mille colori che si affaccia sul Tirreno è stata scelta dai curatori della guida tustistica più famosa del mondo per rappresentare esaustivamente “Il sud essenziale e sbiancato dal sole dell’Italia è il paese nella sua forma più antica, piena di sentimento e sensuale. Quaggiù le rovine sono più antiche, i pranzi più lunghi, i paesaggi più selvaggi e intensi”. La copertina di Lonely Planet arriva pochi giorni dopo l’annuncio che, sempre la Corricella, è stata scelta dalla Accademia Europea del Cinema presieduta da Juliette Binoche, tra gli otto nuovi “Tesori della cultura cinematografica europea”, luoghi simbolici per il cinema del nostro continente e da preservare per le generazioni a venire.

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Avvistata in Italia una nuova specie di uccelli

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Piccoli migratori con piumaggio fra il marrone e il grigio, finora mai visti in Italia, sono stati avvistati per la prima volta in Campania. Si allunga così l’elenco delle specie di uccelli presenti nel nostro Paese- Il risultato. annunciato in occasione della Giornata della Terra, è pubblicato sulla rivista Dutch Birding da Marco del Bene, Alessia Addeo e Rosario Balestrieri ,della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La specie avvistata per la prima volta in Italia si chiama Monachella dal cappuccio (Oenanthe monacha) ed è stata vista durante rilievi ambientali nei pressi di Bacoli (Napoli), il 24 maggio 2023. Per Balestrieri è la “prima testimonianza del passaggio della specie nel Mediterraneo Centrale”. Finora, infatti, la Monachella dal cappuccio era nota in Egitto, Israele, Penisola Arabica e Pakistan.

“L’esemplare osservato a Bacoli – dicono i ricercatori – si trovava su un muro di contenimento degli argini di un canale, vicino al mare. Presentava un piumaggio marrone camoscio/grigio chiaro, con coda marrone, sottocoda camoscio e timoniere scure”. La scoperta, osservano ancora i ricercatori, sottolinea l’importanza di monitorare costantemente la biodiversità e proteggere gli ambienti che l’accolgono, ma anche l’importanza di documentare quel che si vede e di confrontarsi fra specialisti del settore”. Del Bene rileva che si conferma “l’importanza dei monitoraggi ai fini della conservazione e gestione delle specie” e per Addeo questa scoperta permette di “ampliare sempre di più le reti di conoscenze che ci permettono di comprendere al meglio le rotte migratorie”.

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Rifiuti, planet contro plastic: obiettivo è il – 60% entro il 2040

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Ridurre il 60% delle plastiche sul pianeta entro il 2040, sensibilizzando i cittadini del mondo sui danni arrecati dalla plastica alla salute umana, animale e alla biodiversità; eliminare la plastica monouso entro il 2030, investire in tecnologie e materiali innovativi per costruire un mondo senza plastica: questi gli obiettivi della 54esima Giornata mondiale della terra sul tema Planet Vs Plastics. “Una Giornata e insieme una richiesta pressante per agire subito a salvaguardia della salute di ogni essere vivente sul pianeta non solo per limitare il più possibile l’uso della plastica, ma anche per chiedere iniziative e politiche di sensibilizzazione. Prendere consapevolezza è il primo passo”, spiega il direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero.

I dati dell’indagine Waste Watcher, realizzata su monitoraggio Ipsos ed elaborazione dell’Università di Bologna-Distal, segnalano che in Italia oltre otto cittadini su 10, l’85%, sono disposti a ridurre l’acquisto di prodotti con packaging plastico, malgrado il consumatore italiano riconosca al packaging un’importante funzione per la conservazione del cibo e quindi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. E quasi un terzo dei consumatori italiani è disposto a rinunciare all’acquisto di un prodotto di cui ha bisogno, qualora fosse contenuto in un packaging non riciclabile. Sempre secondo Waste Watcher, quasi il 75% dei consumatori nella scelta di un prodotto considera la tipologia dell’imballaggio e l’impatto che quest’ultimo ha sull’ambiente grazie alla sua potenziale riciclabilità. “Un piccolo passo avanti nella sensibilità diffusa sul tema delle plastiche, anche se molto resta da fare”, per Segrè.

Planet Vs Plastics ci ricorda che non c’è un’altra Terra: dalla prima edizione della Giornata Mondiale, il 22 aprile 1970, nostro pianeta non ha certo migliorato il suo stato di salute. Fra meno di 30 anni, ai ritmi attuali, negli oceani ci sarà il quadruplo della plastica e uno degli hotspot globali per le microplastiche è il Mediterraneo. Nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino, ben 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, secondo l’ultimo rapporto Wwf. Ogni anno il Mediterraneo ingurgita 229.000 tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto.

Di queste, ben il 15% arriva dall’Italia. Se i mari del pianeta sono invasi dalle plastiche, non sta meglio la Superficie Agricola Utilizzata (SAU), quella su cui si producono gli alimenti: la perdita di terreni coltivati determina un deterioramento degli ecosistemi, che porta a dissesti ambientali e sociali. Waste Watcher International ha calcolato quanti terreni coltivabili stanno producendo rifiuti alimentari domestici: in Italia lo spreco medio pro capite pari a 566.3 g secondo le rilevazioni del “Caso Italia” Waste Watcher (febbraio 2024), vanifica e ‘brucia’ il raccolto di una Superficie Agricola Utilizzata (SAU) pari a 1,643 milioni di ettari e quindi quasi come l’estensione agricola di Belgio + Slovenia (1,833 milioni di ettari).

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