La mossa legale di Daniela Santanchè non è stata presa bene dal suo partito, per usare l’eufemismo a cui ricorrono alcuni suoi colleghi. La possibilità che slitti in avanti la decisione sul rinvio a giudizio della ministra del Turismo è tutt’altro che ideale, dal punto di vista di FdI, e dove non si vedono alternative alle dimissioni se dovesse finire a processo con sulla presunta truffa aggravata ai danni dell’Inps. La vicenda da mesi rappresenta una questione scomoda da gestire per Giorgia Meloni, anche se non filtra nulla in queste ore da Palazzo Chigi, in una giornata in cui la premier ha lavorato da remoto e in call ha avuto il colloquio programmato con il commissario per i partenariati internazionali dell’Unione europea, Josef Síkela.
Alla guida di un governo che giovedì diventerà il quinto più longevo della storia repubblicana (un giorno in più del Prodi I, in carica 886 giorni fra il ’96 e il ’98), la premier ha fin qui evitato ogni tipo di rimpasto, sostituendo rapidamente Gennaro Sangiuliano e Raffaele Fitto nei mesi scorsi. A fine febbraio la mozione di sfiducia delle opposizioni contro Santanchè è stata respinta senza sorprese, e così sarà anche nelle prossime ore per quella contro il guardasigilli Carlo Nordio. Ma il tema del ritocco alla squadra tornerà di attualità se l’udienza preliminare sulla ministra dovesse finisse con un rinvio a giudizio. Il momento della verità potrebbe slittare, se venisse depositata la richiesta di “termini a difesa” per studiare il procedimento, preannunciata da Salvatore Pino, entrato nel collegio difensivo al posto di Salvatore Sanzo.
Quando la notizia è rimbalzata dal Palazzo di Giustizia di Milano ai palazzi della politica a Roma, nel giro di un quarto d’ora è arrivato il commento di FdI. Ed è dello stesso tenore di quello con cui il 25 febbraio, enfatizzando una riflessione su cui la ministra era stata più soft nel suo intervento contro la mozione di sfiducia, il partito la ringraziò per aver “chiaramente detto” che in caso di rinvio a giudizio “farebbe prevalere il cuore alla ragione e lascerebbe il suo incarico governativo per amore e rispetto di FdI e del presidente del Consiglio”.
“Noi riteniamo – ha spiegato questa volta il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami -, come ha detto il ministro stesso quando è venuta in Aula, che nel momento in cui ci dovesse essere un rinvio si arriverebbe ad una presa d’atto della necessità di rilasciare l’incarico, non perché stia governando male il turismo, dove anzi abbiamo dati assolutamente premianti, ma per garantire a lei la possibilità di difendersi nel modo più sereno possibile”. E nella stessa direzione è andato poco dopo Giovanni Donzelli, che non si è espresso sul cambio di avvocato, “una scelta personale” che riguarda “le dinamiche processuali”, ma ha evidenziato il “dato politico”: “Santanchè stessa ha detto in Aula che in caso di rinvio a giudizio sarà lei a dimettersi”.
E a chi faceva notare che a febbraio in realtà Santanchè parlò di “una riflessione, per poter anche valutare le mie dimissioni”, senza “nessun tipo di pressione”, il responsabile organizzazione di FdI ha replicato: “Valuterà lei come reputa opportuno, senza condizionamenti, per carità, ma quando dice che valuta si intende questo”. Duro il commento di Giuseppe Conte, secondo cui cambiare l’avvocato è “un bel trucchetto, un espediente”.
“Complimenti ministra, cambi avvocato per prendere più tempo, per puntare alla prescrizione – ha attaccato il leader del M5s -. Meloni, FdI, Santanchè, non trovate vergognosa questa condotta? Davanti ad accuse già conclamate di una truffa per uso di fondi Covid l’unica soluzione non sono le dimissioni? Meloni, lei è ricattata da Santanchè. Quali azioni avete fatto insieme per non aver la forza di far dimettere un ministro?”.