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Fuortes, sulle nomine ho rispettato legge e statuto Rai

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Le nomine in Rai sono state decise “rispettando quanto stabilito dalla legge e dallo Statuto dell’azienda. E’ quanto ho fatto e faro’ in seguito, in autonomia quando e’ previsto e ricercando l’accordo con il cda quando e’ richiesto”. Sgombra subito il campo dalle polemiche l’ad della tv pubblica Carlo Fuortes che, ascoltato in Vigilanza insieme alla presidente Marinella Soldi, torna sui a temi ‘caldi’ legati alla trasformazione in atto in azienda. Fra questi, la necessita’ di risorse per portare avanti l’innovazione digitale e l’impegno per una maggiore inclusione di genere, anche grazie all’impulso del Pnrr; il nuovo Contratto di servizio e una nuova visione complessiva del servizio pubblico, che non abbia solo lo share come criterio di valutazione. “Sono molto soddisfatto delle nomine alle testate, che rispondono a criteri di equilibrio, pluralismo, completezza, obiettivita’, indipendenza – sottolinea Fuortes, elencando le norme alle quali si e’ attenuto -. Sono scelte vantaggiose per l’intera societa’”, anche per “l’accresciuta presenza delle donne”.

Una risposta alle polemiche politiche degli ultimi giorni, che hanno visto in prima fila il leader dei Cinquestelle Giuseppe Conte, con la rinuncia a partecipare ai programmi dell’azienda pubblica. Una presa di posizione sulla quale oggi l’ex premier torna con toni meno netti, parlando di decisione non irreversibile: “Non ci e’ apparso chiaro il criterio e occorreva un punto di chiarimento”. “Abbiamo lavorato con impegno e convinzione nel rispetto dei criteri che la legge ci impone, al di la’ delle posizioni di ognuno – spiega la presidente della Rai Marinella Soldi – ci auguriamo che potremo lavorare in sintonia con questa commissione, realizzando la modernizzazione della Rai e il rinnovo del contratto di servizio”. Un impegno che ha fra gli obiettivi anche l’uguaglianza di genere, “che non e’ un tema di moda ma un volano di sviluppo economico, un caposaldo del progresso, una questione che deve essere centrale. Ci affacciamo al 25 novembre con dati drammatici, un femminicidio ogni tre giorni: c’e’ molta strada da fare e la Rai dovra’ incidere di piu’ – aggiunge Soldi -. Abbiamo il compito di mostrare che lavoro e competenza non sono piu’ importanti per gli uomini che per le donne, come pensa un terzo degli italiani”. Tra i punti principali per “un nuovo servizio pubblico” anche “adeguare “la nostra organizzazione ai tempi e alle modalita’ di fruizione dell’era digitale” che “significa rispondere meglio ai bisogni dei cittadini, senza lasciarne fuori nessuno. E’ l’essenza del Servizio pubblico e del pluralismo”. Resta tuttavia il nodo economico: “In Italia scarseggia il personale con competenze digitali, tanto che l’85% delle aziende non riesce a trovarlo. Per attrarre i nuovi talenti digitali c’e’ bisogno di risorse adeguate, di cui al momento Rai non dispone”. Un grande stimolo arrivera’ dai fondi del Pnrr, anche se “la Rai come organismo di diritto pubblico, non puo’ accedere direttamente agli stanziamenti che il piano prevede per le Pubbliche Amministrazioni – ricorda la presidente -. La nostra personalita’ giuridica ibrida non ci favorisce e possiamo solo accedere ai bandi dei diversi ministeri”.

Tra i passi fondamentali c’e’ il nuovo modello organizzativo per generi approvato all’unanimita’ dal Consiglio di Amministrazione “che da’ le possibilita’ per innovare dalla radice la programmazione della Rai e potra’ consentire di realizzare un nuovo servizio pubblico adeguato alle esigenze di sviluppo culturale, sociale, economico, artistico del Paese” spiega Fuortes. Una visione di servizio pubblico nella quale non si insegue “lo share come unico parametro di successo, ma che propone e offre una vera e piena alternativa al modello di televisione commerciale”. Lo share, per l’ad, “non riesce di per se’ a misurare la qualita’ di un programma, il suo valore culturale o quello artistico” e non puo’ essere l’unico riferimento in un quadro sociale nel quale i giovani si allontanano sempre piu’ dalla tv. “Immaginiamo una trasmissione che ottenga la meta’ dello share medio della rete sulla quale va in onda, ma che questa quota sia composta quasi esclusivamente da giovani. Rappresenterebbe un grande risultato. Seguendo i criteri correnti, quella trasmissione andrebbe chiusa”, aggiunge l’ad alludendo a ‘Da grande’, lo show che ha visto il debutto di Alessandro Cattelan in prime time su Rai1. I cambiamenti “si cominceranno a vedere nella prossima estate e piu’ compiutamente dal nuovo palinsesto 2022/23 che dovra’ iniziare a dare nuova luce al servizio pubblico di Rai – sottolinea Fuortes – . Conta adesso la nuova direzione di marcia”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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