La cosa che a raccontarla magari fa ridere qualcuno ma che invece è il senso stesso del racconto è il fatto che il signore che la polizia ha denunciato non solo non ha capito il motivo per cui sarà processato (forse) ” ma ha persino mostrato dispiacere perché non si aspettava tanto accanimento da parte della polizia. Di chi e di che cosa parliamo? Degli agenti del commissariato Vicaria –Mercato che durante un normale servizio di controllo del territorio, hanno notato in vico VI Duchesca (siamo nel cuore del centro antico di Napoli) un uomo intento ad agganciare una catena a dei paletti in ferro. Era suolo pubblico e dunque i poliziotti hanno voluto capire chi è perché delimitasse una strada con dei paletti.
E che cosa hanno scoperto i poliziotti? Che quell’uomo aveva installato tre paletti di metallo sulla pubblica via, a circa 5 metri l’uno dall’altro, intervallandoli con una catena assicurata con dei lucchetti di cui deteneva le chiavi, tutto allo scopo di “riservare” spazi destinati alla sosta delle auto. Possiamo solo immaginare che riscuotesse un canone mensile o settimanale o quotidiano. Certo non lo faceva per il piacere di farlo.
L’uomo è stato denunciato per occupazione di suolo pubblico e danneggiamento, e sanzionato amministrativamente per violazione del Codice della Strada e per l’esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo.
I paletti sono stati rimossi con la collaborazione di personale dei Vigili del Fuoco e ora la strada è libera. Ma di strade come quella ripulita dalla polizia in quella zona e altre zone del centro antico di Napoli ce ne sono tante altre. E aspettano tutte di essere liberate dai paletti e dai parcheggiatori-estorsori.
Lo studio medico di medicina generale di Senna Lodigiana è stato posto sotto sequestro oggi dalla Procura della Repubblica di Lodi dopo che uno dei medici che vi operava, il piacentino 61enne Giovanni Marchionni, è stato trovato ieri in gravissime condizioni all’interno, con una grave emorragia e diverse fratture e oggi è morto all’ospedale Niguarda di Milano. A trovarlo incosciente la sua segretaria, che aveva le aveva le chiavi dei locali. L’ipotesi prevalente è che il professionista, mentre si trovava da solo nello studio che si ritiene fosse stato chiuso dall’interno da lui stesso, sia stato colpito da un ictus e, cadendo al suolo, abbia riportato alcune fratture al cranio e alle vertebre ma sono in corso indagini e è stata disposta l’autopsia sul cadavere.
La gestione dei parcheggi dello stadio di San Siro si sarebbe trasformata, da oltre un decennio, in un sistema illecito basato su estorsioni, usura e corruzione, con ramificazioni che arrivano fino alla criminalità organizzata. È quanto emerge dal nuovo filone dell’inchiesta “Doppia Curva”, coordinato dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano Paolo Storari, Sara Ombra e Leonardo Lesti.
Mauro Russo e i parcheggi “gestiti con modalità estorsive”
Al centro dell’indagine Mauro Russo, ex volto noto della curva Nord interista ed ex socio, in affari di abbigliamento, con Paolo Maldini e Bobo Vieri (entrambi estranei all’inchiesta). Secondo la Procura, Russo avrebbe gestito il business dei parcheggi a San Siro in maniera illecita e con metodi tipicamente mafiosi. Una gestione che andrebbe avanti da oltre dieci anni, si legge nella richiesta di misura cautelare firmata dai magistrati.
Arresti e accuse: estorsione, usura, false fatture
Sette le persone arrestate ieri su ordine del gip Domenico Santoro, tra cui Davide Scarfone, ritenuto vicino ad Antonio Bellocco, appartenente all’omonima cosca di ‘ndrangheta e inserito nel direttivo della curva Nord fino al suo omicidio, avvenuto a settembre per mano del capo ultrà Andrea Beretta, oggi collaboratore di giustizia.
Tra le accuse, anche l’utilizzo di fatture false e minacce per riscuotere interessi usurari, anche dopo la morte di Bellocco. I pm sottolineano come, nonostante gli arresti e le indagini in corso, i sodali del clan abbiano continuato a esercitare pressione su un imprenditore debitore.
Il ruolo di Aldo Russo e i legami con il mondo Milan
Emergono anche i legami tra Aldo Russo (non indagato), fratello di Mauro e cognato di Paolo Maldini, e la capacità di quest’ultimo di introdurre l’imprenditore dei parcheggi Gherardo Zaccagni nel mondo Snai e nei vertici societari del Milan.
Mauro Russo, intanto, è ai domiciliari e sarà interrogato venerdì. Domani toccherà agli indagati detenuti in carcere, tra cui lo stesso Scarfone.
La Dda sottolinea anche che Russo è indagato in un’altra inchiesta, di recente chiusa, per corruzione tra privati, e che la sua attività imprenditoriale sembra poggiare su “episodi estorsivi e corruttivi”.
Sophie Codegoni, 23 anni, influencer da oltre un milione di follower e volto noto del Grande Fratello Vip, racconta per la prima volta con dolore e coraggio il suo calvario. Una storia di violenza psicologica, controllo ossessivo e minacce che l’ha portata a denunciare l’ex compagno Alessandro Basciano, oggi indagato per stalking aggravato.
Un amore nato sotto i riflettori, finito nel terrore
«Tante volte ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare di denunciare? È tostissimo. So di aver fatto la cosa giusta, ma sto vivendo un inferno», dice Sophie tra le lacrime. La relazione con Basciano era nata nel 2021 all’interno della casa del GF Vip. Lei aveva 19 anni, lui 31. Dopo il reality, la convivenza a Roma e la nascita della figlia Celine Blue sembravano coronare una storia d’amore. Ma dietro la facciata, si nascondeva un incubo.
La denuncia e il dispositivo anti-stalker
«A dicembre 2023 ho ricevuto l’orologio anti-stalker dai carabinieri. Basta un tasto e arrivano le pattuglie», racconta. Prima, Sophie aveva persino assunto una guardia del corpo per tutelarsi. Ma il vero spartiacque è arrivato con la decisione di tornare dalla sua famiglia, dopo aver scoperto numerosi tradimenti.
Da lì, minacce continue: «Ovunque andassi, lui lo sapeva. Mi scriveva: “Put***, ti tolgo la bambina”». E quando tentava di allontanarsi, le rispondeva con messaggi in cui minacciava il suicidio. Fino all’episodio culminante: «Ha aggredito i miei amici, ha spaccato la loro macchina, poi mi ha chiamata dicendo che avrebbe ammazzato anche me». È stato allora che Sophie ha sporto una seconda denuncia.
Le misure del giudice: divieto di avvicinamento e braccialetto elettronico
Il 30 aprile 2025 la Corte di Cassazione ha confermato il divieto per Basciano di avvicinarsi a meno di 500 metri da Sophie e dalla figlia, e gli ha imposto il braccialetto elettronico. L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma le prove raccolte — comprese tre anni di chat fornite da Sophie — hanno mostrato, secondo la Procura, un quadro «più infernale di quanto sembrava».
La solitudine dopo la denuncia
Nonostante le misure di protezione, Sophie si dice distrutta: «Mi sento svuotata, piango sempre. Devo mostrarmi forte per mia figlia e per il mio lavoro, ma ogni parola è una ferita». Dopo la scarcerazione di Basciano nel novembre scorso, Sophie ha sentito su di sé lo sguardo del sospetto: «È stato durissimo. Ma ora ho trovato la forza di parlare».
Un messaggio alle donne
«Non ero più io, non sono più io», confessa. Il percorso è ancora lungo, ma Sophie Codegoni — con il sostegno dell’avvocata Jessica Bertolina — ha deciso di non rimanere in silenzio. Una testimonianza potente, che contribuisce a rompere il muro dell’indifferenza e dell’incredulità intorno alla violenza domestica.