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Cronache

Famiglie vittime del Ponte: incubo ritorno Benetton

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 Al momento sono solo indiscrezioni giornalistiche apparse alla vigilia di Natale ma Egle Possetti, portavoce del Comitato in ricordo delle vittime del ponte Morandi, non vuole saperne di presunte manovre da parte dei soci di minoranza privati di Aspi per riportare la famiglia Benetton “nella stanza dei bottoni della società”. “Sono iniziate le udienze processuali con l’audizione dei testimoni, si entra nel vivo del processo penale e la nostra attenzione è focalizzata su questi temi ma ci sono altre notizie che ci fanno rivoltare lo stomaco” dice Possetti che poi spiega: “pare che i nuovi azionisti di Aspi con Cdp, i fondi Macquarie e Blackstone, vogliano già avere qualche utile, dopo la loro entrata in campo prima di investire nel famigerato lavoro di rinnovamento delle infrastrutture”. Non solo. In base “a quanto sembra essere stato pattuito nella cessione e rimarcato da esposti presentati alla Procura di Roma – prosegue la portavoce del Comitato – questo ente pare ridotto ad azionista quasi di minoranza. Ma Cdp è l’azionista pubblico che dovrebbe garantire i cittadini sulla futura sicurezza delle infrastrutture, anche perché, della sicurezza nella precedente gestione non abbiamo purtroppo avuto gran riscontro”.

E in questo “marasma di immobilismo e di ‘voglio utili’, qualche ‘mente superiore’ cosa penserebbe di fare? Penserebbe di fare un bell’aumento di capitale per dare utili ai fondi e di far rientrare dalla finestra la famiglia Benetton, azionista di maggioranza al momento del crollo del Ponte Morandi”. Cosa che i familiari delle vittime non vogliono neanche sentir ipotizzare. “Ne abbiamo passate tante da quel giorno, come familiari delle vittime e come cittadini senzienti e pensiamo di averne avuto abbastanza, di avere sopportato nostro malgrado anche la cessione di Aspi con remunerazione stellare agli azionisti precedenti nella cui compagine comparivano i Benetton, che hanno ricevuto compensi inauditi per cedere quote azionarie che avrebbero dovuto essere considerate carta straccia”.

La speranza e l’auspicio del Comitato, dunque, è di avere “chiarezza” dal Governo e di “non assistere all’ennesima vergogna o altri pasticci sotterranei ancora in sfregio alle 43 vittime, ai loro famigliari e a tutti i cittadini italiani”. Intanto prosegue il processo a carico di 58 persone tra ex dirigenti di Aspi e di Spea, dirigenti del Mit e del Provveditorato. Nei giorni scorsi i pm Massimo Terrile e Walter Cotugno hanno depositato una maxi memoria di oltre 2.700 pagine in cui ripercorrono la storia del Morandi ma, soprattutto, tutta la catena di sottovalutazioni ed errori andati avanti per 50 anni. E la filosofia che ha guidato la gestione dell’infrastruttura: massimo risparmio per ottenere “eccezionali utili di esercizio distribuiti come dividendi” a favore degli azionisti vecchi (i Benetton) e di quelli nuovi (cinesi e tedeschi) “assicurando rendimenti al di fuori di qualsiasi parametro di rendimento comparativo – scrivono i pm – nel generale compiacimento della proprietà Benetton, che riversava la sua soddisfazione sui manager che la assicuravano”.

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Cronache

Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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