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Musica

Fabio Concato annuncia di avere un tumore: “Mi sto curando con fiducia”

Il cantautore Fabio Concato ha annunciato di aver interrotto i concerti per curarsi da un tumore. “Mi sto curando con fiducia e sono tranquillo”, ha scritto su Facebook.

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Cari amici, devo dirvi che sono stato costretto a interrompere i concerti a fine giugno a causa di un tumore. Mi sto curando con molta fiducia e sono tranquillo”. Con queste parole, pubblicate sulla sua pagina Facebook, Fabio Concatoha rivelato di essere malato.

Il cantautore, tra le voci più apprezzate della musica italiana, ha spiegato di aver sospeso gli impegni dal vivo per dedicarsi alle cure.

La gratitudine verso i fan

Nel messaggio, Concato ha ringraziato calorosamente il pubblico per l’affetto ricevuto: “Appena possibile sarà mia premura aggiornarvi in proposito. Intanto ringrazio infinitamente tutti coloro che mi hanno scritto manifestando la loro apprensione e il loro affetto. Ci sentiamo presto e vi abbraccio”.

Il post ha subito raccolto centinaia di messaggi di incoraggiamento e solidarietà, a testimonianza del legame profondo che l’artista ha saputo costruire con i suoi fan in decenni di carriera.

Una pausa forzata dalla musica

Concato, noto per successi come Domenica bestiale e Fiore di maggio, non ha indicato una data per il ritorno sul palco, ma ha lasciato intendere di voler condividere aggiornamenti sul suo stato di salute non appena possibile.

Il mondo della musica e il pubblico restano in attesa, con l’auspicio di rivederlo presto esibirsi.

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In Evidenza

Renato Zero e Loredana Bertè, pace fatta dopo trent’anni di incomprensioni

Dopo quasi trent’anni di incomprensioni, Renato Zero e Loredana Bertè si riabbracciano a La Spezia. Pace fatta con una sorpresa sul palco del tour 50 da ribelle.

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Alla fine, la pace è arrivata. Dopo quasi trent’anni di liti, incomprensioni e allontanamenti, Renato Zero e Loredana Bertè hanno ritrovato la loro storica amicizia con un abbraccio che ha fatto il giro dei social.

È successo domenica a La Spezia, durante una tappa del tour 50 da ribelle di Loredana. Il concerto sembrava giunto al termine, quando, sulle note di Una stupida scusa, l’artista ha salutato il pubblico. Ma ecco la sorpresa: sul palco è salito Renato Zero, accolto da un boato. Vestito di nero, ha preso il braccio della Bertè, ha chiesto di abbassare la musica e ha dichiarato: «Ci tenevo a venire fin qui per ricordare a Loredana che noi siamo i migliori anni della nostra vita». Poi, rivolto all’amica: «Sei un mito!».

Un lungo abbraccio ha così chiuso una frattura nata negli anni Novanta e, secondo indiscrezioni, legata a questioni economiche e ai diritti di alcune canzoni. In passato, la Bertè aveva dichiarato: «Non lo perdono», mentre Zero, pur prendendo le distanze, aveva parlato di un legame indissolubile.

Negli ultimi mesi, segnali di riavvicinamento non erano mancati: a giugno Renato era stato avvistato al concerto romano di Loredana, e i due avrebbero ripreso a parlarsi al telefono. Lo spiraglio più concreto era arrivato proprio dalla Bertè, che a Belve aveva ammesso: «Mi manca tanto, come presenza».

La loro amicizia nasce alla fine degli anni ’60, quando erano giovani artisti ribelli. Insieme recitarono nella versione italiana di Hair, condividendo una visione libera e anticonformista dell’arte. Negli anni, le avventure comuni sono diventate leggenda, come quando fecero i “manichini viventi” in una vetrina romana, bloccando il traffico.

Nel 2011, in un messaggio letto in tv, Zero scriveva a Loredana: «Evviva il nostro coraggio, amica mia». Oggi quelle parole sembrano aver trovato un nuovo significato, suggellando una pace che i fan attendevano da decenni.

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Musica

Baby K festeggia i 10 anni di “Roma-Bangkok” e rilancia: «La musica è fatta di magie, non di calcoli»

A dieci anni dal tormentone “Roma-Bangkok”, Baby K ripercorre la sua carriera tra rap, pop e sfide commerciali, difendendo la sua libertà artistica e la spontaneità dei suoi successi.

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In un’estate povera di grandi tormentoni, Baby K (nella foto) celebra i dieci anni di Roma-Bangkok, brano che ha segnato una svolta nella sua carriera, arrivando a conquistare il disco di diamante. «Nulla doveva andare come poi è andato» racconta la cantante, all’anagrafe Claudia Nahum, 42 anni. Il brano nacque in poche settimane come un azzardo, con Takagi & Ketra a proporre l’inedito duetto con Giusy Ferreri, accolto inizialmente con scetticismo da molte radio. «Poi il pubblico ha deciso per noi, ed è stato travolgente».

Dal rap di nicchia al pop contaminato

Nata a Singapore e cresciuta tra Giacarta e Londra, Baby K ha iniziato nel rap, quando era un genere di nicchia in Italia. «Spero che le donne rapper di oggi non abbiano la memoria corta» sottolinea. Negli anni ha curato testi, coreografie e video, portando in Italia un immaginario pop contaminato con l’estero, contribuendo a rilanciare il mercato estivo. «Non è scontato restare per 17 anni in un settore così competitivo».

Le polemiche e il brano con Chiara Ferragni

Nel 2020 arrivò Non mi basta più, in collaborazione con Chiara Ferragni e legato a un brand di prodotti per capelli. Le critiche non mancarono, ma Baby K respinge ogni accusa: «Il pop è fatto anche di questo, da sempre. Non ho visto le stesse critiche verso i maschi». Per lei fu una sfida divertente e un’operazione in linea con la sua visione artistica.

Rompere la bidimensionalità

Spesso accusata di avere successi “costruiti a tavolino”, Baby K ribadisce che i suoi risultati sono frutto di azzardi e del sostegno del pubblico. Con Follia mediterranea, primo brano di una trilogia, punta a rompere l’immagine di artista bidimensionale: «Racconto un’estate piccante, con la donna alla guida, dove non si balla ma si fa sesso. È il mostro finale della hit estiva».

Perché i tormentoni non funzionano più

Per l’artista, il motivo della crisi delle hit estive è chiaro: «Il mercato è saturo, il pubblico non sa più cosa seguire. Se tutto è prevedibile, si perde l’aspetto umano. La musica è fatta di magie».

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Kendrick Lamar infiamma l’Olimpico: show da record con Sza, freestyle e omaggi a Compton

L’unica data italiana del Grand National Tour di Kendrick Lamar conquista l’Olimpico: 60mila in delirio tra freestyle, fuochi, la Buick di famiglia e l’esibizione con Sza.

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Una Buick anni Ottanta emerge dal palco come una visione. È quasi l’ora 21 quando Kendrick Lamar infiamma l’Olimpico di Roma, sotto lame di fuoco e un boato da 60mila spettatori. La folla è accorsa da ogni angolo d’Italia — e non solo, tanti fan sono arrivati da Stati Uniti e Asia — per l’unica tappa italiana del suo Grand National Tour, tour che ha già frantumato record negli USA con 256,5 milioni di dollari di incassi, superando perfino la coppia d’oro dell’hip hop Jay-Z e Beyoncé.

L’auto che apre lo show non è un semplice oggetto scenico: è quella stessa Buick su cui il padre riportò a casa Kendrick dopo la nascita, nel 1987. Simbolo personale e culturale, già evocato nel nuovo album GNX (2024).

Tra fuoco, rivalità e omaggi a Compton

Lamar apre il live con “Wacced Out Murals”, brano ispirato a un murale a lui dedicato nel suo quartiere natale di Compton, poi vandalizzato da un fan di Drake — ennesimo capitolo di una rivalità culminata nella hit “Not Like Us”, in vetta alla Billboard Hot 100 per otto settimane.

È un’escalation visiva e musicale: torce dei cellulari come girandole, scenografie taglienti, e al centro un artista che fonde estetica e contenuto. L’arrivo sul palco della partner creativa Sza (Solána Imani Rowe), con cui Lamar collabora dal 2014, segna un cambio di atmosfera: le tinte dell’R&B prendono il sopravvento con “Love Galore” e “Broken Clocks”, tra suggestioni morbide e naturalistiche.

Rap e verità, tra fuoco e spiritualità

Il ritorno di Kendrick è una fiammata: cappello da baseball al contrario, catena con medaglione a forma di X, e una scritta che campeggia sullo sfondo come un oracolo: “Verità e bugie su di me e su di voi”. Parte così “Euphoria”, seguita da “Reincarnated”, traccia-manifesto del suo debito verso i maestri del rap West Coast come Tupac Shakur, Dr. Dre, gli N.W.A. e Snoop Dogg.

È il romanzo nero dell’America che prende voce, con liriche che alludono alla reincarnazione nei grandi protagonisti della musica afroamericana del passato. Le rime sono taglienti, evocative, politiche.

Quando attacca “Family Ties”, lo stadio esplode: la scelta esistenziale tra “Money or Power” campeggia sullo schermo. È delirio puro, con la platea che si scatena in un pogo collettivo.

Il silenzio prima della rinascita

Alle 21.46 cala il buio. Silenzio. Poi il coro: “Kendrick, Kendrick”. Un cono di luce affiora dal buio, Lamar riappare con un freestyle crudo, puro, da vero master of ceremony. Il pubblico è sospeso. L’arte si fa rap, parola, testimonianza.

Chiude con “All The Stars”, brano scritto con Sza per la colonna sonora di Black Panther, e poi con “Luther” e “Gloria”, ballate che raccontano l’identità afroamericana come epopea collettiva, tra riferimenti ai miti del rap come Common e Nas.

Nel finale, la Buick con cui era entrato in scena lo riporta via, chiudendo il cerchio tra origine e destino. Un romanzo musicale potentissimo, che parte dal cuore di Compton e arriva dritto alle anime di chi ascolta.

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