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Éva Henger: solo quattro film hard, poi il salto in tv. Schicchi? Un visionario

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In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Éva Henger (le foto sono di Imagoeconomica) ripercorre la sua carriera, dagli esordi nel mondo dello spettacolo alla controversa esperienza nel cinema per adulti, fino al recente debutto come sceneggiatrice e regista. Un racconto a cuore aperto in cui l’ex attrice ungherese parla anche del rapporto con il marito Riccardo Schicchi, figura chiave nell’industria del porno italiano, e delle amicizie con Moana Pozzi e Ilona Staller.

“Ho girato solo quattro film hard, poi basta”

Henger chiarisce un aspetto che, a suo dire, è sempre stato esagerato:

«Di film porno ne ho girati solo quattro. Mio marito Riccardo Schicchi non voleva, ma non so che mi era preso… Facevo foto e spettacoli sexy, però ovunque andassi mi dicevano: ho visto tutti i tuoi film. Non ne avevo fatto neanche uno, ma per tutti ero una pornostar. Così ho pensato: tanto vale, li faccio anche io».

Una scelta che ha avuto conseguenze legali e personali:

«Quei quattro film sono stati rimaneggiati fino a trarne oltre venti, e ne sono scaturiti anni di cause legali».

Nel frattempo, però, la sua carriera ha preso una svolta diversa, portandola alla conduzione di programmi tv per famiglie come Paperissima Sprint.

Il ritratto di Schicchi: “Era un visionario”

L’intervista approfondisce il legame con Riccardo Schicchi, descritto come un uomo geniale e fuori dagli schemi:

«Era folle, infantile. Voleva vivere in un mondo fatto di farfalle, gioia e amore. La sua era una lotta per la libertà e contro l’ipocrisia».

Un uomo capace di trasformare un settore marginale in un fenomeno di costume:

«Grazie a lui la morale è cambiata: ha portato Cicciolina in Parlamento e Moana Pozzi su tutte le televisioni».

Schicchi, però, era anche ingenuo in ambito finanziario:

«Si è fatto raggirare più volte e ha perso tutto, compreso il nostro appartamento».

Moana Pozzi e la leggenda sulla sua morte

Éva Henger parla anche del legame con Moana Pozzi, di cui è appena uscito un film biografico. Secondo Henger, la pornostar più famosa d’Italia potrebbe non essere morta nella data ufficiale:

«Non è morta il 15 settembre 1994. Credo che si sia data per morta anzitempo per poter morire in pace».

Un sospetto alimentato da una frase di Schicchi:

«Per il secondo anniversario della morte, gli chiesi se facessimo qualcosa per ricordarla e lui disse: no, tanto non è questa la data».

Eva Henger

Kevin Spacey e il nuovo film “The Contract”

Oggi, Éva Henger si dedica al cinema da dietro la macchina da presa. Ha scritto il film The Contract, che segna il ritorno di Kevin Spacey dopo le accuse di molestie sessuali:

«L’ho sempre immaginato per quel ruolo e mio marito gli ha mandato la sceneggiatura. Dopo tre giorni, mi ha chiamato dicendo: lo faccio».

Un’operazione rischiosa, visto il momento delicato della carriera dell’attore, ma Henger non ha avuto dubbi:

«Non ho creduto alle accuse, perché l’avevo conosciuto e mi era sembrato dolce e umile».

Il porno oggi: “OnlyFans? La libertà e il declino del settore”

Parlando dell’attuale industria dell’hard, Henger riflette su piattaforme come OnlyFans:

«È la libertà del porno perché chiunque può avere amicizie sessuali via Internet. Ma è anche il declino del porno, perché mostra scene brutte, con brutte luci e persone brutte».

Un mondo lontano da quello costruito da Schicchi:

«Per lui l’estetica era fondamentale. E non sopportava la violenza: smise di fare il regista quando vide una scena di Rocco Siffredi che metteva la testa di un’attrice nel Wc».

Il rapporto con i figli e il peso del passato

Infine, parlando della sua famiglia, Henger ammette che i figli non sono entusiasti del suo passato:

«Non gli fa piacere, ma lo accettano perché mi amano molto».

Un’intervista che racconta una vita fatta di successi, scandali e rinascite, con un futuro tutto da scrivere nel cinema.

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Esteri

Blackout in Spagna e Portogallo: indagini in corso, ipotesi anche di un cyberattacco

Spagna e Portogallo colpiti da un blackout elettrico: disagi nei trasporti e nelle comunicazioni. Il governo indaga, possibile anche un cyberattacco.

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Poco dopo le 12 di oggi, migliaia di cittadini in tutta la Spagna continentale e in Portogallo sono stati colpiti da un improvviso blackout elettrico. Come riportato dal quotidiano “El País”, il governo spagnolo ha attivato diversi team tecnici di vari ministeri per indagare sulle cause dell’interruzione, anche se al momento non esiste ancora una spiegazione ufficiale.

Secondo quanto riferito da Red Eléctrica, l’azienda pubblica responsabile della gestione del sistema elettrico nazionale, si sta lavorando intensamente per ripristinare la fornitura di energia. Anche l’Istituto nazionale di cybersicurezza è coinvolto nelle analisi, valutando la possibilità che il blackout possa essere stato causato da un attacco informatico, sebbene non ci siano ancora conferme in tal senso.

Reti di comunicazione e trasporti in tilt

Il blackout ha avuto ripercussioni su diversi settori strategici: sono stati colpiti reti di comunicazione, aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità in Spagna e Portogallo. Problemi sono stati segnalati anche nella gestione del traffico stradale, con numerosi semafori fuori servizio, oltre che in centri commerciali e strutture pubbliche.

La ministra spagnola della Transizione ecologica, Sara Aagesen, ha fatto visita al centro di controllo di Red Eléctrica per seguire da vicino le operazioni di ripristino. L’azienda ha attivato un piano di emergenza che prevede il graduale ritorno alla normalità, iniziando dal nord e dal sud della penisola iberica.

Coinvolta anche la Francia meridionale

Le interruzioni non hanno riguardato esclusivamente la Spagna e il Portogallo: alcune aree del sud della Francia, interconnesse con la rete elettrica spagnola, hanno subito disagi simili. Le autorità francesi stanno monitorando attentamente la situazione in coordinamento con le controparti spagnole.

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Esteri

Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Esteri

Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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