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Cinema

Enrico Vanzina: La sfida? Far ridere con le donne

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Una vera e propria rivoluzione per Enrico Vanzina a 72 anni: ovvero fare la sua prima commedia tutta al femminile come TRE SORELLE e immaginare poi anche il prossimo film in rosa, vale a dire una sorta di Amici miei di sole donne. Insomma i tempi cambiano anche per un franchise inossidabile come quello dei fratelli Vanzina (composto ora dal solo Enrico dopo la scomparsa prematura di Carlo nel 2018). “Per me, Tre Sorelle ha rappresentato una grande sfida. Era la prima volta che mi trovavo a fare un film tutto ‘al femminile’, senza l’aiuto di qualche grande comico nazionale” dice nelle sue note di regia Enrico Vanzina. Questa comunque la storia che approdera’ su Prime Video dal 27 gennaio. Siamo a Roma nel 2019 nel caldo di ferragosto. Marina (Serena Autieri) scopre che il marito, primario di Ortopedia, ha una relazione con il suo assistente uomo. Disperata corre dalla sorella Sabrina (Giulia Bevilacqua) che trova in lacrime. Motivo? Suo marito, avvocato, ha scoperto che lei lo tradisce ed e’ anche vero. Le due sorelle decidono cosi’, per consolarsi, di andare in vacanza nella villa che Marina ha al Circeo. A loro si unisce Lorena (Rocio Munez Morales) giovane massaggiatrice che non sta meglio di loro: hanno infatti appena arrestato il fidanzato che spacciava droga. Nella villa arriva poi anche la terza sorella di Marina e Sabrina, ovvero Caterina (Chiara Francini) una cronica single. Ma un vicino di casa fara’ saltare tutti gli equilibri gia’ fragili di queste donne. Si tratta di Antonio (Fabio Troiano) scrittore, maschilista, cialtrone e bugiardo ovvero la quintessenza dell’uomo spregevole di cui pero’ inevitabilmente tutte si innamorano. “Desideravo avere in scena quattro donne che fanno davvero sorridere e talvolta addirittura ridere – dice Vanzina -. Per riuscirci ho dedicato molto tempo alla recitazione per mantenere il ‘tono’ sempre all’altezza delle intenzioni. Oltre alla commedia c’era pero’ tutto un lato sentimentale. Per farlo venire fuori ho puntato tutto sulla sincerita’ delle interpreti. Ho chiesto loro di pescare nella loro sensibilita’ per far emergere le emozioni”. E che ne e’ dell’unico maschio? “E’ vero l’unico attore del film ha un ruolo spregevole, ma ho seguito un sistema infallibile: non essere moralista, non metterlo alla gogna. Gli ho chiesto di interpretare il suo personaggio con leggerezza, rispettandone le ragioni anche se negative. E’ una vecchia regola non scritta della Commedia all’italiana. Non demonizzare mai eticamente i ‘cattivi’. La usavano Scola, Monicelli, Risi e funziona ancora. Perche’ nella vita esistono ‘anche’ le ragioni degli altri. Per quanto riguarda le riprese – continua Vanzina – ho fatto scelte semplici. Nelle commedie il regista deve sparire. E deve curare soprattutto il ritmo. Se si sente la mano ‘autoriale’ la commedia diventa ibrida. Sono molto soddisfatto del risultato finale. Ho fatto il film che volevo. Una commedia ‘vera’, sincera, che mette buonumore e ogni tanto commuove”. Due le canzoni di questo film prodotto da New International in collaborazione con RTI e Prime Video e gia’ presentato a Capri Hollywood: IO CON ME cantata da Annalisa Minetti e scritta da Umberto Smaila, Silvio Amato ed Enrico Vanzina e PICCOLE DONNE, cantata da Guglielmo e scritta dallo stesso Guglielmo Rossi Scota insieme con Casini e Righi.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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