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Emissari Ecowas in Niger, incontro con il deposto Bazoum

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Bazoum

Posando una pistola carica sul tavolo, e anzi sapendo già il giorno in cui verrà tirato il grilletto se la diplomazia fallisce, l’Ecowas è tornata in Niger per convincere ancora con le buone i militari golpisti a cedere il potere usurpato il mese scorso destituendo il filo-occidentale Mohamed Bazoum. Incassando almeno un incontro con il presidente deposto. Una delegazione della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, il blocco regionale in prima fila nell’affrontare la crisi, è arrivata a Niamey sotto la guida di Abdulsalami Abubakar: è l’ex presidente nigeriano che il 3 agosto era già andato nella capitale nigerina senza però poter incontrare né il nuovo uomo forte del Niger, il generale Abdourahamane Tiani, né Bazoum.

Ma allora doveva ancora scadere un vago ultimatum di sette giorni che minacciava un possibile “uso della forza”. L’Ecowas stavolta è arrivata con la decisione presa venerdì dai Capi di Stato maggiore del blocco di indicare un – per ora segreto – “D-Day” in cui attaccare se fino ad allora non ci saranno soluzioni diplomatiche. Uno sbocco pacifico che peraltro resta l’opzione preferita della coalizione africana composta da 11 stati guidati dalla popolosissima e potente Nigeria. Obbiettivi strategici e mezzi per un assalto di una “standby force”, una forza “d’emergenza” o “d’attesa”, comunque sono stati dichiaratamente individuati anche se senza rivelare dettagli.

La delegazione, secondo indiscrezioni, ha voluto trasmettere “un messaggio di fermezza” ai militari di Niamey e incontrare il presidente Bazoum, ancora prigioniero del golpisti. Come che è realmente accaduta, come hanno riferito in serata fonti dell’organismo panafricano. Facendo sapere che l’ex leader nigerino “ha il morale alto”, nonostante tutto. Alla vigilia l’Ecowas aveva indicato come scopo della missione quello di “continuare a seguire la via pacifica per ripristinare l’ordine costituzionale”. Pur senza una chiara indicazione sull’esito dei colloqui, la volontà dei generali di resistere è però testimoniata dalle migliaia di volontari che si sono radunati attorno a uno stadio nel centro di Niamey rispondendo all’appello per iscriversi nelle liste degli ausiliari civili che potrebbero essere mobilitati a sostegno delle forze armate in caso di conflitto.

La diplomazia comunque è in movimento anche in altri formati per evitare una guerra che, oltre ad almeno nove Paesi dell’Ecowas, coinvolgerebbe anche due altri Stati golpisti del Sahel come Mali e Burkina: venerdì il nuovo primo ministro del Niger, Ali Mahaman Lamine Zeine, nominato dall’esercito, ha avuto colloqui con una delegazione delle Nazioni Unite guidata da Leonardo Santos Simão, rappresentante speciale del Segretario generale per l’Africa occidentale e il Sahel. A Niamey inoltre, nelle ultime ore, si è insediata informalmente l’ambasciatrice americana Kathleen FitzGibbon dichiaratamente “per aiutare a risolvere la crisi”. Si è appreso poi che, nelle prime ore del golpe del 26 luglio, alla Francia fu chiesto di mobilitare i suoi circa 1.500 militari in Niger a sostegno dell’esercito nigerino per liberare Bazoum. I lealisti però cambiarono sponda vanificando il piano.

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Blackout in Spagna e Portogallo: indagini in corso, ipotesi anche di un cyberattacco

Spagna e Portogallo colpiti da un blackout elettrico: disagi nei trasporti e nelle comunicazioni. Il governo indaga, possibile anche un cyberattacco.

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Poco dopo le 12 di oggi, migliaia di cittadini in tutta la Spagna continentale e in Portogallo sono stati colpiti da un improvviso blackout elettrico. Come riportato dal quotidiano “El País”, il governo spagnolo ha attivato diversi team tecnici di vari ministeri per indagare sulle cause dell’interruzione, anche se al momento non esiste ancora una spiegazione ufficiale.

Secondo quanto riferito da Red Eléctrica, l’azienda pubblica responsabile della gestione del sistema elettrico nazionale, si sta lavorando intensamente per ripristinare la fornitura di energia. Anche l’Istituto nazionale di cybersicurezza è coinvolto nelle analisi, valutando la possibilità che il blackout possa essere stato causato da un attacco informatico, sebbene non ci siano ancora conferme in tal senso.

Reti di comunicazione e trasporti in tilt

Il blackout ha avuto ripercussioni su diversi settori strategici: sono stati colpiti reti di comunicazione, aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità in Spagna e Portogallo. Problemi sono stati segnalati anche nella gestione del traffico stradale, con numerosi semafori fuori servizio, oltre che in centri commerciali e strutture pubbliche.

La ministra spagnola della Transizione ecologica, Sara Aagesen, ha fatto visita al centro di controllo di Red Eléctrica per seguire da vicino le operazioni di ripristino. L’azienda ha attivato un piano di emergenza che prevede il graduale ritorno alla normalità, iniziando dal nord e dal sud della penisola iberica.

Coinvolta anche la Francia meridionale

Le interruzioni non hanno riguardato esclusivamente la Spagna e il Portogallo: alcune aree del sud della Francia, interconnesse con la rete elettrica spagnola, hanno subito disagi simili. Le autorità francesi stanno monitorando attentamente la situazione in coordinamento con le controparti spagnole.

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Wsj, Putin sta espandendo basi e truppe ai confini Nato

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A circa 160 chilometri dal confine con la Finlandia, nella città russa di Petrozavodsk, gli ingegneri militari russi stanno espandendo le basi militari dove il Cremlino prevede di creare un nuovo quartier generale dell’esercito per supervisionare decine di migliaia di soldati nei prossimi anni. E’ quanto scrive il Wall Street Journal. I soldati, molti dei quali ora in prima linea in Ucraina, dovrebbero costituire la spina dorsale dell’esercito russo in chiave anti-Nato. Il Cremlino sta ampliando il reclutamento militare, rafforzando la produzione di armi e potenziando le linee ferroviarie nelle zone di confine.

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Ft: accuse a Orban, 1 miliardo sussidi a media filogovernativi

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Due organi di informazione ungheresi, Magyar Hang e una seconda testata coperta dall’anonimato, intendono presentare oggi una denuncia alla Commissione europea, sostenendo che il governo di Viktor Orbán ha concesso più di un miliardo di euro di sovvenzioni illegali ai media filogovernativi. Lo riporta il Financial Times online. Secondo le due testate, le entrate pubblicitarie sarebbero state convogliate verso giornali, emittenti televisive e piattaforme online filo-Orbán tra il 2015 e il 2023 per per garantire il sostegno al partito al potere Fidesz e per escludere il giornalismo critico.

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