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Spettacoli

Effetto Maradona su Pennac, il docu arriva in sala

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A poco più di due 2 anni dalla morte di quello che per molti è il più grande calciatore di tutti i tempi, in concomitanza con il nuovo libro Capolinea Malaussène (Giangiacomo Feltrinelli Editore) arriva in poche sale (e poi in streaming), con Feltrinelli Real Cinema il documentario DANIEL PENNAC: HO VISTO MARADONA!, che racconta l’indagine creativa e surreale dello scrittore francese sull’impatto emotivo del mito Maradona nell’immaginario collettivo. Un documentario da vedere con l’attualità del magico anno del Napoli con lo scudetto prenotato che sta rinverdendo, se mai ce ne fosse bisogno, il mito di Diego Armando Maradona. Da Belleville al Rione Sanità in fondo il passo è breve. Benjamin Malaussene, capro espiatorio di “professione”, il personaggio creato da Daniel Pennac lascia il passo almeno per un po’ al divino calciatore Diego Armando Maradona “anche lui a suo modo un capro espiatorio”.

Girato da Ximo Solano con la partecipazione straordinaria di Maurizio De Giovanni, Roberto Saviano e Luciano Ferrara, il film racconta il rapporto tra Pennac, il grande scrittore francese, 78 anni incredibilmente portati e Maradona. Pennac che e’ il frenetico autore sempre preso da un nuovo libro, un saggio, un albo illustrato, un fumetto, la mattina del 25 novembre 2020 si e’ meravigliato del mondo intero che piangeva la scomparsa per Maradona. “Sono un raro esemplare di uno dei 4-5 umani che non si interessano al calcio, non avevo mai visto una partita prima di allora e di Maradona sapevo l’esistenza giusto per qualche notizia al tg – ha detto Pennac – e di questo obiettivamente mi vergogno”. Ecco cosi’ che quella mattina, dopo un sogno premonitore, si e’ trovato alle prese con gli attori della sua compagnia teatrale (si’ , e’ anche un attore di teatro), il napoletano Pako Ioffredo, la regista argentina Clara Bauer, lo spagnolo Zimo Solano e tutti gli altri disperarsi per la scomparsa del pibe de oro, “adulti ‘normali’ che piangevano lacrime vere, salate – ha detto Pennac – a lutto per giorni, trasmettevano una emozione incredibile e cosi’ stava accadendo ovunque. Per questo ho pensato che era ora che ne sapessi di piu’ e che indagassi quello che chiamo ‘l’effetto Maradona’”.

Pennac ha messo su uno spettacolo teatrale a Napoli ‘Daniel Pennac: Ho visto Maradona!” e successivamente il gruppo ha esteso l’idea ad un documentario che ha seguito il processo di creazione e messa in scena della piece con la Compagnie Mie, la compagnia con attori da tutto il mondo con cui lavora da anni. Ed ora ecco il film, un ibrido che mescola teatro e cinema, un viaggio dentro la Napoli di Maradona, persino un musical dove anziane signore della Sanita’ si affacciano alla finestra per cantare ‘ho visto Maradona ho visto Maradona’. E poi le tre firme: Ferrara che e’ l’autore della fotografia storica di Diego che sale per la prima volta gli scalini dello stadio San Paolo, 5 luglio 1984, e poi De Giovanni e Saviano.

“Non un film su Maradona o sul suo mito ma sull’effetto Maradona sulle persone, quel legame viscerale incredibile, quasi una magia”, ha proseguito Pennac. Dopo tutto questo viaggio ora cosa ne pensa di Diego? “Il calcio mi era del tutto estraneo come dicevo, ma vedere all’opera Maradona mi ha fatto ricredere, lui e’ poesia e coreografia, e’ la Pina Bausch del calcio – ha proseguito – e la cosa interessante e’ che non aveva certo il phisique du role del danzatore, era traccagnotto, piu’ largo che lungo eppure con un pallone tra i piedi si trasformava in un danzatore. Un miracolo assoluto, una reincarnazione poetica. Da allora mi capita di guardare partite in TV, io che non ne avevo vista una, ma nessuno mi sembra somigli a lui”.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Spettacoli

Gwyneth Paltrow è stanca della dieta, ‘ora mangio pane e pasta’

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Gwyneth Paltrow ha affermato di essere tornata a mangiare cibi che in precedenza aveva eliminato dalla sua rigidissima dieta, tra cui pane, pasta e formaggio. Lo riporta la Bbc. L’attrice premio Oscar, diventata negli anni una guru del salutismo ha seguito e promosso diversi regimi alimentari negli anni. “Ho seguito per un certo periodo una dieta macrobiotica ferrea e così sono diventata ossessionata da un’alimentazione molto, molto sana”, ha detto nell’ultima puntata del suo podcast spiegando di essersi dedicata al “benessere e al cibo” a causa del cancro alla gola che ha ucciso il padre. Poi lei e il secondo marito, Brad Falchuk, hanno iniziato a seguire la dieta paleo, basata sul principio che ci si debba nutrire “come i nostri antenati”. Di recente però, Paltrow ha ricominciato a mangiare “pane a lievitazione naturale e un po’ di formaggio e un po’ di pasta”.

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Musica

Rocco Hunt, il ragazzo di giù diventa grande: “Ho 30 anni e ancora la rabbia del Sud”

Esce l’album Ragazzo di giù: tra neomelodico, rap e introspezione, la maturità artistica di un figlio del Sud.

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A 30 anni, Rocco Hunt ha già alle spalle 15 anni di carriera, una vittoria a Sanremo, hit estive, strofe militanti e un’identità artistica sempre più nitida. Ma oggi, con il nuovo album Ragazzo di giù, in uscita venerdì, Rocco — per molti ancora affettuosamente “Rocchino” — completa un percorso che lo conferma maturo, consapevole e profondamente legato alle sue radici.

“Sono fortunato, canto chi non lo è stato”

Il brano che dà il titolo al disco è un manifesto identitario.
“Io sono il ragazzo di giù fortunato”, spiega Rocco, “quelli che canto sono stati meno fortunati, magari non hanno dovuto lasciare casa, ma hanno pagato altri prezzi”. La nostalgia per la sua terra non è solo geografica, è memoria viva di un mondo che spesso si perde tra le distanze culturali.

Tra disagio e riscatto: “A Nord si perdono i valori”

“Oggi Napoli fa figo, ma vivere al Nord è diverso”, dice. Il successo, per lui, ha un prezzo. “Contano i numeri, non i valori”, afferma, parlando anche del figlio Giovanni, 8 anni, cresciuto tra Milano e Napoli: “Ha un accento diverso, ma deve sapere da dove viene, imparare l’inglese e la cazzimma partenopea”.

Il dialetto come identità: “È mamma, papà e biberòn”

Per Rocco il dialetto non è solo stile, ma lingua del cuore:
“È la strada dove sei cresciuto, la voce dei tuoi nonni, il suono dell’anima”. E anche se ha girato l’Italia e il mondo, resta anima di Scampia, del Sud e dei suoi contrasti.

Il rap, il neomelò, e il coraggio delle parole

Ragazzo di giù è un album eterogeneo, che passa da Gigi D’Alessio a Massimo Pericolo, da Irama a Baby Gang, mischiando il rap con la melodia napoletana e l’attualità più bruciante. In Demone santo, per esempio, denuncia con rabbia il crollo del ballatoio della Vela di Scampia:
“Quelle creature sono vittime dello Stato. A che serve il tricolore sulle bare bianche, se Cristo in quelle case non ci entra?”

Sanremo, De Filippo e il mare della costiera

Nel disco anche introspezione e memoria, con brani come ‘A notte, ispirato a Eduardo De Filippo, e Domani chissà, dove Rocco rievoca lo scugnizzo che si tuffava a bomba nel mare della costiera. E non manca un pensiero al futuro:
“Vorrei un secondo figlio”, dice, ma con il timore delle malattie, dei sacrifici, della fragilità.

Il tour: dal Molise a Milano, passando per la Reggia

Il tour estivo partirà il 20 giugno da Campobasso, con gran finale l’11 settembre alla Reggia di Caserta e il 6 ottobre all’Unipol Forum di Milano.
“Senza le mie radici non sarei quello che sono”, conclude Rocco.
E quando gli chiedono se oggi è ancora “‘nu juorno buono”, risponde senza esitazioni:
“Sì. Ma è sempre più difficile non vedere le nuvole all’orizzonte”.

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