“Tutto il cielo di Sanaa è fumo, un’atmosfera di panico e paura”, ha scritto sui social un anonimo abitante della capitale yemenita dopo l’attacco dei caccia israeliani che ha distrutto l’aeroporto internazionale da anni in mano al gruppo filoiraniano degli Houthi. Oltre agli aerei civili che erano sulle piste dello scalo. Il secondo raid in 24 ore, in risposta al missile lanciato domenica sull’aeroporto di Tel Aviv, che ha beffato la difesa colpendo vicino al terminal principale dello scalo. Subito dopo, le minacce di rappresaglie reciproche tra Houthi e Israele, poi il colpo di scena. Il presidente Donald Trump ha annunciato dallo Studio Ovale che gli Stati Uniti porranno immediatamente fine ai bombardamenti contro gli ex ribelli che oggi governano buona parte dello Yemen poiché hanno informato l’amministrazione di “non voler più combattere”.
“Gli Houthi hanno capitolato”, ha reso noto il Commander in chief. “Ci fideremo della loro parola. Dicono che non colpiranno più le navi nel Mar Rosso: e questo era lo scopo del nostro lavoro”, ha aggiunto. Subito dopo, è arrivata la conferma di un accordo di cessate il fuoco tra Washington e gli yemeniti dall’Oman, tradizionale mediatore in Medio Oriente e che anche in questo caso ha tenuto i contatti con le due parti. Non c’è una tregua all’orizzonte invece tra Houthi e Israele. Un alto funzionario delle milizie ha assicurato che “le operazioni contro Israele a sostegno di Gaza continueranno”. Nelle ore precedenti decine di aerei da combattimento dello Stato ebraico hanno sganciato sull’aeroporto di Sanaa 50 bombe, mettendolo fuori uso in un quarto d’ora, ha fatto sapere l’Idf. Secondo fonti yemenite, sono stati attaccati almeno tre centrali elettriche, una scuola di aviazione e una fabbrica che produce elementi utili per assemblare missili.
L’operazione israeliana chiamata “Città delle formiche” mirava a rendere inutilizzabili gli hub dove approdano le armi inviate dai pasdaran. Il ministro della Difesa Israel Katz, in una nota congiunta con il premier Benyamin Netanyahu, ha puntato il dito verso la guida suprema della repubblica islamica, Ali Khamenei: “Questo è un messaggio di avvertimento al capo della piovra iraniana. Siete direttamente responsabili di ogni attacco degli Houthi contro lo Stato di Israele e pagherete interamente le conseguenze”, ha avvertito. Mentre l’annuncio di Trump sullo stop ai bombardamenti in Yemen ha provocato sconcerto tra i funzionari dello Stato ebraico. Per quanto riguarda Gaza, Gerusalemme ha affermato di non sapere nulla di una indiscrezione di fonte egiziana secondo cui il Cairo ha accettato la proposta americana di un cessate il fuoco nella Striscia prima della visita di Trump in Medio Oriente che comprende l’apertura di corridoi umanitari verso Gaza e il rilascio di un numero limitato di ostaggi, tra cui l’israelo-americano Idan Alexander.
Il governo israeliano sta riponendo nel frattempo grandi speranze sul viaggio del presidente Usa a Doha: l’auspicio è che convinca i qatarioti a fare pressing su Mohammed Sinwar, attuale leader militare di Hamas, affinché ammorbidisca le posizioni sui rapiti e accetti di disarmare. E proprio il presidente statunitense ha annunciato che prima di partire per l’Arabia Saudita il 13 maggio farà “un grande annuncio, e sarà molto positivo”. Secondo la tv saudita al Arabiya ”la comunicazione sarà sull’invio di aiuti a Gaza” che gli Usa sarebbero pronti a inviare con una iniziativa unilaterale. Intanto sul terreno le ruspe militari dell’Idf hanno di fatto dato il via all’operazione Carri di Gedeone, iniziando gli sbancamenti di terra nel sud-ovest della Striscia per allestire centri logistici dove verrà evacuata la popolazione del nord e del centro di Gaza.
Non si tratta di un’area continua, bensì di vaste zone intorno a Rafah, praticamente deserte e con la maggior parte degli edifici rasi al suolo. Un’azienda Usa distribuirà aiuti alimentari, medicinali e servizi igienico-sanitari. Le consegne passeranno attraverso il valico di Kerem Shalom, ispezionate e scortate dall’Idf. La società americana, che attualmente gestisce l’ispezione dei civili verso il settentrione dell’enclave, provvederà alla distribuzione. L’esercito, insieme con lo Shin Bet, impedirà ai terroristi di Hamas e della Jihad islamica palestinese di fuggire dalle future zone di combattimento della fase tre del piano, di usare la popolazione civile come scudo umano e rubare per sé e rivendere gli aiuti umanitari.