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Economia

Donne adulte occupate, Campania fanalino di coda in Europa: appena il 34,3 % quelle occupate

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Nella fascia tra i 25 e i 54 anni, l’età nella quale si è concluso il percorso di studi e si ha la maggiore energia per lavorare, l’Italia del Sud riesce a occupare meno di quattro donne su 10 (il 38,6%). E’ quanto emerge da tabelle Eurostat riferite al 2020 secondo le quale in Campania le donne in questa fascia di eta’ sono occupate solo al 34,3%, in calo dal 34,9% del 2019 con quasi 40 punti di ritardo dalla media Ue a 27 (74,1%). Largamente sotto il 40% resta la Calabria (34,8%) e la Sicilia (35,1%) mentre la Puglia sfiora questa soglia con il 39,9%. Queste regioni italiane sono le peggiori in Europa dopo la Mayotte, regione d’oltremare francese (33,7%). In Germania la media dell’occupazione femminile in questa fascia di eta’ e’ all’81,8%.

L’Italia resta la Cenerentola d’Europa per l’occupazione femminile: quattro regioni del Sud risultano nel 2020 tra le cinque peggiori nell’Ue a 27 alle spalle solo della Mayotte, regione d’oltremare francese. Nell’anno della pandemia il tasso di occupazione femminile e’ stato in media in Europa del 62,4% per le donne tra i 15 e 64 anni ma il tasso in tre regioni italiane si e’ attestato sotto il 30% con la Campania in calo al 28,7%, la Calabria al 29% e la Sicilia al 29,3%. La Puglia scende al 32,8% mentre la Mayotte si ferma al 23,9%. L’Italia e’ scesa nell’occupazione femminile di 1,1 punti dal 50,1% al 49% (-0,6 punti in Ue).

Una situazione simile per l’occupazione femminile della Campania si trova nella regione di Ankara, in Turchia con il 28,7% delle donne tra i 15 e i 64 anni occupate mentre in Germania la media complessiva e’ del 73,1% ma ci sono regioni che superano il 78%. Se quindi l’Italia e’ tra i paesi con il piu’ basso tasso di occupazione femminile ma non e’ l’ultima (fa peggio la Grecia con il 47,5%) la situazione si complica guardando alle singole regioni proprio per i forti divari a livello territoriale nel nostro paese. Se infatti la media italiana di occupazione femminile e’ inferiore di 13,4 punti alla media Ue alcune regioni sono sostanzialmente allineate (come l’Emilia che anche se in calo si attesta sul 62%) e altre lontane di oltre 33 punti. Il divario e’ meno forte se si guarda all’occupazione maschile con una percentuale complessiva di occupazione in Italia tra i 15 e i 64 anni del 67,2% nel 2020 a fronte del 72,8% medio Ue. In molte regioni del Nord il tasso di occupazione degli uomini e’ superiore a quello medio in Europa come ad esempio la Lombardia (74,3%) e l’Emilia (75,5%) mentre in diverse regioni del Sud si supera di poco una persona al lavoro su due in questa fascia di eta’. In Campania e in Calabria il tasso di occupazione e’ al 53,3% mentre in Sicilia e’ al 52,9%, una regione in cui e’ aumentato nel 2020 (dal 52,6%) nonostante la pandemia insieme al Friuli Venezia Giulia. In Germania l’occupazione degli uomini e’ del 79,1% in media ma raggiunge l’85,6% nello Schwaben. Se si guarda al tasso di occupazione complessivo l’Italia con il 58,1% (in calo dal 59% del 2019) e’ il paese con il piu’ basso tasso in Ue dopo la Grecia ma a causa dei forti divari a livello territoriale ha tre regioni tra le cinque peggiori in Europa superato solo dalla Mayotte e dalla Guyana, territori d’oltremare francesi. Se il divario complessivo rispetto alla media Ue (67,6%) e’ di 9,6 punti supera i 26 punti per la Campania che nel 2020 si ferma al 40,9%. La situazione e’ di poco migliore per la Sicilia (41%) e per la Calabria (41,1%). Se poi si guarda alla fascia di eta’ subito dopo il termine della scuola superiore, ovvero i 20-64 anni, si conferma la distanza tra le regioni italiane del Sud e la media europea. Il tasso di occupazione complessivo in Ue in questa fascia di eta’ e’ del 72,3%, quasi dieci punti superiore al 62,6% medio in Italia, ma se le regioni del Nord si aggirano su percentuali superiori al 70%, ci sono regioni che sono largamente al di sotto del 50%, sempre soprattutto a causa della scarsa occupazione femminile, con la Campania e la Sicilia al 44,5% e la Calabria al 44,4%. Anche nella fascia di eta’ 25-44, ovvero quella nella quale si e’ concluso sicuramente il percorso educativo e si hanno maggiori energie per lavorare il Sud e’ fortemente penalizzato con appena il 48,8% di occupati complessivi in Campania in questa fascia a fronte del 79,8% in Ue. Va ancora peggio per le donne con appena un terzo delle donne occupate in Campania (il 34,1%) a fronte del 74,1% medio in Ue. Anche in questa fascia di eta’ ci sono quattro regioni italiane tra le cinque peggiori in Europa per tasso di occupazione delle donne.

 

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Economia

Istat: lavoro in frenata a marzo, disoccupazione giovanile al 19%

A marzo l’occupazione cala di 16mila unità e la disoccupazione giovanile sale al 19%. Boom di contratti stabili, ma donne e under35 restano indietro.

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Frena il mercato del lavoro a marzo 2025: secondo i dati diffusi dall’Istat, si registra una riduzione mensile degli occupati di 16mila unità (-0,1%), una flessione che colpisce soprattutto le donne e i giovani sotto i 35 anni. Crescono invece gli occupati tra gli over35, gli uomini e i lavoratori a tempo indeterminato. Il tasso di occupazione resta stabile al 63%, lo stesso livello record di febbraio, mentre la disoccupazione torna a salire, al 6%, con un’impennata tra i giovani (15-24 anni), che toccano il 19% (+1,6 punti percentuali).

Più persone in cerca di lavoro, ma anche più posti stabili

Nonostante il rallentamento, il bilancio annuo resta positivo: rispetto a marzo 2024, ci sono 450mila occupati in più (+1,9%). A trainare l’occupazione sono soprattutto i lavori stabili: +673mila dipendenti permanenti in un anno, contro una flessione di 269mila contratti a termine. Crescono anche gli autonomi (+47mila). Il lieve aumento della disoccupazione è accompagnato da un calo degli inattivi, segno che più persone tornano a cercare lavoro.

Sindacati in allerta: donne e giovani ancora penalizzati

I dati riaccendono il dibattito politico all’indomani del Primo Maggio. Se da un lato il governo rivendica la crescita dell’occupazione – un milione di posti in più nei due anni e mezzo di governo Meloni –, dall’altro i sindacati sottolineano la persistente fragilità di donne e giovani nel mercato del lavoro. Ivana Veronese (Uil) denuncia il basso tasso di occupazione femminile: «Troppe donne inattive e scoraggiate, costrette a lasciare il lavoro dopo la maternità».

Sicurezza sul lavoro: confronto in arrivo a Palazzo Chigi

Altro tema centrale resta quello della sicurezza nei luoghi di lavoro, con i sindacati che tornano a chiedere maggiori controlli, formazione e prevenzione, ricordando le recenti tragedie come quella di Luana D’Orazio e i cinque operai morti a Casteldaccia. Il governo ha stanziato 650 milioni per la sicurezza e ha convocato le parti sociali per l’8 maggio a Palazzo Chigi. Cisl e Uil vedono l’incontro come un’apertura, ma Maurizio Landini (Cgil) avverte: «Senza risposte sarà mobilitazione».

Calderone: «Patente a crediti anche oltre l’edilizia»

Sul fronte normativo, la ministra del Lavoro Marina Calderone ha confermato l’obiettivo di estendere la patente a crediti – attualmente prevista per il settore edile – anche ad altri comparti produttivi, come misura di contrasto agli incidenti sul lavoro.

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Economia

S&P taglia il Pil, ‘choc dai dazi’. In Italia +0,5%

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Il pessimismo innescato dall’annuncio dei dazi Usa non accenna a scemare. Dopo Fitch anche Standard&Poor’s rivede al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale, che il Fondo Monetario Internazionale ha già tagliato. E’ “uno shock al sistema” secondo S&P, che si abbatterà “sicuramente” sull’economia reale, anche se “resta da capire in quale misura”. Per l’Italia la sforbiciata è di 0,1 punti, che frenerà la crescita 2025 a 0,5%. Per ora, però, paradossalmente l’annuncio ha provocato l’effetto opposto a quello auspicato da Trump: l’Istat segnala per l’Italia una “forte crescita” dell’export verso gli Usa a marzo, schizzato al +41,2% grazie soprattutto alla vendita di mezzi navali. Il nuovo round di misure protezionistiche ha spinto Standard & Poor’s a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per quasi tutte le principali economie mondiali.

A pesare, secondo l’agenzia, è l’effetto combinato tra i nuovi dazi, le ritorsioni dei partner commerciali, le concessioni in corso e l’instabilità che tutto ciò sta generando sui mercati. “I rischi per lo scenario di base restano fortemente orientati al ribasso”, si legge nel rapporto. Il Pil globale viene così limato al 2,7% per il 2025 (-0,3 punti) e al 2,6% per il 2026 (-0,4). Negli Stati Uniti il rallentamento è marcato: 1,5% nel 2025 (-0,5) e 1,7% nel 2026. Male anche l’Eurozona, che si ferma allo 0,8% nel 2025 (-0,1) e all’1,2% nel 2026. L’Italia limita i danni con un taglio contenuto di 0,1 punti per il 2025, riducendo la crescita attesa allo 0,5%. Salirà allo 0,8% nel 2026 e allo 0,9% nel 2027. Per ora le tensioni sul fronte del commercio globale non hanno toccato l’export italiano extra Ue, che a marzo è salito del 2,9% sul mese e del 7,5% sull’anno. E tutto grazie alle vendite “ad elevato impatto” di mezzi di navigazione marittima verso gli Stati Uniti.

Al netto di queste, in realtà, ci sarebbe stata una flessione congiunturale pari a -1,6%. Anche la Banca centrale europea, nel suo bollettino di aprile, fotografa un’Eurozona sotto pressione. “Le prospettive sono offuscate da eccezionale incertezza” che “comporta notevoli rischi al ribasso”, avvertono gli economisti di Francoforte. Le imprese esportatrici si trovano ad affrontare nuove barriere, crescono le tensioni nei mercati finanziari, che hanno subito “la più drastica ridefinizione” dalla pandemia e anche i consumatori iniziano a mostrare segni di cautela. Nonostante tutto, nel primo trimestre 2025 il Pil dell’area euro è cresciuto, ma le stime per il secondo trimestre si fanno più fosche.

Gli indici Pmi, che rilevano le aspettative delle imprese, a marzo sono in calo, seppur ancora sopra la media di lungo periodo. E nel manifatturiero, l’indice dei nuovi ordinativi resta sotto quota 50, segno di un settore ancora in contrazione. “Molto incerte”, secondo la Bce, anche le prospettive dell’inflazione, che dai dazi potrebbero ricevere spinte tanto al rialzo (se l’impennata dei prezzi fosse ad ampio spettro) quanto al ribasso (se i prezzi elevati abbattessero i consumi). Nel frattempo, però, ad aprile resta stabile al 2,2% nell’Eurozona e al 2,1% in Italia. Lo shock dei dazi, insomma, inizia a farsi sentire, ma gli effetti pieni sull’economia reale restano ancora da misurare.

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Economia

Borsa della Spesa, il caldo anticipa le produzioni estive

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Il caldo anticipa le produzioni estive, con il prezzo dei meloni retati siciliani “in veloce calo (-7,3% in una settimana) “poiché aumenta la produzione ma la domanda rimane ancora bassa”. A segnalarlo è La Borsa della Spesa, servizio settimanale di Borsa Merci telematica italiana (Bmti) e Italmercati, con il supporto di Consumerismo No Profit. Tra la frutta, rilevano inoltre gli analisti, le fragole sono nel pieno della loro produzione e i loro prezzi all’ingrosso, prosegue la nota, “sono stabili e vanno da 3,00 euro/Kg per le produzioni campane, siciliane e calabresi fino a 4,50 euro/kg per le produzioni lucane, di qualità maggiore.

In questa settimana è anche possibile acquistare gli ultimi kiwi italiani, venduti all’ingrosso intorno a 2,70 euro/kg. Tra gli ortaggi, le fave hanno raggiunto il picco della loro produzione e presentano prezzi all’ingrosso regolari, intorno a 1,50 euro/kg, grazie all’abbondanza della loro produzione. Molto richiesti anche i piselli, i cui prezzi all’ingrosso sono scesi questa settimana al di sotto di 3,00 euro/Kg. confermandosi mediamente intorno a 2,70 euro/kg.

I prezzi all’ingrosso degli asparagi oscillano da 3,50 a 4,50 euro/kg, in calo del 12,2% rispetto alla settimana precedente grazie all’aumento della produzione, soprattutto in Campania e in Puglia. Per i carciofi i prezzi all’ingrosso vanno da 0,30 a 0,70 euro al pezzo, a seconda della varietà. Nel settore ittico, abbondano le seppie, nel pieno della loro stagione e con prezzi che vanno da 10,00 a 15,00 euro/kg. Nel comparto carni si registrano prezzi in calo per i tagli anteriori di vitellone, che vanno da 6,55 a 6,65 euro/kg.

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