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Cronache

Donna scomparsa a Milano, il cadavere era a casa del vicino

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Il cadavere di Marta Di Nardo, la 60enne scomparsa a Milano circa due settimane fa, è stato trovato nell’abitazione di un vicino di casa in via Pietro Da Cortona 14, nello stabile in cui entrambi abitavano, sullo stesso pianerottolo. L’uomo, 50 anni, è stato portato in serata in caserma per essere sentito. I carabinieri della Compagnia di Porta Monforte e militari della sezione investigazioni scientifiche sono arrivati sul posto questo pomeriggio intorno alle 16.30, per eseguire sopralluoghi in entrambi gli appartamenti: in quello di lui sono state trovate tracce di sangue e poco dopo è stata fatta la macabra scoperta in un vano all’interno dell’abitazione.

A trovare il corpo sono stati i militari, raggiunti in serata dal pm milanese Leonardo Lesti, dal medico legale e dai vigili del fuoco, intervenuti per il recupero dei resti. Sul posto è arrivata intorno alle 21.15 anche la polizia mortuaria. L’uomo, sempre presente all’interno dell’abitazione per tutta la durata dei sopralluoghi, non ha ammesso il delitto né fornito alcuna spiegazione su quanto accaduto. La scomparsa della donna, in cura al Cps e affetta da ludopatia, è stata denunciata dal figlio lo scorso 17 ottobre. Il suo telefono risulta spento dal 4 ottobre, giorno in cui per l’ultima volta si hanno avuto notizie di lei. Da allora la donna sembrava essere sparita nel nulla, senza che nessuno riuscisse più a mettersi in contatto con lei.

Nessun riscontro dai filmati delle telecamere del palazzo, analizzati nei giorni scorsi. L’appartamento della donna era chiuso a chiave e anche oggi è servito l’intervento dei pompieri, che sono entrati dalla finestra. Il fascicolo aperto nei giorni scorsi dal pm Leonardo Lesti per la scomparsa di Di Nardo era senza titolo di reato, ma la posizione del vicino di casa potrebbe cambiare nelle prossime ore. Nessuna parola da parte del proprietario dell’abitazione in cui è stato trovato il cadavere. Inquirenti e investigatori sono al lavoro per ricostruire le ultime ore di vita della 60enne che, secondo quanto emerso da chi la conosceva, aveva diverse difficoltà e rapporti quasi nulli con i familiari. Nell’appartamento i vicini avrebbero notato continui via vai di persone e già nei giorni scorsi, come hanno riferito oggi anche alcuni quotidiani, si sarebbero convinti della sua morte.

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Cronache

Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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