Collegati con noi

Capire la crisi Ucraina

Dispaccio da Berlino: STOP WAR

Pubblicato

del

Il messaggio che viene dalla folla immensa che sfila verso la Porta di Brandeburgo, deve essere chiaro a tutti: a t.u.t.t.i. E quindi anche al cancelliere Olaf Scholz, che ieri al Bundestag, in un inatteso gioco delle tre carte, ha annunciato:

  • i. il riarmo tedesco in grande stile, con l’istituzione di un fondo speciale per l’esercito di 100 miliardi…. 
  • ii. ….nel linguaggio della peggior geopolitica degli anni ’30, asserendo con insopportabile sicumera che “siamo dalla parte giusta della storia” . La ”parte giusta”, capite? Una visione teleologica dell’umanità di fronte alla quale sorriderebbe uno studente di primo anno.

Il cancelliere socialdemocratico, cambiando idea e linguaggio, si è posto dunque risolutamente al fianco del presidente democratico statunitense J. Biden, del laburista J. Stoltenberg, segretario generale della NATO in attesa di assumere la carica di Presidente di un importante gruppo bancario. Non devo ricordare a nessuno che in Italia il più risoluto discorso antirusso è pronunciato quotidianamente dal PD.

Poi si dice che la destra è guerrafondaia…..Oddio, non è che la destra scherzi, tra B. Johnson e U. von der Leyen, ma insomma, tra alcuni suoi membri che cercano di capirci qualcosa in questa crisi, di là dalle retoriche guerresche, qualche filo di coerenza si sta pur provando a costruirlo.

Cerchiamo dunque di non cadere in una trappola micidiale. Di non farci stritolare dal paralogismo secondo il quale chi non condanna l’invasione russa e basta -“senza se e senza ma”, come si diceva nobilmente un tempo- cioè chi non fa la cosa più semplice di questo mondo, è qualcuno che sta con Putin. Sarebbe insostenibile psicologicamente per ciascuno di noi ritrovarsi, d’un colpo, a fianco di Bolsonaro e Kim Jong-un.

L’appello che viene dalla marea umana berlinese, io credo, va nella direzione opposta a quella intrapresa da Scholz e dai suoi colleghi che dovrebbero fare i politici ma non ne sanno -o non ne vogliono sapere- di politica. Alla porta di Brandeburgo la folla ha detto esattamente quel che voleva dire: STOP WAR. Fermiamo la guerra. Questo è l’obiettivo, ora. Cessate il fuoco. Non più un tiro sia effettuato con le armi. Non più un colpo sia sparato con la parola. A Putin che adombra minacce al mondo scandinavo, all’autocrate che evoca “la deterrenza” (non si sa bene di che parli, ma qualcuno sostiene che si tratti dei missili nucleari russi, anche se si capisce poco il senso di questo richiamo nelle circostanze date), ebbene al presidente russo non si risponde alzando a propria volta la voce. Come si fa in qualsiasi semaforo dove due litigano finché uno, che aveva una pistola nel cruscotto, la tira fuori e spara.

Chiediamo ai nostri governanti di non fare dannosi discorsi infuocati contro i “cattivi russi”, riempiendosi la bocca con frasi altisonanti quanto inutili, tipo “aggressione alla democrazia”. Di lavorare invece per costruire in condizioni onorevoli -magari non nell’umiliante Bielorussia, ma per esempio a Ginevra, nella Svizzera neutrale- un tavolo di pace, contestuale ad una dichiarazione congiunta Putin-Zelensky di cessate il fuoco. Senza le notti squarciate dai missili, senza l’insulto aggressivo delle parole, che hanno già fatto gravissimi danni, si potrà negoziare un accordo p.o.l.i.t.i.c.o. durevole con Mosca. V. Putin è un uomo della guerra fredda, come del resto J. Biden, lo sappiamo bene.

Egli non ha paura di una nuova guerra fredda anzi, forse, ci si troverà meglio. Ciò detto, dovremmo ben metterci intesta che l’autocrate russo non è un folle. Solo, ecco, aspetta segnali che tuttavia non vengono. Forse per questo ha rallentato le operazioni di guerra in Ucraina. E’ compito dell’Europa, è responsabilità dell’Europa dare questo segnale, senza attendere oltre. Siamo già a quattro giorni dall’inizio dell’invasione: tanti, troppi. I popoli –morti, feriti, sfollati- pagano duri prezzi per l’insipienza politica non solo di Putin e di Zelensky, ma di tutti coloro che hanno un ruolo in Europa. 

Mi manca, confesso, la ponderatezza di David Sassoli, mi manca il giudizio equilibrato e lungimirante di Angela Merkel. Nel frattempo, come si affannano a dirci le organizzazioni umanitarie, ONU in testa, le donne ucraine, i bambini ucraini, stanno già pagando il prezzo sconfinato di una guerra che non è la loro, in nessun senso. 

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

Advertisement
Continua a leggere

Capire la crisi Ucraina

Ucraina: tre anni di guerra, centinaia di migliaia di morti… per cosa?

Pubblicato

del

Dunque, facciamo un riassunto. Tre anni fa, il 24 febbraio 2022, la Russia invadeva l’Ucraina. L’idea di Putin era chiara: una blitzkrieg, due giorni per arrivare a Kiev, eliminare il governo e sostituirlo con una marionetta del Cremlino. Facile, no? Peccato che la storia non abbia seguito il copione scritto a Mosca.

La “non-guerra” russa e l’ecatombe in corso

In Russia, guai a chiamarla guerra. È una “operazione speciale militare”, un po’ come definire il Titanic “un incidente nautico di lieve entità”. Eppure, questa non-guerra ha prodotto una ecatombe: centinaia di migliaia di soldati russi morti, oltre 80mila ucraini caduti. E queste sono solo le stime ufficiali, perché il numero reale di vittime potrebbe essere ancora più tragico.

Ma non parliamo di numeri. Parliamo di morti, di una carneficina che ha lasciato città distrutte, milioni di sfollati e un’Europa che per tre anni ha investito miliardi per difendere l’integrità territoriale ucraina, la democrazia e i principi cardine del diritto internazionale.

L’Occidente che armava Kiev (fino a ieri)

Per tre anni, l’Europa e gli Stati Uniti di Joe Biden hanno riversato in Ucraina decine di miliardi di euro e dollari, inviando armi, addestrando soldati, costruendo difese, imponendo sanzioni alla Russia e isolando il Cremlino. La NATO ha fatto il possibile per tenere l’Ucraina in vita, ma soprattutto per tenere i russi fuori dai confini europei.

E nonostante tutto, la grande Armata Rossa non ha mai sfondato. Putin ha mandato in battaglia galeotti, ha chiesto aiuto ai nordcoreani, ha arruolato mercenari, ha schierato la famigerata Wagner. Eppure, gli ucraini non hanno ceduto. Hanno preferito morire piuttosto che tornare sotto la sferza russa.

L’Unione Europea accelerava per accogliere Kiev nell’UE. La NATO era pronta a fare dell’Ucraina un suo membro. Ma poi…

Trump entra alla Casa Bianca, Putin sorride

Il 20 gennaio 2025 Donald Trump torna presidente degli Stati Uniti d’America. In meno di un mese, qualcosa cambia. Washington e Mosca riprendono a parlarsi, Trump e Putin si sentono al telefono come vecchi amici. E soprattutto, decidono che la guerra deve finire.

Come? Semplice. L’America di Trump smette di inviare armi e suggerisce che gli ucraini devono rassegnarsi a perdere pezzi del loro Paese. Niente NATO per Kiev, niente resistenza fino alla fine. E soprattutto, gli Stati Uniti vogliono le terre rare ucraine, quelle risorse minerarie fondamentali per l’industria tecnologica.

Dunque, riepiloghiamo: tre anni di guerra, centinaia di migliaia di morti, miliardi di euro investiti per difendere l’Ucraina… e ora tutto si risolve così? Trump e Putin spartiscono il Paese, gli ucraini devono ingoiare il rospo, e il mondo guarda in silenzio.

La spartizione dell’Ucraina e il nuovo ordine mondiale

Il nuovo accordo sembra scritto con un righello:

  • Un pezzo all’Ucraina (giusto per non cancellarla del tutto).
  • Un pezzo alla Russia, che si tiene le terre occupate.
  • Un pezzo agli Stati Uniti, che si prendono le risorse minerarie strategiche.
  • Un pezzo ai caschi blu dell’ONU, o a qualche “forza internazionale” che piaccia a Putin.

Nel frattempo, Trump pensa in grande: riannettere il Canale di Panama, erigere nuovi muri con il Messico, ribattezzare il Golfo del Messico in “Golfo d’America”, comprare la Groenlandia, annettere il Canada. Sì, perché gli Stati Uniti hanno bisogno di espandersi, non solo in Ucraina, ma ovunque Trump voglia lasciare il segno.

Tre anni di guerra… per cosa?

Alla fine, quello che per tre anni era stato un punto fermo – la difesa dell’Ucraina, della democrazia, dei confini europei – non conta più nulla. Si fa come decidono Trump e Putin. L’Ucraina viene smembrata. I morti? Un dettaglio di cui nessuno parlerà più.

E noi, in Europa, guardiamo in silenzio. Perché, alla fine, sembra che la storia sia scritta sempre dai più forti. E gli ideali? Quei principi che hanno giustificato tre anni di guerra, le parole sulle libertà, la sovranità, la democrazia? Tutto inutile. Basta una stretta di mano tra due uomini e il destino di una nazione cambia per sempre.

Continua a leggere

Capire la crisi Ucraina

Cremlino, è Kiev che non vuole colloqui di pace

Pubblicato

del

“Mosca è pronta a risolvere il conflitto ucraino attraverso colloqui di pace, ma Kiev rifiuta di impegnarsi in questo processo”: così il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov (foto in evidenza) commentado le parole del premier ungherese Viktor Orban, secondo cui il conflitto armato in Ucraina finirà nel 2025, “o attraverso un trattato di pace o dopo il crollo di uno dei belligeranti”. “Vladimir Putin ha ripetutamente sottolineato che siamo aperti a risolvere le nostre divergenze attraverso colloqui di pace. Tuttavia, poiché l’Ucraina attualmente si rifiuta di impegnarsi nei colloqui, continuiamo la nostra operazione”, ha detto il responsabile alla Tass. “Per noi è importante raggiungere tutti gli obiettivi che abbiamo di fronte per garantire la sicurezza del nostro Paese”, ha ribadito.

Continua a leggere

Capire la crisi Ucraina

La spia che venne dagli Usa, l’uomo di Mosca nel Donbass

Pubblicato

del

Le prime foto di lui, con il viso pixelato e abbracciato a un soldato, erano apparse sui canali di blogger militari russi il 28 ottobre, subito dopo l’operazione che lo aveva esfiltrato dal territorio ucraino. Ma oggi Daniel Martindale si è presentato a volto scoperto e mostrando i suoi documenti di americano davanti ai giornalisti a Mosca, affermando di aver operato per oltre due anni dietro le linee nemiche fornendo preziose informazioni alle truppe di Mosca nel Donbass. Ora Martindale, che ha 33 anni, dice di voler farsi una vita e una famiglia in Russia e lavorare come agricoltore.

Oltre che acquisire la cittadinanza russa. Come Edward Snowden, l’informatico e attivista statunitense già tecnico della Cia che dal 2013 vive in Russia dopo aver rivelato i dettagli di diversi programmi top secret di sorveglianza di massa del governo di Washington e quello di Londra. E non sarà certo una sorpresa se Mosca deciderà di concedere la cittadinanza anche al nuovo transfuga, che promette di diventare una importante pedina della macchina propagandistica. “Dal 2005 considero gli Usa il mio nemico”, ha dichiarato Martindale, presentatosi alla stampa in camicia arancione e un cappellino nero con visiera. Quello che accade in Ucraina, ha insistito, “è un tentativo dell’America di contenere la Russia per non permetterle di competere ad armi pari con gli Stati Uniti”.

Poi un messaggio diretto a Washington: “Se qualcosa succede a me o a qualche mio parente non sarà un incidente, ma opera delle autorità americane per costringermi a tornare negli Usa e accusarmi di tutti i peccati”. Martindale ha detto di essere stato un “missionario” in Polonia. Quando ha capito che stava per scoppiare una guerra, si è trasferito in Ucraina e, dopo essere passato per Kiev, è arrivato nel territorio della regione di Donetsk controllato dalle forze governative solo una decina di giorni prima dell’attacco russo. Da lì, ha detto, si è messo in contatto con le forze separatiste filorusse scrivendo sul loro canale Telegram. Lo stesso sistema ha utilizzato per mantenere poi i contatti con le agenzie di sicurezza russe, che gli hanno fatto arrivare un nuovo telefono cellulare con un drone.

La settimana scorsa le forze speciali della 29/a Armata hanno fatto un’incursione in territorio ucraino per farlo uscire, dopo che, sostengono i canali degli osservatori militari russi, aveva avuto “un ruolo chiave nella preparazione dell’assalto al villaggio di Bogoyavlenka”, caduto in mano russa qualche giorno fa. Anche oggi Mosca ha annunciato la conquista di nuovi villaggi, quelli di Kurakhivka nella regione di Donetsk e quello di Pershotravneve nella regione di Kharkiv, in un’avanzata nell’est dell’Ucraina che ha accelerato nelle ultime settimane. Le truppe ucraine stanno affrontando una delle più “potenti” offensive della Russia dall’inizio dell’invasione, ha detto il comandante delle forze armate, Oleksandr Syrsky. La situazione è difficile, e “le ostilità in alcune aree richiedono un costante rinnovamento delle risorse delle unità ucraine”, ha aggiunto.

Difficoltà confermate dall’intelligence militare dell’Estonia, secondo la quale solo nell’ultima settimana le forze russe hanno occupato circa 150 chilometri quadrati di territorio nella regione di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato massicci attacchi di droni nella notte su varie regioni, compresa Kiev, dove le autorità locali hanno parlato di incendi scoppiati in vari edifici residenziali. Due feriti sono segnalati nella capitale e cinque, di cui tre bambini, a causa di un bombardamento di artiglieria nella città meridionale di Kherson. “I costanti attacchi terroristici contro le città ucraine provano che la pressione esercitata sulla Russia e i suoi complici non è sufficiente”, ha affermato Zelensky. Le autorità russe hanno invece detto che quattro civili sono rimasti feriti in attacchi di droni ucraini sulla regione frontaliera di Kursk e uno su quella di Belgorod. Oltre a due persone rimaste ferite in un attacco di artiglieria delle forze di Kiev a Gorlovka, località nel Donetsk controllata dalle truppe di Mosca.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto