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Didattica a distanza in tempi di pandemia, l’esperienza della professoressa Iaccarino: abbiamo sofferto tanto ma con la tecnologia abbiamo recuperato normalità

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Nel caos dell’emergenza sanitaria, si parla poco della scuola. Chiusa ormai da quasi due mesi, non riaprirà prima di settembre. Dopo il disorientamento iniziale, le lezioni sono riprese con la didattica a distanza. Una vera e propria scommessa per docenti e alunni che in poco tempo hanno dovuto reinventarsi. Diciamo che la scuola italiana in pochi giorni è stata costretta a fare un corso di digitalizzazione spinto. E tutti ci hanno messo il cuore per consentire comunque di garantire nelle condizioni date una “normale” istruzione agli studenti di ogni ordine e grado. Alla professoressa Bianca Teresa Iaccarino, docente di Lettere al Liceo G.B. Vico di Napoli, abbiamo chiesto di raccontarci come professori e ragazzi stanno affrontando questa sfida complessa, che li ha catapultati in una nuova realtà e in un nuovo modo di pensare la scuola.

Bianca Teresa Iaccarino. La docente di Lettere al Liceo G.B. Vico di Napoli che s’è messa al servizio degli studenti

Professoressa Iaccarino, ci racconta com’è avvenuto il passaggio alla didattica a distanza?

Al liceo Vico abbiamo anche nove classi digitali, loro hanno vissuto la transizione in modo più naturale, perché già usavano piattaforme digitali e app nella prassi didattica. Per il resto della scuola è stato un po’ più complicato, ma anche le altre classi avevano comunque già attivato qualche attività digitale nel corso degli ultimi due anni. Utilizziamo tutti, per esempio, la Suite di Google, con la Classroom, l’ambiente di lavoro virtuale, grazie a cui è possibile condividere materiale con gli studenti, somministrare verifiche e questionari.

Come procedono le lezioni?

Abbastanza bene. Superata la fase iniziale, con tutte le difficoltà logistiche del caso, stiamo svolgendo le attività in maniera serena; parliamo tanto e, al di là di ogni questione didattica, cerchiamo di preservare le relazioni fra i compagni e fra studenti e professori. I ragazzi fanno lavori di gruppo, presentazioni che condividono con il resto della classe. Cerchiamo di adeguare al momento le attività didattiche, le verifiche, i questionari, stimolando i ragazzi ad interagire e a partecipare attivamente. 

Una didattica più partecipata e meno unidirezionale?

Cerchiamo di stimolare i ragazzi il più possibile. Poi dipende molto anche dai professori: ci sono docenti che lavorano in un modo più tradizionale, anche se tutti quanti con un po’ di buonsenso stanno provando ad adeguarsi a questa nuova modalità. La didattica a distanza non può essere la copia perfetta della lezione fatta a scuola in presenza. Replicare in toto quel modello significa trasformare le lezioni in una sorta di infinita videoconferenza. Non funzionerebbe.

Quanto si perde senza il contatto umano fra professori e studenti? 

Di certo non si perde lo sguardo, anzi in chat forse ti concentri ancora di più sulle espressioni dei ragazzi, sui sorrisi o sugli sguardi un po’ più tristi. Si perde la dimensione comunitaria dal vivo, in presenza, il fatto di vivere fisicamente nello stesso ambiente. L’intervallo, la possibilità per i ragazzi di incontrarsi nei corridoi, la dimensione in carne ed ossa. Ma quando facciamo lezione, lo stare insieme, seppur in modo virtuale, supera il fatto di non essere vicini fisicamente. Abbiamo sicuramente sofferto di più nei primi giorni, quando non ci siamo visti. Quando abbiamo incominciato la didattica a distanza, ci è sembrato di recuperare una normalità.

Crede che la scuola sia rimasta un po’ ai margini del dibattito politico?

Noi come istituzione scolastica ci auguriamo sempre che la scuola possa ricevere tutta l’attenzione che meriterebbe, ma nella realtà dei fatti sappiamo bene che non è sempre al primo posto e nei pensieri di tutti. Il mondo della scuola è poi molto composito. Ci sono scuole più solide, con contesti sociali favorevoli, docenti aggiornati e dotazioni tecnologiche funzionanti, che riescono a camminare meglio. Così come ci sono contesti più difficili, e gradi di scuola diversi; per la primaria è più complicato svolgere le attività a distanza. Credo che questa crisi, soprattutto nelle zone più disagiate, abbia messo a nudo tutte le carenze della scuola; si è investito poco, anzi, troppo spesso si è tagliato. E così come per la sanità, ce ne accorgiamo solo ora, in tempo di crisi.

S’è detto che la didattica a distanza è poco “democratica”, nel senso che chi è sprovvisto di un pc o di una buona connessione risulta penalizzato nel seguire le lezioni. Che cosa ne pensa?

Nella nostra scuola, anche grazie agli stanziamenti del Governo, è stato possibile intervenire e dotare almeno di un portatile gli studenti più in difficoltà. In altri contesti fare ciò può risultare più difficile. Il problema è che se la politica avesse investito nella scuola in maniera differente, forse non avremmo dovuto fronteggiare tutti questi problemi. Sanità e istruzione sono due settori importanti per la crescita di un Paese. Qualunque forza politica si trovi al Governo dovrebbe considerarli sempre come prioritari, perché sono quelli che tutelano la salute e il benessere e formano il cittadino del futuro.

Come si immagina il ritorno fra i banchi di scuola?

Non so che cosa deciderà il ministero. Io farei una scelta a metà: in parte lezioni a scuola, in parte da casa, come stiamo facendo adesso. In questo modo si potrebbero usare le aule più grandi per garantire il distanziamento sociale. A settimane alterne, ad esempio, un gruppo di classi potrebbe svolgere le lezioni in presenza, mentre un altro gruppo continua con la didattica a distanza. Auspico che sia lasciato alle scuole un margine di autonomia e di discrezionalità, per adattare le disposizioni al singolo contesto scolastico, così da poter gestire la situazione tenendo conto della capienza dell’edificio e del numero degli studenti. Sarebbe una cosa saggia.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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