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Denunce e veleni tra gli eredi di Pierre Cardin

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“Parenti-serpenti” in casa Cardin: in Francia è stata aperta un’inchiesta sulla ricca successione di Pierre Cardin, il celebre stilista veneto naturalizzato francese morto a fine dicembre 2020 senza lasciare figli. L’indagine della giustizia d’Oltralpe è stata avviata dopo una serie di denunce presentate dalle pronipoti di Cardin. Secondo il settimanale Challenges, queste ultime, sostenute da buona parte dei famigliari, accusano Rodrigo Basilicati-Cardin – il nipote di Pierre Cardin divenuto direttore generale del gruppo nell’ottobre 2019 poi presidente nel novembre 2020 – di voler bloccare la vendita dell’impero Cardin. Lo stilista visionario che da un piccolo paesino del trevigiano, Sant’Andrea di Barbarana, conquistò il mondo, ha lasciato un ricco patrimonio, tra holding, filiali, licenze, marchi come anche beni immobiliari tra Parigi e il sud della Francia. Un impero stimato tra i 750 e gli 800 milioni di euro, secondo quanto riferito all’agence France Presse dall’avvocato delle pronipoti, Jean-Louis Rivière.

Queste accusano il cugino di voler “recuperare l’integralità del patrimonio individuale di Pierre Cardin e del gruppo secondo manovre dubbie ed eventualmente fraudolente”, sintetizza il legale sul piede di guerra. Nel mirino, in particolare, un testamento firmato da Pierre Cardin nel novembre 2016 in cui Rodrigo Basilicati-Cardin viene designato come unico erede. Un lascito preziosissimo, che quest’ultimo avrebbe rinvenuto nel 2022 nella residenza parigina dello zio.

Una scoperta caduta “a pennello”, è il tagliente commento dell’avvocato Rivière, avvenuta proprio all’indomani di un’offerta di acquisto del gruppo Cardin su cui “l’insieme degli eredi, rappresentanti dell’85%, era d’accordo”. Per il legale, nientemeno che un “tentativo di spoliazione dell’eredità. Quel “testamento avrebbe dovuto essere rinvenuto durante l’inventario” realizzato dopo la morte di Pierre Cardin, il 29 dicembre 2020, “ma almeno mi ha permesso di conoscere la mia famiglia…”, è il commento di Basilicati-Cardin che il 21 giugno ha sporto a sua volta denuncia per diffamazione. Pierre Cardin, scomparso senza figli all’età di 98 anni, “espresse da vivo la volontà che fosse il sottoscritto a succedergli e in dieci anni ha fatto un certo numero di atti conseguenti fino al testamento”, si difende il nipote assicurando che il suo “obiettivo è rilanciare il marchio, non venderlo, secondo quella che era la volontà di mio zio”. Il presidente del gruppo ricorda inoltre di aver lavorato per anni al fianco del vecchio patriarca.

Procedure civili sono attualmente in corso per analizzare la validità del lascito ma la battaglia tra i due ‘clan’ si gioca anche sul terreno penale. Secondo informazioni di Challenges confermate da fonti giudiziarie, la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta per circonvenzione di incapace, appropriazione indebita e truffa, dopo una denuncia presentata a marzo dalle pronipoti. Le indagini ancora in corso sono affidate alla Brigate de répression de la délinquance astucieuse (Squadra di repressione delle truffe). Da inizio anno le Cardin hanno depositato tre altre denunce, di cui una archiviata a giugno.

Le due altre per abuso di fiducia e truffa, sono ancora in corso. Su impulso di Basilicati-Cardin, la Maison Cardin è rientrata da marzo scorso nel calendario ufficiale del prêt-à-porter parigino dopo 25 anni di assenza. Nato il 2 luglio 1922 a Sant’Andrea di Barbarana, frazione di San Biagio di Callalta, provincia di Treviso, Pierre Cardin, ultimo di dieci figli, si trasferì in Francia con i genitori quando aveva appena due anni. A Parigi il sarto italiano, trovò la sua strada nella moda e divenne nel 1947, a 25 anni, primo sarto della maison Christian Dior. Il suo marchio arrivò nel 1950 e fu chiara da subito la sua concezione della moda: doveva essere accessibile a tutti. Lui del resto era un visionario: “Gli abiti che preferisco sono quelli che invento per uno stile di vita che ancora non esiste: il mondo di domani”.

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Zelensky: situazione difficile ma resistiamo nel Kursk

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“Il Comandante in Capo Oleksandr Syrskyi ha fornito un aggiornamento sulla situazione in prima linea. In molte direzioni la situazione rimane difficile”. Lo scrive Volodymyr Zelensky su X. “Solo a mezzogiorno, si sono già verificati quasi 70 attacchi russi. Gli scontri si concentrano nelle direzioni di Pokrovsk, Kramatorsk, Lyman e Kursk”. E “le nostre forze continuano le operazioni difensive in aree specifiche delle regioni di Kursk e Belgorod”, ha assicurato, dopo che ieri Mosca aveva annunciato la completa riconquista del Kursk. Zelensky ha chiesto una rinnovata pressione sulla Russia ad accettare la tregua proposta dagli Usa.

Secondo Zelensky “la situazione in prima linea e l’azione dell’esercito russo dimostrano che l’attuale pressione globale sulla Russia non è sufficiente a porre fine a questa guerra. Presto saranno passati cinquanta giorni da quando la Russia ha iniziato a ignorare la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco completo e incondizionato, una proposta che l’Ucraina aveva accettato l’11 marzo”. Per questo motivo, “è necessaria una pressione più tangibile sulla Russia per creare maggiori opportunità per una vera diplomazia”, ha avvertito, ringraziando “tutti coloro che sono al fianco dell’Ucraina”.

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Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Trump spinge per il cessate il fuoco in Ucraina: “Ora Putin deve aprire ai colloqui diretti”

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Donald Trump ha deciso di accelerare i tempi. Dopo mesi di logoramento sul fronte, ora il presidente americano punta a ottenere da Vladimir Putin un’apertura concreta ai colloqui diretti, oltre a una tregua immediata e “senza condizioni” che apra la strada ai negoziati di pace. A dirlo chiaramente è stato lo stesso Trump, mentre da Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che la Russia è pronta a negoziare.

Il piano di Trump e la controproposta di Kiev

Mentre la Russia rivendica la completa riconquista della regione di Kursk, l’Ucraina propone come contromossa uno schieramento internazionale che impedisca futuri attacchi russi. Una misura di garanzia per evitare che la tregua si trasformi in una nuova aggressione. Nonostante le difficoltà militari, Volodymyr Zelensky sembra disposto a valutare un compromesso “dignitoso” per salvaguardare l’indipendenza ucraina dopo tre anni di guerra.

Il compromesso proposto da Kiev prevede:

  • La difesa della sovranità nazionale senza limitazioni sull’esercito.

  • L’utilizzo degli asset russi congelati in Occidente per il risarcimento dei danni di guerra.

L’ombra della resa dei conti e la pressione di Trump su Putin

Trump, incontrando Zelensky a Roma all’ombra della Cupola di San Pietro, ha fatto capire che il tempo stringe. Ammette apertamente il sospetto che Putin voglia “continuare la guerra” per logorare la situazione e far perdere tempo agli Stati Uniti. Una strategia che Trump non intende subire, rilanciando l’obiettivo di concludere la guerra nei primi 100 giorni della sua presidenza.

L’annuncio della riconquista russa della regione di Kursk, accompagnato dal primo riconoscimento ufficiale dell’uso di truppe nordcoreane da parte di Mosca, alimenta le preoccupazioni. Ma allo stesso tempo, la Russia continua a mostrare difficoltà economiche profonde nonostante il regime autarchico tenti di nascondere la crisi.

Il difficile equilibrio: salvare l’onore per tutti

Per Trump, per Putin e per Zelensky l’obiettivo è quello di poter dichiarare una vittoria:

  • Trump vuole essere il presidente che ha portato la pace.

  • Putin vuole presentarsi come il difensore della “Madre Russia” contro l’Occidente.

  • Zelensky vuole salvaguardare la sovranità e l’onore nazionale.

Il 9 maggio, data simbolica della vittoria sovietica sul nazismo, si avvicina. Putin punta a presentarsi come vincitore, ma senza un vero accordo, la guerra rischia di continuare nel logoramento reciproco.

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