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Decreto Sicurezza, i prefetti potrebbero denunciare i sindaci che non rispettano le norme

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Sindaci e nuove norme sui richiedenti asilo: anche i prefetti potrebbero scendere in campo per verificare l’applicazione del dl sicurezza e i primi cittadini che non le applicano rischiano di finire denunciati. Ma c’è anche tra i giuristi chi richiama le amministrazioni locali all’obbligo di iscrivere i migranti all’anagrafe, con la conseguenza di una citazione per danni per i sindaci che applicano la normativa tanto voluta da Matteo Salvini. Sullo sfondo si agita anche lo ‘spettro’ del ricorso alla Consulta che, pero’, potrebbe metterci da uno a due anni per dire se il dl collide con la Costituzione. Lo strumento dell’ispezione prefettizia potrebbe essere messo in campo nei confronti dei sindaci ‘disobbedienti’ che, da Palermo a Napoli, hanno detto chiaramente di non ottemperare alla Legge sulla sicurezza in vigore da un mese che introduce il divieto di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo. In caso di irregolarita’ palesi e reiterate da parte dei sindaci, i prefetti possono anche ordinare ispezioni straordinarie. Se individuano la mancata ottemperanza di un atto amministrativo alla legge possono chiedere al sindaco la rettifica. Se questa non avviene puo’ configurarsi l’ipotesi di reato con conseguente denuncia alla magistratura. Con un parere giuridico inviato all’Anci della Toscana, il professor Emilio Santoro, ordinario all’Universita’ di Firenze, fa presente invece che il decreto Salvini “abolisce non il diritto all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, ma semplicemente la procedura semplificata per tale iscrizione”. Secondo Santoro, “le disposizioni di quei sindaci che hanno dato indicazioni alle anagrafi dei propri Comuni di continuare a procedere all’iscrizione dei richiedenti asilo, appaiono non solo legittime ma assolutamente doverose”.

Il sindaco – sostiene il professore – ha l’obbligo “di procedere alle iscrizioni anagrafiche secondo le modalita’ previste dalla legge e dal regolamento anagrafico: se non lo facesse, i richiedenti asilo potrebbero rivolgersi al giudice per chiedere di ordinare all’anagrafe del Comune in cui sono accolti di provvedere all’iscrizione, e il sindaco potrebbe essere chiamato a rispondere dei danni procurati dalla ritardata iscrizione”. Lo scenario e’ dunque vario e non manca l’ipotesi del ricorso alla Consulta ventilato oggi dal governatore del Piemonte Sergio Chiamparino. Interpellato sul punto, l’avvocato Pierluigi Pellegrino, esperto di diritto amministrativo e di diritto pubblico, segnala che “e’ a forte rischio di inammissibilita’ un ricorso delle Regioni perche’ dovrebbero provare che la legge viola le loro attribuzioni su questa materia che e’ di competenza del governo nazionale non del legislatore regionale. Per avere una ‘risposta’ i tempi di attesa sono di uno o due anni, non bisogna illudersi che il ricorso al giudice costituzionale sia veloce e risolutivo”. Pellegrino rileva che le nuove norme “hanno superato il vaglio del Presidente della Repubblica che le ha firmate e dunque difficilmente possono essere considerate manifestamente incostituzionali: e’ solo ‘ammessa e non concessa’ la tesi dei sindaci ‘disobbedienti’ sulla incostituzionalita’”.

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Santanchè denuncia Francesca Pascale per le borse Hermès: “Ci vediamo in tribunale”

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La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, ha confermato di aver denunciato Francesca Pascale (foto Imagoeconomica in evidenza), ex compagna di Silvio Berlusconi, per la vicenda delle presunte borse false di Hermès.

«Denunciata la Pascale? Assolutamente», ha dichiarato Santanchè a margine di un evento a Palazzo Lombardia, spiegando di aver trovato anche la fattura della borsa contestata. «Ci vediamo in tribunale e così metteremo fine a questa cosa», ha aggiunto.

La vicenda è esplosa circa un mese fa, quando Il Fatto Quotidiano ha rivelato che alcune borse di lusso appartenute alla ministra non sarebbero state acquistate direttamente dai negozi ufficiali, ma da contraffattori. Una delle borse, una Kelly di Hermès, sarebbe stata donata alla Pascale, che si sarebbe accorta del falso portandola in boutique per una riparazione.

Santanchè ha ironizzato sulla vicenda, paragonandola alla polemica sulla Tesla X acquistata da Elisabetta Piccolotti, parlamentare di Alleanza Verdi Sinistra, nonostante il boicottaggio del marchio da parte della sinistra. «Io non mi vergogno delle borse di Hermès, qualcuno si vergogna della Tesla. Magari me ne compro una pure io», ha detto.

IL CASO “EQUALIZE” E IL LEGAME CON PAZZALI

La ministra ha commentato anche le indagini su Equalize, l’agenzia che faceva capo a Enrico Pazzali, ex presidente di Fondazione Fiera Milano. «Conosco Pazzali da 30 anni, avevo dei contatti con lui, ma non sapevo assolutamente nulla di queste attività», ha spiegato Santanchè, aggiungendo di sentirsi delusa umanamente.

Secondo quanto riportato, l’agenzia avrebbe venduto informazioni riservate a diverse testate giornalistiche, tra cui la trasmissione Report. Santanchè ha affermato che attenderà la conclusione delle indagini prima di decidere eventuali azioni legali.

IL PROCESSO PER VISIBILIA E LE ACCUSE DI TRUFFA

Oltre alla querelle sulle borse, la ministra è al centro di un’altra vicenda giudiziaria. Il giudice per le indagini preliminari di Milano l’ha rinviata a giudizio per falso nelle comunicazioni societarie tra il 2016 e il 2022 in relazione alla gestione delle sue società Visibilia Editore, Visibilia Editrice e Visibilia Srl. Il processo inizierà il 20 marzo.

Inoltre, è indagata per truffa aggravata ai danni dell’Inps, con l’accusa di aver percepito 126.468 euro in cassa integrazione Covid per 13 dipendenti tra il 2020 e il 2022, senza che questi lavoratori ne avessero effettivamente diritto.

LE REAZIONI E LE PROSPETTIVE

Santanchè ha affrontato queste accuse anche in Parlamento, durante la discussione sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti (poi respinta). «Tacco 12, borse e vestiti. Rappresento plasticamente tutto ciò che detestate», aveva detto la ministra, ribadendo la sua posizione contro gli attacchi politici.

Ora la battaglia si sposta su due fronti: il tribunale per la querela contro Francesca Pascale e il processo per falso societario e truffa all’Inps.

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Politica

Pd e M5S: tra duello e alleanza, la sfida infinita tra Schlein e Conte

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La politica italiana si infiamma con un nuovo capitolo della sfida tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, protagonisti di una partita giocata tra strategie, contrapposizioni e possibili convergenze. Il campo dell’opposizione è tutt’altro che compatto: le divergenze sulle armi all’Ucraina, la politica estera e il riarmo hanno segnato ulteriori distanze tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, due forze che, almeno sulla carta, dovrebbero lavorare per costruire un’alternativa alla destra.

Le tensioni sul riarmo e la politica estera

Il voto sul riarmo europeo ha creato una frattura netta tra Schlein e Conte. Giorgia Meloni ha sostenuto il piano von der Leyen, mentre il PD ha scelto un’astensione tattica che ha lasciato scontenti molti suoi elettori. Conte, invece, ha cavalcato l’onda del pacifismo per accreditarsi come l’unico vero oppositore al riarmo.

“Il pacifismo del PD è traballante, io difendo i più deboli” ha attaccato Conte, mentre Schlein ha preferito non rispondere direttamente alle provocazioni, ribadendo solo la sua posizione: “Noi siamo per una difesa comune europea, non per il riarmo nazionale”.

Ma le divergenze non si fermano qui. Schlein guarda con interesse alla leadership democratica americana e si allinea con Kamala Harris, mentre Conte strizza l’occhio a Donald Trump, riconoscendogli il merito di aver “smascherato la propaganda bellicista dell’Occidente”.

“Battere militarmente la Russia non era realistico”, ha affermato il leader M5S, facendo emergere ancora una volta il solco tra le due visioni.

Le piazze divise

Le distanze si sono palesate anche sul terreno della mobilitazione popolare. Alla manifestazione della sinistra a Piazza del Popolo, Schlein è stata acclamata dai suoi sostenitori con un “Vai avanti, siamo tutti con te”. Conte, però, ha deciso di non mischiarsi con una platea che considera troppo eterogenea tra pacifisti e trattativisti.

Ma l’ex premier non è rimasto in silenzio: ha convocato la sua piazza per il 5 aprile, tutta marchiata M5S, dove i messaggi e le parole d’ordine saranno dettate unicamente dal suo movimento.

Il rischio dello scontro finale

Se Schlein e Conte sembrano a tratti vicini, in realtà si contendono lo stesso elettorato, con due strategie differenti:

  • Conte punta a conquistare l’elettorato pacifista e anti-establishment, proponendosi come l’unica voce contraria alla politica estera atlantista e al sistema.
  • Schlein lavora per rafforzare il PD, rendendolo il perno dell’opposizione e cercando di accreditarsi come leader di un’alleanza ampia.

Lo scontro potrebbe riaccendersi oggi in Senato, quando si discuteranno le risoluzioni sul Consiglio europeo. Conte proverà a mettere in difficoltà il PD, puntando sulle divisioni interne tra l’ala riformista e quella più a sinistra.

“Che alternativa puoi presentare agli italiani se voti come Meloni per un’escalation militare?” è la domanda con cui il leader M5S potrebbe tentare di inchiodare Schlein.

Conte non crede al “campo largo”

Mentre Schlein cerca di ricompattare l’opposizione, Conte non ha dubbi:

“Io sono per il campo giusto, non per il campo largo.”

Questa dichiarazione smentisce qualsiasi ipotesi di un’alleanza strutturata tra PD e M5S prima delle elezioni. Conte vuole tenere separato il suo progetto politico, rinviando ogni discussione a dopo il voto.

Un’alleanza possibile solo dopo il voto?

Le divergenze tra PD e M5S si estendono oltre la politica estera:

  • Sulle elezioni amministrative, i due partiti sono spesso divisi su candidature e alleanze locali.
  • Sulla RAI, Conte e Schlein hanno criticato le nomine governative, ma senza una strategia comune.
  • Sulla legge elettorale, le divergenze restano enormi: l’attuale sistema favorisce le alleanze, ma un proporzionale puro darebbe a ognuno la possibilità di correre da solo.

“Schlein si occupa solo di rafforzare il PD, io faccio lo stesso con il M5S” ha dichiarato Conte, lasciando intendere che ognuno pensa prima al proprio orticello.

Conclusioni: strategie diverse, futuro incerto

La tensione tra Elly Schlein e Giuseppe Conte continua a essere il punto centrale della politica d’opposizione. Se da un lato hanno molte posizioni in comune, dall’altro la loro lotta per la leadership del centrosinistra e per la conquista di nuovi elettori li porta spesso a scontrarsi.

L’unica certezza è che, almeno fino alle prossime elezioni, la collaborazione tra PD e M5S sarà limitata e conflittuale. Un’alleanza, se mai ci sarà, dovrà essere costruita dopo il voto, quando i numeri parleranno chiaro e le strategie dovranno adattarsi alla nuova realtà politica.

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Politica

PD, c’è la tregua tra maggioranza e minoranza ma De Caro può diventare il dopo Schlein

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Un lunedì di intense trattative per il Partito Democratico, culminato con una notte di confronti e un aggiornamento alla mattina successiva, prima dell’assemblea congiunta dei gruppi. Obiettivo prioritario: evitare la rottura tra le correnti dem sulla risoluzione che sarà presentata in occasione delle comunicazioni di Giorgia Meloni al Parlamento in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo.

Dopo la spaccatura a Strasburgo sul piano per il riarmo della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, le diplomazie interne al PD hanno lavorato per ricucire lo strappo. Nel fine settimana le tensioni erano ancora alte, ma entrambi gli schieramenti – la maggioranza che sostiene Elly Schlein e la minoranza riformista – hanno capito che una spaccatura sarebbe stata un favore alla destra.

LA TRATTATIVA

Alle 15:30 di lunedì si è tenuta la prima riunione del gruppo ristretto incaricato di trovare una sintesi. Collegati su Zoom:

  • Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo PD
  • Beppe Provenzano, responsabile Esteri
  • Alessandro Alfieri, coordinatore della minoranza
  • Enzo Amendola, Stefano Graziano, Piero De Luca, Tatjana Rojc

Provenzano ha presentato una bozza della risoluzione, già approvata da Elly Schlein, che chiede modifiche al piano von der Leyen, senza però chiederne il rigetto totale. Una formulazione più accettabile per i riformisti, che dopo il voto di Strasburgo non avrebbero mai potuto accettare una posizione troppo radicale.

Se la questione sembrava risolta, alcuni dettagli del testo hanno però riacceso il confronto. Schlein ha ribadito che la linea doveva essere la sua: “No al riarmo dei singoli Stati, sì alla difesa comune europea”. La segretaria voleva vincere la partita, senza concedere troppo alla minoranza riformista, che dal canto suo non intendeva uscire sconfitta completamente.

LA MEDIAZIONE E LO SCONTRO SUGLI AGGETTIVI

Dopo una pausa richiesta dai riformisti, la riunione è ripresa alle 19:30, con un acceso dibattito anche su dettagli apparentemente minimi, come gli aggettivi da utilizzare nel documento ufficiale.

  • La maggioranza voleva chiedere “cambiamenti radicali” al piano von der Leyen
  • I riformisti proponevano “cambiamenti profondi”

Alle 20:37, l’incontro si è nuovamente interrotto su questo punto. Schlein non voleva cedere e ha ribadito: “Noi siamo per la difesa comune europea, non per il riarmo nazionale”. Ma la minoranza riformista sapeva che rompere con la segretaria significava spianarle la strada verso un congresso straordinario che avrebbe vinto facilmente.

Alla fine, la riunione è stata aggiornata di nuovo al giorno successivo, poco prima della riunione con i gruppi parlamentari.

IL RUOLO DI ANTONIO DECARO

Nel frattempo, i riformisti del PD hanno valutato un nome alternativo a Schlein in caso di congresso: Antonio Decaro, ex sindaco di Bari ed europarlamentare con 495.918 preferenze, più della stessa Schlein. Tuttavia, il diretto interessato ha rapidamente spento ogni speculazione con un messaggio chiaro su Instagram:

“Non abbiamo bisogno di un congresso. Esiste una segretaria autorevole ed eletta da poco, ed è pienamente titolata a terminare il suo mandato. Dobbiamo lavorare uniti insieme a lei.”

Decaro non ha mai amato farsi coinvolgere nelle dinamiche interne del partito e il suo obiettivo resta candidarsi alla successione di Michele Emiliano in Puglia.

IL VOTO ALLA CAMERA

Alla Camera, dove è possibile votare per parti separate, i riformisti dem potranno sostenere la mozione di Azione, annunciata da Carlo Calenda, che ricalca il testo approvato a Strasburgo. Nel frattempo, i parlamentari più pacifisti del PD potrebbero appoggiare alcuni punti delle risoluzioni di Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra.

UNO SCENARIO ANCORA INCERTO

Nonostante la tregua raggiunta, resta da capire se la pace nel PD sarà duratura o solo temporanea. Elly Schlein ha evitato la spaccatura, ma la tensione tra le diverse anime del partito è ancora alta, soprattutto sulla politica estera e di difesa.

Intanto, Decaro resta defilato, osservando le mosse della segretaria e della minoranza, con un occhio puntato sulle elezioni regionali in Puglia, dove il suo ritorno sembra sempre più probabile.

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