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Inps, il Governo manda a casa Boeri in scandenza a febbraio: ai nuovi manager toccherà gestire reddito di cittadinanza e nuova previdenza

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Diciamolo: Tito Boeri le ha provate tutte pur di mettersi contro il Governo. In sei mesi avrà rilasciato una dozzina di interviste in cui ha parlato non già di questioni previdenziali ma della insostenibilità delle riforme del Governo M5S/Lega. E così pare che si sia arrivati al redde rationem.

Inizio prossima  settimana, il 9, il Consiglio dei ministri si riunirà per approvare il provvedimento che completa la legge di Bilancio: un maxi-decreto che regola il reddito di cittadinanza e il pensionamento anticipato secondo il principio di “quota 100”. Sono le due misure più importanti di questo governo. Misure bandiera le chiamano. E assieme a queste misure ci sarà una novità importante. Il cambio dell’organizzazione di vertice dell’Inps e anche dell’Inail, l’istituto che si occupa di infortuni sul lavoro.

Lavoratori

L’Inps, però, è cruciale: da lì passerà quota 100 ma anche il reddito di cittadinanza, perché è soltanto l’Inps a poter verificare i requisiti di idoneità per il sussidio, a cominciare dall’ Isee, l’ indicatore della situazione economica equivalente che sarà indispensabile per poter fare domanda.
Al vertice dell’ Inps siede dal 2014 Tito Boeri, economista della Bocconi nominato ai tempi del governo Renzi. Mai c’è stato feeling.  Pur avendo fornito dati su pensioni d’ oro e privilegi vari che i Cinque Stelle hanno usato a sostegno delle loro battaglie, Boeri ha rotto da tempo i rapporti con l’esecutivo: ha criticato la riforma delle pensioni,  sollevato perplessità su alcuni aspetti del reddito di cittadinanza e ogni tanto qualche critica anche alla politica migratoria di Salvini. L’attacco più violento di Boeri qualche mese fa  sulle stime degli effetti negativi del decreto dignità: nei calcoli dell’Inps c’erano almeno 8.000 contratti a termine su 80.000 superiori al nuovo limite dei 24 mesi che non sarebbero stati trasformati in tempi indeterminati. Il ministero del Lavoro, guidato da Luigi Di Maio e responsabile del provvedimento, ha contestato i calcoli, perfino il ministero dell’Economia aveva parlato di calcoli “privi di basi scientifiche e in quanto tali discutibili”. Nei prossimi mesi arriveranno i dati del mercato del lavoro dopo l’approvazione del decreto Dignità e si capirà chi aveva ragione.


Il mandato di Boeri è in scadenza il 14 febbraio, ma il governo ha deciso di non aspettare.
Ieri è circolata l’indiscrezione che il governo indichi un commissario, dopo ave ripristinato il consiglio di amministrazione dell’ Inps (oggi i poteri sono concentrati sul presidente, c’ è solo un Consiglio di indirizzo e vigilanza che indica le strategie). Nei corridoi dell’Inps, però, c’è un certo scetticismo su questa possibilità: che senso avrebbe affidare i due provvedimenti cruciali per l’esecutivo a un dirigente che ha un mandato di pochi mesi?
Se si troverà un accordo tra Lega e Cinque Stelle è quindi probabile che il Consiglio dei ministri della prossima settimana indichi un nuovo presidente con pieni poteri, così da permettere anche una transizione graduale e senza strappi dalla gestione Boeri, magari con una sorta di convivenza fino a febbraio. Tramontato il nome di Alberto Brambilla, esperto di area leghista ma diventato troppo critico con il governo, circola un nome che arriva dal passato, quello di Mauro Nori, potente direttore generale ai tempi di Antonio Mastrapasqua e poi allontanato da Boeri, oppure quello, di profilo diverso, di Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro. Il candidato politicamente più coerente con la nuova agenda dell’Inps è però Pasquale Tridico, economista di Roma3 che i Cinque Stelle avevano in un primo momento proposto come ministro del Lavoro. Oggi è il capo della squadra dei consiglieri economici di Di Maio ed è il regista del decreto sul reddito di cittadinanza. Dopo aver scritto la norma, potrebbe essere chiamato ad applicarla.

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Mattarella: sottrarre subito popolazione Gaza alla guerra

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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda l’attacco di Hamas del 7 ottobre con una ferma presa di posizione che pone tra le priorità, dopo aver rimarcato la vicinanza a Israele e la “ferma condanna” per il “barbaro attacco”, l’immediata liberazione degli ostaggi di Hamas. Quindi,la necessità di sottrarre la popolazione di Gaza dalla guerra e il raggiungimento di una definitiva soluzione negoziata tra Israele e Palestina che preveda la creazione di due Stati sovrani e indipendenti. “Ciò è indispensabile- spiega il Capo dello Stato – per garantire pace e sicurezza durevoli ai due popoli e all’intera regione, e per evitare che l’ostilità, l’avversione e il risentimento accumulatisi in questi mesi producano in tutto il Medio Oriente nuove e sempre più drammatiche esplosioni di violenza. È una responsabilità che, se compete, in primo luogo, a israeliani e palestinesi, deve vedere attivi tutti i popoli amanti della pace, affinché l’orrore del passato non si ripeta”.

Un messaggio forte che il presidente della Repubblica incrocia con una serie di considerazioni sulla strage condotta contro “inermi cittadini israeliani”. Il Capo dello Stato parla di “grande vicinanza e solidarietà della Repubblica Italiana al popolo israeliano così ignobilmente colpito”. E, nel deplorare quel brutale atto terroristico, partecipa con commozione al dolore delle famiglie delle vittime, rinnovando “l’appello affinché le persone prese crudelmente in ostaggio con pratica disumana, vengano liberate e possano ricongiungersi ai loro familiari”. “In questo anno – ragiona il presidente – gli effetti di quella tragedia si sono moltiplicati, investendo incolpevoli popolazioni dell’intera area, mentre si diffondono gravi e inaccettabili recrudescenze di sentimenti di antisemitismo, da condannare e contrastare con determinazione”.

Da qui il sostegno convinto dell’Italia al diritto di Israele alla propria esistenza in pace e sicurezza e alla difesa dagli attacchi, nel rispetto del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario. L’obiettivo immediato è il raggiungimento di quel “cessate il fuoco” per porre termine alla sequela di orrori che si sono susseguiti dal 7 ottobre dello scorso anno ad oggi e scongiurare l’allargamento del conflitto. Prospettiva – commenta – che gli accadimenti recentissimi rendono purtroppo vicina e concreta. “Profonda è la preoccupazione per la condizione dei civili a Gaza, la cui popolazione ha patito indicibili lutti e sofferenze e ha diritto ad essere sottratta alle distruzioni e alla violenza della guerra”. Ma dopo il cessate il fuoco, il presidente chiede la “definitiva soluzione negoziata tra Israele e Palestina che, con il concorso della comunità internazionale, preveda la creazione di due Stati sovrani e indipendenti”. Con una ulteriore garanzia: che si provveda “sin d’ora a stabilire i termini di un futuro di intesa tra tutti gli Stati della regione”.

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A Pontida c’è lo show di Orban: Salvini? Patriota europeo

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Pontida come la nuova Lepanto. Dal palco del raduno leghista, Matteo Salvini raduna i ‘Patrioti’ fondati da Viktor Orban e sigla il patto per una nuova “santa alleanza dei popoli europei”, uniti per raggiungere “la pace” in Europa e “fermare l’invasione islamica”. “Lo hanno fatto a Lepanto, lo faremo ancora noi”, sostiene il segretario leghista, che organizza il raduno nell’anniversario della battaglia in cui, il 7 ottobre del 1571, la Lega santa sconfisse la forza navale schierata dall’impero ottomano. Dopo anni di messaggi incentrati sul ‘pragmatismo’ e il ‘buonsenso al governo’, la Lega torna all’uso della simbologia storica nella sua comunicazione politica.

Messa in soffitta, ormai da piu’ di un decennio, l’iconografia ‘padana’ ideata da Umberto Bossi, Salvini prova a coniugare i valori del partito delle origini e il futuro di ispirazione sovranista. Una operazione ardita, avviata da tempo, non senza vistose contraddizioni, tra ‘rigurgiti’ di localismo e asprirazioni nazionalistiche. Pontida 2024 e’ la piu’ plastica rappresentazione di questo ambizioso tentativo.

Tanto che appare evidente lo scarto tra la prima parte del raduno, in cui, attraverso le voci di governatori, ministri e capigruppo, si riaffermano i valori storici del partito, fondato 40 anni fa da Bossi, e la seconda tranche, affidata alle voci dei leader alleati in Europa. In apertura di comizio, nei loro interventi, Luca Zaia, Attilio Fontana e Roberto Calderoli festeggiano il via libera alla legge sull’autonomia e annunciano che la prossima battaglia sara’ quella del federalismo fiscale, srotolando enormi bandiere regionali, e rispolverando parole come “centralismo” e “residuo fiscale”, che da tempo non si sentivano sul palco di Pontida.

Mentre, sotto le rispettive giacche, Massimiliano Fedriga e Giancarlo Giorgetti indossano un pullover e una polo ‘verde vintage Lega’ (colore ormai ‘rottamato’ e sostituito con il blu dal nuovo corso sovranista). Tra la prima e la seconda parte, l’intervento ‘cuscino’ e’ affidato alla nuova star, Roberto Vannacci, atteso e applaudito alla sua ‘prima’ Pontida. Il ‘generale’, eletto a Strasburgo nelle liste ex lumbard, si concede un bagno di folla e selfie al suo arrivo, ed e’ osannato quando dice dal palco che manterra’ la parola, perche’ la “Lega non e’ un taxi”.

A chi glielo chiede, Vannacci non esclude l’ipotesi di una sua mozione al congresso federale (anche se non sarebbe ancora tesserato) e critica il progetto azzurro per introdurre lo ius scholae. L’altra star della giornata e’ il premier ungherese Viktor Orban, che chiude, insieme a Salvini, l’ultima parte del comizio, in cui sfilano gli alleati europei della Lega, una sorta di ‘Internazionale sovranista’, raccolta nel gruppo ‘Patrioti europei’ a Strasburgo: dall’olandese Geert Wilders allo spagnolo Jose’ Antonio Fuster di Vox, oltre al portoghese Andre’ Ventura di Chega, all’austriaca Marlene Swazek dell’Fpo, e i video messaggi di Jordan Bardella del Rassemblement national e dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro.

 

E l’intervento di Orban e’ forse anche piu’ duro delle attese, contro la burocrazia e “l’egemonia della sinistra in Europa”, che “punisce” l’Ungheria perche’ “difende i confini” Ue dall’immigrazione irregolare” e si e’ fatta “parte belligerante”, allontanando la pace nel conflitto tra Russia e Ucraina. “Se continueranno a punirci, trasporteremo i migranti da Budapest a Bruxelles e li porteremo davanti agli uffici”, minaccia il leader di Fidesz, che e’ presidente di turno del consiglio Ue. “Non dobbiamo uscire da Bruxelles ma entrare con forza, deve essere occupata, tolta ai burocrati e ridata alla gente europea”, aggiunge, chiedendo di “andare avanti sulla strada dell’unificazione della destra europea”. Orban torna a definire Salvini un “eroe” perche’ “ha chiuso i confini e ha difeso le case degli italiani; anzi, ha difeso anche l’Europa e meriterebbe una onorificenza e non un procedimento giudiziario. Quello in corso e’ una vergogna”.

Il fil rouge del raduno e’ infatti il processo Open arms al segretario leghista per aver bloccato – nell’estate del 2019, quando era ministro dell’Interno – lo sbarco dei migranti a bordo della nave dell’Ong. L’arringa difensiva di Giulia Bongiorno e’ fissata il 18 ottobre, poi e’ attesa la sentenza di primo grado, dopo la richiesta dei pm di sei anni di reclusione per sequestro aggravato. Lo slogan della manifestazione e’ ‘ Non e’ un reato difendere i confini’ e diversi sono i gadget e gli striscioni a sostegno di Salvini (Calderoli sale sul palco con una maglietta con scritto ‘Processate anche me’). Dopo l’ospite ungherese, sul palco e’ il turno del capo di via Bellerio, che ringrazia il suo popolo, i compagni di partito e gli alleati europei per la solidarieta’ dimostrata (presenti anche i cechi Ondrej Knotek di Ano e Petr Macinka Motoriste sobe).

“La Lega e’ nata da 40 anni per dare forza e territori, per dare coesione sociale e speranza ai nostri popoli – ricorda -. La Lega e’ una storia di coerenza. Dal prato di Pontida un eterno grazie a Umberto Bossi e a Roberto Maroni per averci accompagnato fin qua”. Il giorno dopo le polemiche per lo striscione ‘Tajani scafista’ esibito dai ragazzi della Lega Giovani, Salvini assicura che il governo e’ “compatto” e’ composto da “amici prima ancora che alleati”.

“Ogni tanto discutiamo ma poi si trova sempre la soluzione”, aggiunge. Ma il vice premier leghista ne approfitta per lanciare due messaggi a FI. In primo luogo, “sull’autonomia non si torna indietro”, scandisce. Poi, sullo ius Italiae, lanciato dagli azzuri, sembra tranchant: “La ricetta per i prossimi anni non e’ concedere piu’ cittadinanze o regalarle piu’ facilmente, la priorita’ per la Lega e l’Italia dovra’ essere quella di poter revocare la cittadinanza a quelli che delinquono in casa nostra”.

Il capo leghista parla anche di manovra. “Se qualcuno deve pagare qualcosa in piu’, paghino i banchieri. Il nostro obiettivo e’ abbassare le tasse alle partite Iva e aumentare gli stipendi ai lavoratori”, afferma. Prima di lui ci aveva pensato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a rassicurare i militanti. “State tranquilli e sereni”, aveva detto. “Noi siamo figli di Pontida. Siamo dalla parte della gente che lavora e produce e oggi fa sacrifici. Il ministro dell’Economia e’ figlio di un pescatore e di una operaia tessile e sa distinguire chi fa sacrifici e chi li puo’ fare”.

I tempi del comizio si sono dilatati per i tanti ospiti, i pullman dei militanti devono rientrare. Salviniaccorcia l’intervento. Ma non dimentica di auspicare la vittoria di Donald Trump alle presidenziali Usa. “Sara’ fondamentale, ed e’ l’auspicio mio e del popolo di Pontida, che liberamente gli americani il prossimo 5 novembre scelgano il futuro, scelgano la pace, scelgano la liberta’, scelgano i repubblicani e Donald Trump”. A leggere qualche giornale di sinistra”, a Pontida, “c’era il raduno dei ‘bad guys’, degli estremisti”, conclude. “Abbiamo parlato di progetti e di futuro contro l’unico estremismo che rimane: l’estremismo islamico e’ il cancro della Terra nel 2024”. Trump, Orban, Wilders, Rassemblement national e Vox. La collocazione dell’Internazionale e’ compiuta. E arriva il post di Elon Musk a suggellarla. Su X, il patron di Tesla plaude due fuochi (emoji) al comizio, taggando i leader intervenuti.

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Porta a porta esclusa da celebrazioni, Vespa se ne va

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In genere è lui ad essere nel mirino delle critiche e le polemiche di tutti i tipi contro Bruno Vespa e il suo Porta a porta negli anni si sono moltiplicate. Ma questa volta è il giornalista e conduttore ad alzare il dito e scatenare le accuse contro la stessa tv pubblica per difendere il suo longevo talk nato nel 1996, indiscusso protagonista della politica e della cronaca su Rai1. ”Ieri sera al Palazzo dei congressi – ha detto stamattina – ho abbandonato la celebrazione dei 100 anni della radio e dei 70 della televisione indignato per il trattamento riservato a Porta a porta. Accanto al doveroso omaggio a monumenti dell’informazione televisiva – ha aggiunto – come il Tv7 di Sergio Zavoli e il Quark di Piero Angela, sono stati ricordati giustamente tra gli altri programmi Mixer di Giovanni Minoli e Chi l’ha visto dalla compianta Donatella Raffai all’attuale conduttrice Federica Sciarelli. Non una parola, né una immagine sui 30 anni di Porta a porta.

Cambiano le stagioni, ma l’anima profonda della Rai resta sempre dalla stessa parte”. Interviene ad esprimere il suo rammarico la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, vicepresidente della commissione di vigilanza Rai. “Bruno Vespa – dice – con Porta a Porta ha scandito la storia politica e sociale dell’Italia, entrando nei Palazzi e nelle case degli italiani. È un errore per la Rai, che ha accompagnato, e spesso guidato, la crescita culturale del Paese, cancellare una storia di 30 anni. Uno dei fiori all’occhiello dell’azienda”. Ma le celebrazioni non finiscono qui e il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha annunciato che per il centesimo anniversario della Radio Rai, l’11 ottobre, alle 11, nell’Aula di Montecitorio, la Camera celebrerà l’anniversario in un evento dal titolo “Rai: una grande storia italiana”.

In conduzione ci sarà proprio Bruno Vespa. Ieri sera invece a condurre al Palazzo dei Congressi c’era Carlo Conti, e il programma andrà in onda stasera nel giorno dell’anniversario. Tra gli interventi della serata quello del neo-amministratore delegato, Giampaolo Rossi, che ha ricordato che “il 2024 è un anno molto particolare, come una sorta di miscela alchemica in cui si combinano tante ricorrenze insieme”, è stato anche presentato un francobollo dedicato alla ricorrenza poi via alla musica: l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai – diretta dal maestro Steven Mercurio – si è esibita in un concerto dedicato alle sigle storiche dei programmi. Dalla sigla dell’inizio trasmissioni Rai tratta dal Guglielmo Tell di Rossini fino a quelle di Carosello, 90/o minuto, Canzonissima passando anche per Sandokan, Pinocchio e Cacao Meravigliao. Ma la sigla di Porta a porta, ovvero Gone with the Wind di Max Steiner, il celebre motivo di Via col vento, non c’era.

”La scaletta musicale proposta in occasione della serata evento per i 100 anni del Servizio Pubblico è stata decisa e programmata dai responsabili artistici dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai sulle partiture delle sigle relative ai medley eseguiti e ai brani classici scelti”, dice stasera la Rai commentando l’esclusione di Porta a porta. ”La scelta artistica della OSN si è ovviamente indirizzata, nel limitato tempo a disposizione, verso arrangiamenti e partiture esenti da diritti o composte appositamente per Rai e delle quali Rai detiene i diritti. A corredo delle scelte musicali presentate ieri nella bellissima esibizione della OSN della Rai sono state proiettate le immagini dei programmi interessati dall’esecuzione musicale”.

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