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Dazn, indagine Youtrend-Altroconsumo: 87% tifosi-consumatori contro la piattaforma che funziona male

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L’indagine Youtrend, in collaborazione con Altroconsumo. Malfunzionamenti per 3 utenti su 4: l’87% dei consumatori chiede un’alternativa allo streaming, più della metà non rinnoverebbe l’abbonamento. Sul divieto di utilizzo di più dispositivi, Altroconsumo chiede una riduzione di prezzo ed è pronta a lanciare una petizione. Secondo l’associazione è necessaria una riflessione ampia e un intervento sulle ‘regole del gioco’: “Lega Calcio e Parlamento si assumano responsabilità”.

Quella che emerge dall’inchiesta è un’insoddisfazione generale degli utenti, dovuta ai continui malfunzionamenti della piattaforma, riscontrati non solo da chi possiede una rete internet lenta ma anche da chi dichiara di avere una linea ben funzionante. 3/4 di questi ultimi confermano di avere avuto almeno un disservizio. Il numero sale se si va ad interrogare gli utenti con una linea internet lenta, fino ad arrivare all’87%. Per andare in contro ai suoi abbonati, a seguito dei numerosi malfunzionamenti riscontrati lo scorso 23 settembre – in cui si sono verificate interruzioni fino a 30 minuti nelle partite Torino-Lazio e Sampdoria-Napoli – Dazn ha attivato il rimborso di una mensilità, dedicata, tuttavia, solo a quei clienti che, secondo il suo giudizio, erano effettivamente davanti allo schermo duranti il manifestarsi delle interruzioni verificatesi. Fra gli intervistati, il 66% non ha ricevuto alcun tipo di compensazione. La scarsa qualità del servizio Dazn dichiarata dai consumatori è legata a diversi fattori. Quello che si verifica con maggiore frequenza è il rallentamento della trasmissione, per quasi 3 utenti su 4 (dal 79% anche più di una volta). Altro importante problema è la scarsa qualità dell’immagine, riscontrata da 2 utenti su 3 almeno una volta. Inoltre, più del 62% dei rispondenti ha sperimentato anche un blocco totale della visione.Tutte queste problematiche hanno dato vita ad un malcontento generale molto forte e sentito. Più della metà degli intervistati, infatti, dichiara che non rinnoverebbe l’abbonamento il prossimo anno qualora la situazione non cambiasse, complice anche la recente decisione di permettere di vedere le partite solo da un dispositivo.

“Ben l’88% degli abbonati DAZN intervistati si dice convinto che i consumatori dovrebbero poter vedere la Serie A non solo in streaming ma anche con satellite o digitale terrestre. L’orientamento è nettissimo anche tra chi non ha avuto problemi tecnici con la piattaforma DAZN (89%), segno che è una richiesta trasversale tra gli abbonati. Oltre 8 su 10, inoltre, chiedono alle istituzioni di intervenire concretamente a loro tutela” osserva Lorenzo Pregliasco di YouTrend, che prosegue “”L’idea di svolgere questa rilevazione in collaborazione con Altroconsumo nasce dalla volontà di capire se le lamentele degli ultimi mesi sul servizio di DAZN fossero solo ‘rumore di fondo’ sui social media o se ci fosse invece un effettivo e diffuso malcontento tra gli abbonati. I dati ci permettono di dire che l’insoddisfazione è reale, e che riguarda anche le modalità di assegnazione dei diritti televisivi del calcio, visto che quasi 9 utenti su 10 vorrebbero poter vedere la Serie A anche su altri sistemi di trasmissione come satellite o digitale terrestre”.“Ormai è chiaro: la questione DAZN necessita di una riflessione molto più ampia e non riguarda solo il comportamento di una singola azienda, che pure noi per primi chiediamo con forza sia corretto e rispettoso degli impegni presi con tifosi e abbonati. La ricerca che abbiamo voluto condurre insieme a YouTrend ci mostra alcuni problemi dell’oggi, ma ancor più solleva importanti temi per il futuro di questo mercato molto remunerativo, in cui sono sempre di più gli utenti a fare le spese, e delle sue regole del ‘gioco’. Ecco perché va avviata subito una riflessione che chiami in causa gli attori che hanno concorso a vario titolo e in varie fasi a determinare la situazione a cui siamo giunti.” Ha dichiarato Federico Cavallo, Responsabile relazioni esterne di Altroconsumo. “Pensiamo in primis alla Lega Calcio, responsabile delle modalità operative con cui si è svolta l’assegnazione dei diritti e che oggi si sta disinteressando dei disservizi e dei possibili danni ai consumatori (come, ad esempio, l’ultima ipotesi di blocco all’utilizzo di più device) non prendendo una netta posizione e non vigilando adeguatamente sull’erogazione del servizio”.Continua Cavallo: “In secondo luogo, il Legislatore nazionale: la legge Melandri era nata nel 2008 con tutt’altro intento, ovvero garantire proprio la libera concorrenza del mercato. La situazione attuale è senza dubbio molto distante da quei propositi. All’epoca nessuno avrebbe mai preso in considerazione lo streaming come strumento di trasmissione e, nonostante gli sforzi in corso, il nostro è ancora un Paese con importanti lacune concorrenziali e profonde diseguaglianze digitali che andrebbero colmate e non accentuate. È giunto perciò il momento di rivedere il quadro normativo per promuovere la tutela del consumatore finale, anche rafforzando i poteri delle autorità e in particolare dell’Agcom. In generale, serve porre nuove e migliori condizioni per favorire la fruizione di qualità dei contenuti sportivi. Se ciò non avverrà, Altroconsumo ha allo studio nuove iniziative che non tarderà a mettere in campo a tutela dei consumatori”. Altroconsumo ha, inoltre, aperto una petizione (disponibile a questo link) per richiedere una riduzione del prezzo dell’abbonamento a seguito della decisione di ridurre i dispositivi di visione collegati ad uno stesso account.

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Economia

Nagel apre la partita sul Leone, Mps non si ferma

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Mediobanca gioca la sua mano nella partita del risiko bancario proponendo di scambiare la quota del 13% nelle Generali con la totalità delle azioni di Banca Generali. Un’operazione che da un lato trasformerebbe in un asset industriale una partecipazione finanziaria con cui i manager di Piazzetta Cuccia hanno sempre inciso sulle scelte strategiche del Leone e dall’altro aprirebbe nuovi scenari sugli assetti di controllo del grande ‘forziere’ del risparmio italiano. La mossa, di cui l’ad di Mediobanca Alberto Nagel (foto Imagoeconomica in evidenza) ha sottolineato la valenza industriale e la coerenza con il piano di Piazzetta Cuccia, ha però anche l’effetto non secondario di cercare di sottrarre la banca all’abbraccio sgraditissimo di Mps, la cui scalata potrebbe diventare più costosa se il mercato crederà alle promesse di Nagel e più complessa in uno scenario di integrazione a tre.

“L’operazione – scrivono gli analisti di Bofa – aggiunge incertezza e uno strato di complessità al progetto di un terzo polo Mps-Mediobanca”. Non la vedono così a Siena dove tira tutt’altro che aria di resa. Non solo l’offerta su Banca Generali viene giudicata non “ostativa” della scalata a Mediobanca ma viene anzi ritenuta in grado di “rafforzare il valore industriale” dell’operazione di Mps, che punta a aumentare la sua presenza nel wealth management e valuta “non strategica” e cedibile la quota nel Leone. Lovaglio può contare sul sostegno dei suoi grandi sponsor. Anzitutto del governo, dove fra i meloniani Banca Generali viene considerata la “risposta scaltra” di Nagel al Monte e si auspica che l’ops di Mps “vada in porto”.

Ma anche di Caltagirone e Delfin, che insieme hanno il 27,2% di Mediobanca e il 20% di Mps, e non appaiono intenzionati a deporre le armi, come dimostra l’astensione dei rappresentanti di Delfin nel cda di Mediobanca e la battaglia che potrebbero dare in Generali, anche sollevando il tema del conflitto di interesse di Mediobanca, i consiglieri del Leone eletti nella lista Caltagirone. Si tratterà di vedere se, alla prova del mercato, Nagel sarà in grado di convincere i suoi azionisti che è meglio una Mediobanca indipendente e con una solida presenza nel wealth management ad un matrimonio con Mps, che con Piazzetta Cuccia punta invece a diversificare il suo business e a creare il terzo polo bancario. Ma anche se saprà spingere i soci di Banca Generali, a partire dal Leone, a consegnare le azioni. A caldo la Borsa – dove viene riconosciuto il senso industriale e finanziario dell’ops per Mediobanca ma meno per Generali e Banca Generali – ha risposto con una certa freddezza, facendo scendere Piazzetta Cuccia (-0,8%) e Generali (-1,1%) e spingendo Mps (+2,1%).

Ma il piano di Mediobanca prevede anche l’addio a Trieste, con metà della quota che verrebbe rilevata dal Leone e metà che si dissolverebbe nel mercato. Per Generali – dove Delfin ha quasi il 10%, Caltagirone il 6,8% e Benetton il 4,8% – si aprirebbe l’esigenza di puntellare la compagine tricolore che ne difenda l’italianità, in una fase in cui il governo ha acceso un faro sull’accordo nell’asset management con Natixis. Una partita su cui potrebbero avere qualcosa da dire Intesa, che domani investirà il suo ceo Carlo Messina con un nuovo mandato triennale, e soprattutto Unicredit, che ha già rastrellato il 6,7% del capitale e ha votato con Caltagirone e Delfin in assemblea, auspicando un cambio di passo a Trieste. Una partita che potrebbe incrociarsi con l’ops su Banco Bpm, partita oggi con la consegna di sole 798 azioni. L’operazione è fortemente a rischio dopo i paletti imposti dal governo con il golden power, in relazione ai quali Unicredit, che per ora non ha impugnato il provvedimento, ha chiesto chiarimenti. Nel frattempo il cda di Gae Aulenti ha rinviato al 12 maggio la presentazione dei suoi risultati, inizialmente in programma il 7, stesso giorno di quelli di Banco Bpm.

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Esteri

Rubio a Lavrov: è ora di mettere fine a guerra senza senso

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Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto al ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che è il momento di mettere fine alla “guerra senza senso” in Ucraina. Rubio, in una recente intervista, ha definito la settimana in corso “cruciale” per capire le intenzioni di Russia e Ucraina, e per gli Stati Uniti per decidere se continuare o meno lo sforzo per la pace.

Nel corso del colloquio telefonico con Lavrov, Rubio ha messo in evidenza che “gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati a porre fine a questa guerra insensata”, riferisce il Dipartimento di stato. Il segretario di stato ha quindi discusso con il ministro degli esteri russo dei “prossimi passi nelle trattative di pace e della necessità di porre fine alla guerra ora”.

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Esteri

La squadra di Merz, il paladino di Kiev agli Esteri

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L’era Merkel è lontana e anche la politica, per molti troppo prudente, di Olaf Scholz è alle spalle. Friedrich Merz ufficializza la squadra dei futuri ministri conservatori e punta, per tirare la Germania fuori dalla crisi, su nomi nuovi: due top manager per l’economia e la digitalizzazione del Paese, un mastino bavarese agli Interni per la svolta sull’immigrazione, e un esperto di Difesa versato in diplomazia, fautore del massimo sostegno a Kiev, al ministero degli Esteri. Con queste scelte il cancelliere in pectore, che dovrebbe essere eletto al Bundestag il 6 maggio, si è detto pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni e le molte incognite che assillano un’Europa “minacciata” e incerta del futuro.

“Il supporto all’Ucraina è necessario per preservare la pace e la libertà in Germania”, ha scandito prendendo la parola al piccolo congresso di partito dei democristiani, che hanno approvato a Berlino il contratto di coalizione firmato coi socialdemocratici di Lars Klingbeil. “Consideriamo il nostro aiuto all’Ucraina come uno sforzo congiunto di europei e americani dalla parte dell’Ucraina. Non siamo parte in causa in questa guerra e non vogliamo diventarlo, ma non siamo neanche terzi estranei o mediatori tra i fronti. Non ci devono essere dubbi sulla nostra posizione: senza se e senza ma, dalla parte di questo paese attaccato”, ha incalzato ribadendo il rifiuto di una pace imposta. Merz ha anche ribadito di non volere alcuna guerra commerciale con gli Usa, e di esser pronto a spendersi “con ogni forza per un mercato aperto”. Sul fronte migranti, ha assicurato la svolta, che dovrà strappare la Germania alla seduzione dell’ultradestra: “Dal giorno numero uno proteggeremo al meglio le nostre frontiere, con respingimenti massicci”.

Per realizzare questi piani, Merz ha scelto Johann Wadephul, 62 anni, come ministro degli Esteri. L’uomo della Cdu che in passato ha spinto per un sostegno pieno a Kiev, contestando le remore di Scholz e spingendo ad esempio per la consegna dei Taurus, che il Kanzler uscente ha sempre negato a Zelensky. Ex riservista dell’esercito, giurista e poi deputato dal 2009, è un fidatissimo di Merz, e viene ritenuto un grosso esperto di difesa: avrebbe potuto essere anche ministro del settore che andrà invece all’SPD e resterà a Boris Pistorius. Agli Interni sarà nominato il noto volto della Csu bavarese Alexander Dobrindt, “il nostro uomo di punta a Berlino per la questione centrale della svolta sui migranti”, nelle parole di Markus Soeder che ha presentato i tre ministri in quota del suo partito.

La stampa tedesca ha accolto con interesse anche le nomine della brandeburghese Katherina Reiche, 51 anni, all’Economia – top manager del settore energetico, e proveniente dall’est – e quella di Karsten Wildberger, 55 anni, ceo di Mediamarkt e Saturn, colossi dell’elettronica, designato alla Digitalizzazione all’Ammodernamento dello Stato. All’Istruzione andrà Karen Prien, dello Schleswig-Holstein, prima ebrea a ricoprire un incarico da ministra, secondo quanto ha scritto Stern. In squadra ci sono poi Patrick Schnieder ai Trasporti, Nina Warken alla Salute, Thorsten Frei come ministro per la Cancelleria e l’editore conservatore Wolfram Weimer come ministro di Stato alla Cultura. Mentre è stato ancora Soeder a ostentare la scelta del suo partito per la ministra alla Ricerca e all’Aerospazio, Dorothea Baer, e il ministero dell’Alimentazione Agricoltura e Patria: “Dopo un vegano verde arriva un macellaio nero”. Basta col tofu, ha ironizzato il populista bavarese. Il governo di Merz sarà completo soltanto quando i socialdemocratici ufficializzeranno i loro nomi, il 5 maggio. Il partito di Klingbeil attende il referendum della base, che dovrà pronunciarsi sul patto con Merz: il risultato è atteso il 30 aprile. E solo se sarà positivo Merz sarà eletto cancelliere al Bundestag, il 6 maggio. Ma all’Eliseo non hanno dubbi: è stata già annunciata una sua visita a Parigi il 7.

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