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Dall’Ucraina ai chip, nasce patto anti-Cina tra Ue e Usa 

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Il nemico oggi è la Russia. Ma presto, potrebbe esserlo la Cina. La stretta di mano tra Joe Biden e Ursula von der Leyen, venerdì a Washington, avrà innanzitutto questo titolo. La missione della presidente della Commissione Ue oltreoceano è destinata, infatti, a dare una forte impronta all’ultimo anno del suo mandato e si lega a doppio filo con il piano Net-Zero che sarà approvato martedì e con cui Bruxelles vuole rendere l’Ue leader delle tecnologie rinnovabili. L’impatto negativo dell’Inflaction Reduction Act e le possibile concessioni che gli Usa possono fare all’alleato europeo saranno solo uno dei temi sul tavolo. E forse neppure il principale rispetto all’obiettivo di fondo della rinnovata alleanza transatlantica: contrastare l’egemonia commerciale e tecnologica di Pechino. La numero uno dell’esecutivo europeo ha preparato nei minimi dettagli la sua visita negli Usa. Non è un caso, ad esempio, che ad una manciata di ore dal faccia a faccia con Biden l’Ue abbia dato via libera al nuovo regime di aiuti di Stato per il green tech, mettendo in campo una piccola rivoluzione: le nuove norme, da qui alla fine del 2025, permetteranno un’iniezione di fondi pubblici (a seconda del margine fiscale che ciascun Paese ha a disposizione) proprio sulla scia di quanto deciso dall’amministrazione Biden con l’Ira. A fare da apripista al vertice di Washington, tuttavia, è stata un’altra iniziativa: la decisione dell’Olanda di stoppare l’export verso Pechino di tecnologie per la produzione di microchip per motivi di “sicurezza internazionale e nazionale”. Oggetto del divieto le cosiddette stampanti per microchip prodotti, in tutto il globo, da sole tre aziende. Delle quali una ha sede in Olanda. Una mossa, quella dell’Aja, che si incanala perfettamente nella strategia statunitense: quella di mettere in atto una sorta di embargo tech nei confronti della Cina. Non a caso, sebbene la decisione olandese non sia operativa prima dell’estate e debba essere ancora notificata alla Commissione, la reazione di Pechino è stata già veemente. “Speriamo che l’Olanda agisca per salvaguardare i propri interessi e non segua l’abuso di misure di controllo dell’export da parte di alcuni Paesi”, ha avvertito il ministero degli Esteri cinese.

Eppure, è proprio in questo campo che gli Usa si attendono progressi dalla controparte europea. Von der Leyen, a Biden, mostrerà la disponibilità della Commissione a un percorso che, parallelamente, preveda il rafforzamento delle relazioni transatlantiche e il progressivo affrancamento dell’Ue dalle attuali dipendenze cinesi. La stessa presidente, incontrando in Canada Justin Trudeau, martedì citava il nodo delle terre rare. Su questi 17 elementi chimici (dallo scandio ai lantanoidi) la Cina, nell’export verso l’Ue, ha una quota monopolistica, pari al 98%. Il dossier potrebbe essere inserito nella dichiarazione comune che seguirà all’incontro von der Leyen-Biden e in cui potrebbe esserci un riferimento al cosiddetto ‘club delle terre rare’, che racchiude Stati esportatori di questo prodotto e, al tempo stesso, sono allineati all’Occidente. Il disegno di affrancamento dalla Cina messo in atto da von der Leyen è complesso e non è detto che sia ben digerito da tutti e 27. C’è il tema delle “garanzie interne e internazionali” – citate oggi dai ministri delle Finanze Giancarlo Giorgetti e Christian Lindner – che diverse capitali pretendono dall’Ue di fronte ad un cambio di passo di certo dispendioso. E i rapporti economici della Cina con diversi Stati membri restano stretti e articolati: il cambio in corsa necessita di tempo. Ma la guerra in Ucraina potrebbe accelerarlo. L’aiuto apportato a Mosca da Paesi terzi come Corea del Nord e Iran e la necessità di una stretta all’aggiramento delle sanzioni saranno tra i temi dell’incontro tra von der Leyen e Biden. E in merito alla Cina, una linea rossa li accomuna: l’invio di armi a Mosca.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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Il governo Trump taglia le sovvenzioni ad Harvard

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L’amministrazione Trump ha comunicato all’università di Harvard, il college più antico e ricco del Paese, che non avrà diritto a nuove sovvenzioni federali. Una mossa che secondo alcuni media sembra un tentativo per costringere l’ateneo a tornare al tavolo negoziale nel quale il governo Usa vuole imporre la sua politica anti woke e contro le proteste filopalestinesi. La decisione è stata comunicata in una controversa lettera ad Alan M. Garber, rettore di Harvard, da Linda McMahon, segretario all’Istruzione, che ha criticato l’università per “una gestione disastrosa”.

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