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Economia

Dall’albero al panettone: prezzi di Natale alle stelle

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Le prossime feste di Natale saranno all’insegna dei rincari. Non una novità considerando il tasso di inflazione che a novembre si è attestato all’11,8% su base annua, il perdurare delle tensioni sul fronte energetico e il conflitto ancora in corso in Ucraina. E se non bastasse – valuta Confcommercio – i consumi medi da tredicesime per le famiglie si riducono in termini reali nel 2022, arrivando ai minimi da 15 anni. L’organizzazione stima una media di 1.532 euro per famiglia in termini di potenziali consumi derivanti solo dalla tredicesima.

Pesa l’impatto delle bollette, così come nel 2021, nonostante il volume della tredicesima netta sia in crescita di pari passo con la crescita dell’occupazione dipendente. In ogni caso “nel 2022 gli italiani spenderanno 6,7 miliardi di euro per i regali di Natale. Una media di 157 euro pro capite, 540 per famiglia”. Non troppo in meno rispetto agli anni scorsi, anche se il rischio è che gran parte della spesa venga assorbita dai rincari dei prodotti a più largo consumo”. A lanciare un vero e proprio allarme però è il Codacons, che ha confrontato i listini prezzi del Natale 2021 con quelli attuali. Dati e cataloghi alla mano, si scopre che i due prodotti simbolo delle festività natalizie, panettone e pandoro, subiscono aumenti medi dei prezzi del 37%, con punte per alcune marche del 59%. Sarà un salasso anche comprare e addobbare l’albero di Natale: i listini di quello sintetico, secondo l’indagine del Codacons, aumentano mediamente del 40% rispetto allo scorso anno. Per luci, led, catene e decorazioni luminose da interno ed esterno occorre invece preventivare una maggiore spesa del 25%, mentre palline e decorazioni per la casa costano il 20% in più.

C’è poi il tradizionale pranzo di Natale: Assoutenti calcola che a parità di consumi per il cenone della Vigilia e il pranzo del 25 dicembre la spesa degli italiani salirà quest’anno a oltre 2,8 miliardi di euro, 340 milioni di euro in più rispetto allo scorso anno. E proprio per evitare un salasso, già tre famiglie su dieci si dicono pronte a tagliare la spesa relativa al Natale. L’associazione rileva poi come a causa dei rincari nel comparto alimentare, per imbandire le tavole natalizie si spenderà quest’anno il 10,5% in più per la carne, il 10% in più per il pesce, il 21,6% in più per le uova, il 41,7% in più per il burro. Il vino sale del 6%, i liquori del 5,3%, la birra del 10,3%. Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, parla di “incertezza natalizia”, dovuta a caro-energia e inflazione, che resta alta, pur rallentando. Per rilanciare la crescita, afferma, “va rafforzata soprattutto la domanda interna, accelerando il patto fiscale annunciato dal Governo”.

Per il presidente di Codacons, Carlo Rienzi, invece, caro-energia e guerra in Ucraina “c’entrano poco: sui prezzi al dettaglio di alcuni prodotti pesano in modo evidente le speculazioni”. Questo perché “gli esercizi rimettono in commercio alberi e decorazioni natalizie degli scorsi anni, acquistati in grandi stock che non risentono dei maggiori costi di produzione”, quindi dovrebbe intervenire la Guardia di Finanza “con indagini su tutto il territorio per verificare le cause di tali abnormi rincari e sanzionare gli operatori scorretti”. La situazione dei prezzi è insostenibile anche secondo il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi, convinto che si arriverà ad una riduzione dei consumi, perché “le recenti scelte del Governo non sembrano andare nella direzione di difendere il potere d’acquisto delle famiglie, considerando che l’aumento delle accise scattato lo scorso 1 dicembre provocherà un ulteriore rialzo dei prezzi al dettaglio e inciderà sulle tasche dei cittadini che si sposteranno in auto durante le prossime festività”.

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L’agroalimentare punta su export, obiettivo 100 miliardi

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In tempo di guerre e dazi una “fiera internazionale dell’agroalimentare è un segno di apertura in una fase di chiusura dello scacchiere internazionale”: il presidente di Fiere di Parma Franco Mosconi ha presentato così Tuttofood, in programma da oggi all’8 maggio su una superficie di 150mila metri quadrati nei padiglioni di Fiera Milano Rho con 4.200 espositori, di cui un quarto stranieri, provenienti da 70 Paesi, tremila top buyer internazionali di cento nazionalità diverse e 90 mila visitatori attesi. La manifestazione è il frutto dell’alleanza fra le Fiere di Parma, a cui fa capo l’organizzazione, Fiera Milano e Koelnmesse, la fiera di Colonia dove ogni due anni si tiene una delle principali fiere internazionali del settore Anuga, che si svolge negli anni dispari.

E proprio per alternarsi con Anuga, Tuttofood tornerà anche il prossimo anno e poi si svolgerà sempre negli anni pari. In questo modo sarà alternata anche all’altra grande fiera dell’agroalimentare targata Parma, ovvero Cibus, che sarà una vetrina legata al made in Italy. “Si potrebbe dire che Cibus è l’Italia ma Tuttofood è il mondo” ha sintetizzato l’ad di Fiere di Parma Antonio Cellie, spiegando che l’intenzione è di arrivare ad avere a Milano una metà di espositori stranieri entro il 2028. Di una “vetrina strategica” ha parlato il presidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale, realizzata facendo sistema e “superando campanilismi”. Una vetrina, ha sottolineato l’assessore lombardo all’Agricoltura Alessandro Beduschi, che potrà sfruttare anche il volano delle Olimpiadi di Milano Cortina. Di una “grande visione industriale per il Paese” parla il presidente di Fiera Milano Carlo Bonomi, ex presidente di Confindustria. Insomma un “successo di sistema che si organizza valorizzando le potenzialità di ciascuno” ha sintetizzato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

Si tratta di un ulteriore tassello per arrivare a quello che, secondo il presidente Ice Matteo Zoppas, è un obiettivo possibile, ovvero passare dai 70 miliardi di export del settore dello scorso anno a 100 miliardi “in breve tempo”. Certo non manca la preoccupazione per i dazi da parte degli espositori, come ha ammesso Lollobrigida. “I nostri imprenditori sono preoccupati, e ci mancherebbe altro – ha osservato – Una nazione esportatrice è preoccupata da ogni chiusura di mercato”. Però, ha avvisato, la soluzione non può essere “una guerra commerciale con gli Stati Uniti”, non possono essere dazi e controdazi perché “gli Stati Uniti sono un nostro partner indispensabile”. “Il dialogo, non lo scontro è la risposta per garantire il nostro modello commerciale” ha aggiunto, rivendicando il ruolo della premier Giorgia Meloni per favorire la trattativa fra Usa e Unione Europea. A parte questo, resta però un altro grande obiettivo: l’apertura a nuovi mercati. “La sfida di aprire mercati è nella testa di ogni imprenditore ogni mattina e il nostro governo dall’inizio – ha concluso – ha collocato questo fra i suoi obiettivi strategici” .

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Economia

Otb di Renzo Rosso valuta di aumentare i prezzi in Usa

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Il gruppo Otb di Renzo Rosso (foto Imagoeconomica in evidenza) sta considerando di alzare i prezzi dei suoi marchi, da Diesel a Jil Sander, Maison Margiela e Marni, negli Stati Uniti se saranno confermati i dazi di Donald Trump che rischiano di comprimere i margini, già messi a dura prova dal rallentamento degli acquisti. L’idea di quotarsi in Borsa in ogni caso resta d’attualità ma senza fretta. Dopo aver tentato di aggiungere Versace fra i suoi brand il gruppo da 1,7 miliardi di ricavi, fondato e presieduto da Rosso, non smette poi di pensare alle acquisizioni in Italia e all’estero, ma tiene le carte coperte.

Ha da fare i conti con una situazione che non mostra segnali di ripresa da 18 mesi. Non tanto tuttavia da impedire di continuare a investire in sostenibilità e a finanziare le attività della Otb Foundation, alla quale è destinata una percentuale dell’utile operativo. Anche se quest’ultimo cala sono garantite le risorse per permettere di continuare ad appoggiare come nel 2024 380 progetti con un impatto sulla vita 380.000 persone nel mondo. Una panoramica su questi temi è stata fatta alla presentazione del bilancio di sostenibilità di Otb, che l’anno scorso ha tagliato le emissioni totali del 31% rispetto al 2023 e ha portato al 100% l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili in Europa e Nord America nei siti gestiti direttamente. I materiali certificati, a partire dal cotone, sono inoltre arrivati al 24% degli acquisti effettuati.

“La sostenibilità per noi è uno state of mind” ha spiegato Rosso sulla quale punta a coinvolgere i 7.000 dipendenti, pur consapevole che “la sostenibilità non costa poco”. Nel frattempo c’è da capire cosa fare coi dazi. “Stiamo valutando negli Usa un possibile incremento dei prezzi dell’8/9% per mantenere i margini”, ha indicato Ubaldo Minelli, amministratore delegato di Otb, parlando di “un quadro normativo ancora in divenire”: “abbiamo fatto qualche simulazione per quello che sarebbe l’impatto per il nostro gruppo in termini di oneri se dopo la moratoria di 3 mesi fossero confermati i dazi. Stiamo valutando brand per brand le possibili azioni da intraprendere per ridurre l’impatto”. Sull’idea di approdare a Piazza Affari, Rosso ha detto che “noi siamo qua prontissimi, quando i mercati saranno pronti noi lo siamo già. Penso sia giusto per la trasparenza, la successione e per avere azienda ancora più solida”. “Comunque non avere debiti, e per il signor Rosso non avere soci, dà una grande libertà anche nella scelta dei tempi” ha sottolineato Minelli.

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Bolletta del gas ad aprile più leggera per i vulnerabili

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Bolletta del gas più leggera ad aprile per i clienti vulnerabili e portafoglio dei consumatori un po’ più pieno anche per il nuovo calo dei prezzi del petrolio e dei carburanti dopo che l’Opec+ ha deciso per il secondo mese di fila un aumento della produzione a giugno. Nel consueto aggiornamento mensile l’Arera ha spiegato che con le quotazioni all’ingrosso in ulteriore ribasso rispetto a marzo, il prezzo della materia prima gas è stato di 37,60 euro a megawattora il mese scorso così quello di riferimento per la famiglia tipo, che cioè consuma in media 1.100 metri cubi annui, è stato di 107,92 centesimi per metro cubo, in diminuzione dell’8,1% su marzo. Per la cronaca, oggi il gas ad Amsterdam ha chiuso sotto i 33 euro a Mwh.

Per i clienti vulnerabili, il risparmio all’anno, calcolano i consumatori di Codacons e Unc, è di 105 euro a prezzi costanti per una spesa di 1.187 euro che sommata ai 611 euro all’anno per l’elettricità porta ad una ‘stangata’ di 1.798 euro. Un ribasso ‘scontato’ quello di aprile dice il vice presidente dell’Unione nazionale consumatori, Marco Vignola, spiegando che “con la fine della stagione termica cessano come sempre le speculazioni sul gas”. Rispetto allo stesso periodo del 2021, lamenta però il Codacons, cioè prima dello scoppio dell’emergenza energia, il prezzo del gas risulta ad aprile più alto del 47%, quindi pari a una maggiore spesa di 379 euro a nucleo rispetto a 4 anni.

Vignola chiede cosa aspetta l’Europa a “eliminare il TTf di Amsterdam e il sistema del prezzo marginale che consentono questi extraprofitti vergognosi e di arricchirsi sulle spalle delle famiglie. Sono infatti le cause di questo sistema malato”. L’Italia da parte sua potrebbe ridefinire, aggiunge, “la formazione del Pun (Prezzo unico nazionale) e consentire ad Acquirente unico di riprendere a fare gli acquisti a lungo termine”. Sul fronte del petrolio, il prezzo è sceso fino a quasi il 4% per il West Texas Intermediate (Wti) per ridurre poi la perdita a -2,9% attestandosi a 56,6 dollari al barile. Il contratto sul Brent per luglio è invece arretrato fino al 3,5% per recuperare e vedere un -2,6% a 59,7 dollari al barile. Ribassi che sono la conseguenza della decisione degli otto produttori del cartello guidato dall’Arabia Saudita che hanno stabilito sabato scorso di aumentare a giugno la produzione di altri 411.000 barili al giorno, in una fase nella quale i prezzi sono già ai minimi da oltre tre anni. Anche il costo della benzina scende: il prezzo medio nazionale in modalità self è sceso a 1,704 euro al litro mentre per il diesel self la quotazione è scesa a 1,598 euro al litro.

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